Le sfide che attendono i vertici di Viale Mazzini

La posizione finanziaria netta della Rai presenta un passivo di 580 milioni di euro. Il progetto di bilancio al 31 dicembre 2022 presentato dall’ex amministratore delegato Carlo Fuortes e approvato in aprile dal Cda evidenzia, comunque, un risultato netto consolidato in pareggio. Il quadro generale, però preoccupa, in quanto l’esercizio è stato caratterizzato da aspetti macro-economici fortemente instabili e negativi anche a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia che ha comportato un elevato aumento dei costi energetici. La Rai ha risentito della situazione economica del Paese e quindi della diminuzione della raccolta pubblicitaria, a cui si sono aggiunti, da gennaio 2022, i vincoli più restrittivi dell’affollamento pubblicitario. Un contesto, quindi, sfavorevole per il gruppo pubblico di Viale Mazzini che tuttavia ha mantenuto il primo posto nel mercato televisivo, con il 36,7 per cento di share nell’intera giornata e il 37,9 per cento nel Prime time, grazie al traino dei Mondiali di calcio in Qatar e del Festival di Sanremo.

Buoni i risultati di crescita nell’offerta digitale, mentre resta bassa nel settore radiofonico la quota di mercato della Rai che ha toccato il 10,7 per cento. Le previsioni per l’esercizio 2023 prefigurano un contesto “altamente incerto”, che impone di individuare strumenti idonei a mantenere buoni livelli di sostenibilità. A esprimere preoccupazioni sull’indebitamento in forte crescita è stato il consigliere di amministrazione Riccardo Laganà, in quota dipendenti. “È stato solo per senso di responsabilità nei confronti dell’azienda – ha precisato in una nota – che io ho approvato il documento di bilancio 2022 presentato in Cda dall’ad Carlo Fuortes”. Laganà ha aggiunto che “si tratta di una votazione tecnica, ma la formale situazione di pareggio nasconde purtroppo diverse carenze: un indebitamento in progressiva e preoccupante crescita, grandi sacrifici dei lavoratori non sostenuti da adeguate politiche retributive e gestionali e una lunga serie di nodi non risolti sia a livello di corporate che editoriale”.

Laganà ha evidenziato, inoltre, lo stato di disagio dei lavoratori per le mancate soluzioni riguardanti canone, pubblicità, piano industriale, contratto di servizio e le critiche dei sindacati per il proliferare degli appalti delle trasmissioni affidati a società di produzione esterne (spesso le solite amiche) che fanno lievitare i costi a carico della Rai. L’ultima bufera riguarda l’affidamento della regia della trasmissione L’Eredità a un professionista esterno e per cambi di produzioni di interi studi. Uno dei motivi dello sciopero del 26 maggio è proprio, secondo i sindacati, la penalizzazione delle figure interne (la Rai ha 12.486 dipendenti) rispetto a una miriade di collaboratori esterni. Altre questioni aperte riguardano la rilocalizzazione del Centro di produzione di Milano, dopo l’accordo con la Fondazione Fiera di Milano nel quadro del piano immobiliare su tutto il territorio che dovrebbe coinvolgere anche Roma, Torino e forse Venezia. La Rai ha poi un problema di fondo: non è ascoltata dai giovani, anzi non ha dirigenti al di sotto dei 40 anni, mentre l’età media del suo pubblico sale oltre i 60. Per Roberto Sergio (è stato anche alla Sipra e a Rai Way) e a Giampaolo Rossi (dieci anni a RaiNet e tre in Cda con l’ad Fabrizio Salini) è scattato il conto alla rovescia. Un tandem affiatato ed esperto che non ha bisogno di rodaggio per riavviare la macchina Rai fin dalla presentazione a luglio dei palinsesti della prossima stagione.

Aggiornato il 10 maggio 2023 alle ore 09:35