Ex Ipab Sant’Alessio: la Regione Lazio vigili su gestione e vendita patrimonio

La prima commissione Affari costituzionali della Pisana, guidata dal presidente Flavio Cera, sta conducendo una serie di audizioni dei presidenti della Asp (ex Ipab) per verificare lo stato di attuazione della legge regionale 2 del 2019, che ha previsto la trasformazione delle ex Ipab in Aziende alle persone, e per verificare la gestione dei servizi da loro erogati.

Audizioni importanti perché le Asp (Aziende pubbliche di servizi alla persona) non sono gli Eca (Enti comunali di assistenza) di vecchia memoria, ma aziende vere e proprie con un patrimonio immobiliare importante. Se mettiamo insieme le ex Ipab di Roma, come il Sant’Alessio, il Santa Maria in Aquiro, il San Michele, l’Asilo Savoia e altre, mettiamo insieme il più grande patrimonio immobiliare che ci sia nella Capitale, sia rispetto a quello della Regione che del Comune e dello Stato. Questo patrimonio è frutto di donazioni di privati, la cui messa a valore dovrebbe servire a finanziare i servizi sociali che sono riportati nelle tavole fondative dell’Ente. Cercare di capire se questo avviene, è un compito precipuo della Regione. Compito che per anni non è stato esercitato, per questo plaudo all’iniziativa della commissione e del presidente Cera.

Nel corso dell’audizione del management del Sant’Alessio, mi ha colpito la notizia che la gestione dell’ingente patrimonio oggi è passata alla Sgr Anima, che vede la partecipazione anche del gruppo Caltagirone, che è subentrata alla società Castello che a sua volta era subentrata alla Sgr Sorgente. Tutto questo in pochi anni. Cosa che pone qualche interrogativo.

Questo nuovo passaggio – così come la notizia, data in commissione, che il patrimonio dell’Asp conferito alla gestione del fondo immobiliare è stato valutato in circa 200 milioni di euro – mi ha incuriosito e stupito, dal momento che conosco bene l’Ente, per aver avuto la delega da assessore regionale e per essere stato commissario dell’ex Ipab dal settembre 2011 al novembre 2012.

L’attuale Asp Sant’Alessio-Margherita di Savoia nasce dalla fusione, operata con legge regionale numero 8 del 1987, di due Ipab storiche: l’Istituto per i ciechi Sant’Alessio e l’ospizio Margherita di Savoia. L’Istituto per i ciechi Sant’Alessio fu fondato per iniziativa del Pontefice Pio IX per dare sostegno ai giovani minorati della vista. Dalla sede originaria di Roma sull’Aventino, presso l’Istituto dei Padri Somaschi, la struttura si trasferì nell’attuale sede di via Odescalchi. L’Ospizio Margherita di Savoia per i ciechi poveri nasce dalla sensibilità della Regina d’Italia di assicurare un ricovero a persone disabili, soprattutto di sesso femminile e in età avanzata. Bisognose di cure e assistenza. Con l’acquisto del casale di San Pio V, prima dei Chigi, venne data una degna sede all’istituzione.

L’Asp svolge una serie di servizi importanti ai non vedenti o ipovedenti: socio-assistenziali, socio-occupazionali, tiflo-didattico, socio-sanitario, formazione e di editoria. Ma sono servizi finanziati in tutto o in parte dalla Regione. L’Asp ha un immenso patrimonio di oltre 650 tra immobili e locali commerciali, oltre a una grande tenuta a Siena, del valore di oltre 20 milioni di euro, al Casale di San Pio V, del valore immenso, fittato, con un contenzioso in corso del quale non si è saputo l’esito finale, alla Link Campus ora università telematica del gruppo Cepu.

Centinaia tra appartamenti e locali commerciali in via Tuscolana, via Flavio Stilicone e via Lepido (zona Don Bosco), in via Vittorio Fiorini (Appio Latino), in via Novacella (Ostiense) ma anche centinaia di appartamenti in aree centrali come via Margutta (Campo Marzio), via Branca (Testaccio), via Giovani Lanza (Castro Pretorio), via Monte Giordano (Parione), via Sistina (Colonna), via Urbana (Monti), via Vittoria (Campo Marzio), vicolo Moroni (Trastevere), vicolo delle Orsoline, piazza di Campitelli (Campitelli), via della Colonna Antonina, proprio davanti a Palazzo Chigi, sede del Governo guidato dal presidente Giorgia Meloni, via dei Crociferi (Fontana di Trevi), via di Gesù e Maria, via della Stelletta (Camera dei deputati) e via delle Muratte. Insomma, un patrimonio che a mio parere vale a prezzo di mercato all’incirca un miliardo di euro e che gestito direttamente dall’Ipab, con una gestione non proprio efficiente e con una morosità alta, portava comunque nelle casse dell’Ente oltre 4 milioni di introiti l’anno di affitti.

Sin dal 2013 la dirigenza nominata dalla nuova Amministrazione regionale decide di esperire una gara pubblica, per affidare la gestione del patrimonio a società private che stanno sul mercato. Vengono messe in opera tutte le modalità della gara, compresa la nomina di una commissione tecnica che valuta il patrimonio immobiliare dell’Ente in circa 220 milioni, facendo anche riferimento a una stima di risorse per Roma del 2010. Ho fatto il commissario dell’Ente dal 2011 al 2012 e questa stima di risorse per Roma io non me la ricordo e non l’ho trovata nell’ampia documentazione che è in mio possesso. Ritengo la cifra di 220 milioni di euro assolutamente sottostimata rispetto al valore reale del patrimonio immobiliare.

Più volte la Regione, con la direzione al bilancio, intervenne per convincere il management dell’Ente ad affidare il patrimonio alla Invimit, società del ministero del Tesoro, con la quale proprio la Regione ha costituito in quegli anni un fondo pubblico per la gestione del proprio patrimonio. Ma i vertici dell’Ipab non hanno sentito ragioni e sono andati diritti nell’espletamento della gara, che viene assegnata alla sgr Sorgente nel marzo del 2017, con il fondo che diventa operativo il 31 maggio 2017. Ma nel dicembre 2018 la sgr va in amministrazione controllata.

Contestualmente all’avvio dell’operatività, il fondo effettua un rimborso parziale di quote per l’importo di 20 milioni di euro al Sant’Alessio. Somma che non è a fondo perduto, come si potrebbe credere, ma va restituita dall’Ipab nell’arco temporale del fondo attraverso specifici accantonamenti nel bilancio dello stesso Ente. In altre parole, si tratta di una anticipazione di cassa che va restituita (come si evince dalla determina dirigenziale del 6 dicembre 2018). Accantonamenti che, evidentemente, non vengono effettuati. Tanto che la direzione regionale competente alla vigilanza più volte richiama a questo obbligo l’ex Ipab. Infatti, con la delibera del Cda del 30 novembre 2022 l’Ente specifica che gli accantonamenti non sono stati fatti per “via della mancata distribuzione dei dividenti cui erano ancorati gli accantonamenti-mancata distribuzione causata dal ritardo nell’attuazione del programma di valorizzazione del patrimonio”. Tradotto significa che la ex Ipab, dal momento del conferimento del patrimonio alla sgr, non ha avuto mai un ristoro per la gestione degli affitti. E quindi non ha potuto provvedere agli accantonamenti previsti per la restituzione delle somme avute.

Con la stessa delibera l’Ente dichiara che ha ricevuto dalla sgr Castello spa, che a novembre del 2021 è subentrata nella gestione del fondo Sant’Alessio alla sgr Sorgente, in amministrazione controllata, un ulteriore anticipo di 5 milioni di euro, per cui la somma complessiva da restituire ammonta a 25 milioni di euro. Inoltre, l’Ente approva un piano di rientro dei rimborsi avuti con accantonamenti annuali come chiesto dall’ufficio vigilante della Regione.

Dal verbale del Cda dell’ex Ipab del 31 gennaio 2023 si legge che l’Ente chiede di avvalersi di un anticipo di cassa presso la propria tesoreria di circa 3 milioni di euro, mentre il verbale del Cda del 26 aprile 2023 riporta una perdita di esercizio – al 31 dicembre 2022 – di oltre 5 milioni di euro. La sgr Sorgente nel 2019, dopo la condivisione con l’ex Ipab e l’autorizzazione della Regione, mette all’asta oltre 50 immobili, di cui 14 in via Giovanni Branca a Testaccio, 5 in via Montecristo (Montesacro), 10 in via di Monte Giordano (Parione), 13 tra via Catone, via della Balduina e via di Panico. Di questa vendita non sono riuscito a trovare nessun esito, né sugli immobili venduti né sulla destinazione dei fondi, che immagino siano finiti nel calderone della gestione della sgr.

Nel 2022 la ex Ipab decide di chiedere alla Regione l’autorizzazione alla vendita di un ulteriore patrimonio dell’Ente, che questa volta verrà effettuata dalla società Castello sgr, subentrata nella gestione del fondo Sant’Alessio. La proposta della sgr Castello della vendita di altro patrimonio fa parte del nuovo business plan del fondo e il cluster di vendita è costituito da 30 immobili, siti per la maggior parte in zone semi-periferiche di minor pregio, di cui 13 già autorizzati alla vendita del 2019 (quindi non vendute) e ulteriori 17 sono nuovi.

Gli immobili si trovano a Roma (sono 8, di cui due compendi immobiliare (con circa 100 appartamenti) in via Tuscolana e via Fiorino Fiorini (2 fabbricati cielo-terra, oltre a 4 porzioni immobiliari); immobili fuori dalla Capitale (8, tra cui 3 immobili e 3 terreni) e il compendio immobiliare presente a Siena con la tenuta di Presciano che da solo vale oltre 20 mln di euro. In tutto si tratta, secondo le stime della sgr, di 547.695 metri quadrati per un valore di vendita di 60 milioni di euro (quasi il 30 per cento dell’intero patrimonio).

Da quel che so, a pochi giorni dalla elezione la direzione regionale competente ha dato l’autorizzazione alle vendite che sono iniziate e che ora verranno portate avanti dalla società sgr Anima subentrata alla sgr Castello. La Regione, per autorizzare la vendita, deve valutare il piano presentato dalle ex Ipab, che in particolare deve essere finalizzato all’investimento sulle attività sociali dei proventi.

In conclusione, il Sant’Alessio con la gestione diretta del patrimonio avrebbe incassato, dal maggio 2017 a oggi, circa 24 milioni. Ha affidato la gestione a una sgr, non ha avuto sinora nessun ristoro ma un anticipo di cassa di 25 milioni, che deve essere restituito (risultando quindi un debito). Una richiesta di scoperto bancario di 3 milioni e un disavanzo di esercizio al 31 dicembre 2022 di 5 milioni di euro. In più, una parte del patrimonio immobiliare è stato venduto e da quel che è dato sapere sembra che non un solo euro sia entrato nelle casse dell’Ente.

La commissione Affari costituzionali, a mio avviso, dovrà interrogarsi su questo e chiedere chiarimenti, perché a lume di naso non mi pare, ma è solo una mia opinione, che l’affidamento della gestione del patrimonio immobiliare a una sgr privata sia stata un’operazione positiva e benefica per l’Ente. Tra l’altro, credo proprio che sia il caso che il presidente della Regione e l’assessore regionale ai Servizi sociali attivino quanto prima i loro poteri ispettivi per esercitare la funzione di vigilanza e controllo, che sta in capo alla giunta, sulla gestione e sulla vendita del patrimonio.

Aggiornato il 30 maggio 2023 alle ore 11:27