Fondi Europei e Regione Lazio: grosse opportunità sprecate

Siamo tutti a conoscenza, visto il dibattito politico di notevole appeal, ma accentuato dai media in maniera spesso semplicistica, della necessità di ben utilizzare i fondi europei Next Generation Eu e Pnrr. Tuttavia, la vera partita, quella più visibile e concreta per i cittadini del Lazio, si gioca sull’utilizzo dei Fondi strutturali europei che, da 30 anni, Bruxelles demanda alle Regioni italiane. I fondi strutturali cofinanziano, tra gli altri, interventi su tematiche decisive e delicate come lo sviluppo e la competitività delle imprese del territorio, lo sviluppo digitale, l’ambiente e, in generale, quello dei servizi essenziali delle Pubbliche amministrazioni periferiche quali, ad esempio, la gestione rifiuti. Tra tutti i Paesi europei, l’Italia è la seconda, dopo la Polonia, ad accaparrarsi la fetta più sostanziosa dei finanziamenti comunitari. Pertanto, è facile intuire, a livello internazionale, quanto una mala gestione di tali enormi somme faccia alzare, non proprio a torto, diverse sopracciglia tra i nostri partner comunitari.

LE CIFRE

Se guardiamo a qualche cifra d’insieme relativa alle allocazioni di fondi strutturali a livello nazionale durante la passata gestione (2014-2020), notiamo che dei 67.406.683.421 euro resi disponibili da Bruxelles previa consultazioni e nostre proposte a livello governativo/Conferenza Stato-Regioni, ben 63.682.686.414 euro (l’80 per cento circa) sono stati infine inseriti in progetti specifici regionali proposti dalle singole amministrazioni periferiche italiane o meglio “richiesti con insistenza, mercanteggiati e finalmente concessi”, ma, per assurdo, di questi solo 36.908.639.993 euro (il 51 per cento circa) sono stati effettivamente spesi; ci troviamo di fronte a un problema endemico. In tale contesto, il caso Lazio è emblematico di tutto ciò visto che, pur essendo la seconda regione maggiormente industrializzata d’Italia, contribuisce, così come alcune realtà del Mezzogiorno, ad affossare pesantemente la media nazionale dei fondi effettivamente utilizzati dopo essere stati richiesti e lungamente contrattati. Ulteriore nota di demerito è rappresentata dal fatto che il Lazio, malgrado il alto suo ranking di industrializzazione puntualmente evidenziato ad ogni buona occasione da Nicola Zingaretti, ha visto le sue province da sempre classificate da Bruxelles come Zona obbiettivo 2 (entità svantaggiate), il che, associato a una densità di popolazione definita come Nuts 3 (Nomenclatura unità territoriali statistiche), fanno scattare un ulteriore meccanismo comunitario di cosiddetta “solidarietà sociale”, secondo il quale il 35 per cento del budget comunitario deve essere trasferito in queste aree.

IL CASO LAZIO

Per il Lazio si parla di una spesa effettiva totale, di quanto arriva da Bruxelles, di meno del 50 per cento, ma la realtà è peggiore, visto che una microanalisi sull’aspetto finanziario dei progetti, presi uno per uno, come abbiamo fatto recentemente, e che l’ex giunta Zingaretti si guarda bene dal pubblicare, ci rivela che la spesa effettiva è raggiunta quasi sempre tramite una sorta di escamotage, che consiste nel conteggiare ed aggregare le spese relative solo alle prime fasi dei progetti co-finanziati (ovvero meri studi di fattibilità, consulenze, convegni internazionali). In pratica è solo teoria, se non chiacchiere seguite da dichiarazioni di intenti: le semplici “buone intenzioni”, come si suole dire. Già la fase cruciale di ogni progetto, il cosiddetto action plan, che prelude all’azione e all’uso concreto dei fondi, ci rivela che non è stato fatto quasi nulla e che, soprattutto, non si intende fare quasi nulla.

Analizzando le schede finanziarie delle prime fasi di questi progetti, appare una realtà imbarazzante: la percentuale di spesa globale, già di per sé bassissima, come detto solo il 50 per cento dell’ammontare ottenuto, è in realtà composta sommando micro-spese corrispondenti solo a fasi teoriche, fasi di gestione del progetto, viaggi e organizzazione di conferenze. In sostanza, si arriva al 50 per cento sommando spese di progetti che si sono fermati, e che spesso sono morti dopo una breve necrosi, quando, per ognuno non si era raggiunto, in realtà, più del 5 per cento, al massimo 15 per cento, dell’obiettivo.

UN CASO EMBLEMATICO: L’EUROPA, LA GESTIONE RIFIUTI E LA GIUNTA ZINGARETTI

Nell’ambito di alcuni progetti già finanziati su temi delicati, come per esempio la gestione dei rifiuti, Bruxelles richiede quantomeno una produzione legislativa da parte dell’Ente regionale con delle leggi che rendano più moderna, più scorrevole, più vicina ai cittadini la gestione di servizi e procedure. Ma anche in questo caso la proverbiale immobilità dell’ex giunta Zingaretti riesce a far sì che le commissioni tecniche non propongano nella sostanza nulla: il progetto rimane vuoto e, infine, Bruxelles ferma l’afflusso di fondi. L’esempio sopracitato dei finanziamenti erogati da Bruxelles per il miglioramento della gestione rifiuti nel Lazio, ci ha permesso di scoprire che avremmo dovuto emendare, ma molto più realisticamente rifare da zero, un Piano regionale di gestione dei rifiuti pubblicato nel 2020 ma nato già incredibilmente obsoleto, visto che la sua parte tecnica, la più importante, quella su cui si basa l’azione di riciclaggio e recupero  richiesta da Bruxelles e dai decreti End of waste del Governo italiano (ad esempio il ri-utilizzo dei rifiuti da cantiere e la trasformazione nelle cosiddette “materie prime-seconde), è del 2012.

La Regione Lazio, nel 2020, aveva dunque prodotto un piano dei rifiuti che si basava su fonti tecniche del 2012. I soldi arrivati da Bruxelles per cambiare tale situazione non sono serviti a nulla. Alla richiesta di modernizzare (ma, purtroppo, per il Lazio si tratta di crearlo tout court) il cosiddetto “ciclo dei rifiuti”, l’ex giunta Zingaretti e le sue commissioni hanno risposto riproponendo una guida “tecnica di gestione” del 2012, e un tomo di 1097 pagine di linguaggio ampolloso, farcite di procedure già ampiamente obsolete. Materiale incomprensibile per i cittadini e gli imprenditori del settore che ancora non coglievano, essendo l’istruzione tecnica del 2012, alcun accenno all’uso di nuove tecnologie, alla digitalizzazione o almeno a un necessario tracking dei rifiuti che, così come succede negli altri Paesi, garantirebbe oltre a vantaggi immediati anche risparmi, spesso anche sgravi fiscali e una certa tranquillità e sicurezza della legalità, anche a favore dei cittadini che si trovano in zone prossime a impianti o a discariche.

PERCHÉ SI UTILIZZANO COSÌ MALE I FONDI COMUNITARI DALLE PARTI DI VIA CRISTOFORO COLOMBO?

Perché tra le figure scelte e raccomandate dal Partito Democratico non ci sono competenze, né funzionari né dirigenti preparati. Nessuno sa una parola d’inglese, nessuno ha un approccio e una mentalità internazionale, e, soprattutto, nessuno vuole averla. Non avendo le competenze, il management regionale e i rari consiglieri di riferimento, in quota ovviamente Pd, hanno adottato un modus operandi scellerato, che consiste nel minimizzare l’importanza della gestione e dell’utilizzo dei fondi: non progettare, non rendicontare, non emettere bandi, non proporre né tantomeno produrre alcuna norma attinente a ciò che chiede ed è disposta a finanziare Bruxelles. Non sapendo l’inglese, nessuno si confronta con i partner europei di alto livello che collaborano negli stessi progetti. Le riunioni e i congressi internazionali sono occasioni per le figure secondarie e senza alcun mandato concreto, né con competenze specifiche, di fare viaggi turistici a Bruxelles o nelle varie città europee, sempre a spese del contribuente. Gli interventi sono limitati al massimo, in modo tale da non rischiare di doversi confrontare o di rispondere alle domande degli esperti francesi, austriaci, spagnoli, olandesi. Malgrado le apparenze e le innumerevoli, oltreché costose, strutture di facciata, l’intera materia dei fondi Ue e l’internazionalizzazione è sapientemente tenuta con un basso profilo. Ed è trattata e considerata dalla giunta – e da chi ha nominato per gestirla – come una sorta di Cenerentola.

La cabina di regia comunitaria, che da Bruxelles coordina e supervisiona i vari progetti e il lavoro dei partner, invia continui richiami e solleciti ai gruppi di lavoro dei progetti, costituiti quasi sempre da raccomandati attratti unicamente dalla prospettiva di viaggiare gratis, ma raramente da esperti. Però il tutto rimane lettera morta. La Corte dei conti del Vecchio Continente, per gli stessi motivi e anche a causa dell’inadempienza in fatto di giustificazione delle spese, si è recata sovente, in occasione di ispezioni, presso la sede della Regione Lazio, in via Cristoforo Colombo, obbligando funzionari e direttori, spesso digiuni sulla materia comunitaria, a veri propri voli pindarici per giustificare i risultati carenti relativi al loro tiepido operato. Sollecitato a rispondere e messo a confronto con la triste realtà di una Regione quantomeno pigra, in uno dei suoi rari interventi sulla gestione fondi comunitari, Nicola Zingaretti dichiarava: “La Commissione europea dovrebbe rivedere e semplificare le regole per l’utilizzo dei fondi comunitari”. E ancora: “Non chiediamo meno controlli o meno regole, chiediamo meno passaggi burocratici”.

Niente di così lontano dalla realtà, visto che le procedure di adesione ai progetti comunitari per veicolarne i fondi sono quanto di meno complesso e diretto possa esistere. I guai iniziano con i bandi attuativi, spesso a favore delle Pmi del territorio che, successivamente, sono emanati dalla Regione Lazio. Le relative delibere, gli stessi moduli di adesione e le procedure risulterebbero, anche per il loro linguaggio burocratico, indigeste e comunque del tutto incomprensibili se tradotte nelle lingue dei partner europei. A riprova che un altro modus operandi è possibile, sappiamo che strutture preparate, dotate di professionalità e mentalità mirata verso l’internazionalizzazione quali, ad esempio, le Ferrovie dello Stato, hanno fatto incetta di finanziamenti comunitari seguiti da progetti virtuosi che sono risultati d’esempio come vere best practice anche a favore dei nostri partner europei.

La Regione Lazio schiera, da anni, un apparato imponente di strutture, teoricamente dedite alla gestione Fondi Ue. Ma si tratta di scatole vuote, volte a drenare una grossa fetta delle spese di gestione previste dai fondi stessi, che soprattutto agiscono come ‘contenitore’ per nomine e assunzioni politiche. Oltre agli assessorati e alle direzioni preposte, dovrebbe occuparsi di Fondi europei la società regionale di servizi Lazio Crea, che, in quanto società di servizi, è priva di una mission aziendale e di competenze specifiche sul tema Europa. Sinora il suo output, oltre alle nomine di quadri e di dirigenti entrati senza alcun concorso pubblico, è stato rappresentato dalla somministrazione random ai suoi impiegati di sterili corsi di formazione su tematiche europee.

Altre strutture, come Lazio Europa, che affianca, per la produzione di bandi, Lazio Innova, ex Bic Lazio, evidentemente non bastavano visto che, nel 2019, la giunta Zingaretti dava vita a ulteriori duplicati chiamati “Sportelli Europa”. Oltre a quello di Roma, non potevano mancare quelli di Latina, Frosinone, Rieti ma anche Bracciano e Zagarolo: quest’ultimo è una creatura del suo ex sindaco Pd, poi vicepresidente della Regione, Daniele Leodori, di nuovo eletto in Consiglio regionale e del tutto digiuno di questioni europee.

Gli “Sportelli Europa”, per la maggior parte ancora non attivi, risultano dotati di arredi avveniristici, nuovi dirigenti e dotazioni essenziali, quali stampanti 3D, così come di una reboante quanto fumosa mission che recita: “Favorire l’accesso ai servizi regionali di informazione e assistenza sulle opportunità di finanziamento offerte dai Fondi strutturali e d’investimento europei a gestione diretta”. Sinora si sono distinti, in particolar modo, per una certa somiglianza, visti i risultati, con la famosa “Fortezza Bastiani” del Deserto dei Tartari di Dino Buzzati.

COSA VOGLIAMO FARE COME LEGA?

La nuova programmazione (2021-2027) sarà molto più ricca rispetto alle precedenti. La Commissione europea, solo per il Fondo europeo di Sviluppo regionale, ha già assegnato il doppio delle risorse rispetto alla gestione precedente, parliamo di una cifra totale di 1,8 miliardi di euro per il settennio 2021-2027. Se poi analizziamo i flussi previsti nel loro insieme, è in arrivo una mole di investimenti mai vista negli ultimi cinquant’anni, grazie alla nuova programmazione dei fondi europei unita alle risorse del Pnrr. Le risorse del Pnrr hanno già visto ulteriori 4,7 miliardi destinati per il Lazio. Mai come ora le intenzioni potranno essere supportate da risorse concrete. Il Lazio avrà la possibilità di diventare una delle regioni trainanti anche per l’Europa, così come lo è la Lombardia, seconda solo all’Île-de-France (la regione il cui capoluogo è Parigi). Nella nostra regione arriveranno, complessivamente, 16,6 miliardi tra Pnrr, programmazione Ue e risorse nazionali: è una cifra destinata ad aumentare ancora, man mano che verranno destinati tutti gli investimenti del Pnrr.  Mai come ora le intenzioni potranno essere supportate da risorse concrete. Inoltre, visto che parliamo di grosse cifre date dal Pnrr, con disposizioni di utilizzo a livello locale, è evidente che le Amministrazioni periferiche, quali una Regione, non possono essere considerate come meri soggetti attuatori invece che propositori.

L’occasione è unica, anche dal punto di vista politico, considerando la logica sinergia che, in maniera naturale, vista la comunanza di schieramenti, si potrà attuare con il Governo nazionale e le Regioni virtuose, che hanno fatto della gestione e del buon utilizzo dei fondi Ue un loro fiore all’occhiello. Contiamo, a tal fine, di partecipare attivamente con proposte normative, al contrario di quello che ha fatto la passata giunta Zingaretti, alla Conferenza Stato-Regione.

Ciononostante, ciò che mi preme sottolineare è il fatto che, in quanto Lega e, soprattutto, in questo momento storico caratterizzato dalla proposta e approvazione della nostra Riforma regionale, potremmo finalmente fare, anche nel Lazio, quello che ideologicamente, ma soprattutto tecnicamente, siamo più preparati e bravi a compiere: la gestione di un ente periferico della Pubblica amministrazione in un contesto internazionale.

Non ce ne vorranno di certo i nostri alleati, ma siamo anche all’interno del nostro schieramento, a sostegno del nostro presidente regionale, la forza politica più indicata e preparata a gestire i fondi europei, visto che si tratta di fondi regionali, intesi, non solo da noi, ma anche da Bruxelles, come fondi da far gestire alle grandi regioni d’Europa, notoriamente dotate, a parte poche eccezioni, di notevole autonomia fiscale e gestionale. È la stessa Comunità europea che ci assegna fondi inquadrati per essere gestiti e ben utilizzati da Amministrazioni dotate di strumenti decisionali che la giunta uscente neanche concepiva.

Pertanto, metteremo mano, con un’ottica da tecnici con una solida esperienza all’interno della cosa pubblica periferica nell’ambito di una visione internazionale, a tutti i progetti e alle linee di finanziamento comunitari congelati o abbandonati, riparametrando tutto verso l’utilizzo concreto dei fondi. Ad esempio, non più chiacchiere, bensì un intervento tecnico e normativo sulla gestione dei rifiuti, tracking degli stessi, un reale progetto per un termovalorizzatore, contributi con procedure di ricezione semplici e dirette per gli imprenditori: cioè quanto ci indica Bruxelles. Attenzione anche ai bandi per la digitalizzazione delle imprese, perché siano accessibili senza dover ricorrere ad appoggi politici o a costosi e aleatori studi di fattibilità che possono fare, unicamente, delle improbabili società di consulenza al posto degli stessi beneficiari.

Insomma, intendiamo verificare e rivoluzionare tutto l’apparato elefantiaco che gestisce malissimo i fondi Ue. Vogliamo alzare, ben oltre la stagnante media italiana, la percentuale di spesa/utilizzo dei fondi. L’obiettivo, infine, è dare voce, così come chiede Bruxelles nell’ambito dei suoi progetti, a tutti i cittadini e gli stakeholder, soprattutto privati, visto che, per noi, l’autonomia regionale non vuol dire gestione statica della cosa pubblica e produzione di regolamenti, ma soprattutto attivazione di un volano economico che serva da motore anche, e soprattutto, a beneficio dei servizi essenziali.

(*) Consigliere capogruppo della Lega in Campidoglio

Aggiornato il 01 marzo 2023 alle ore 12:41