Ai partiti manca un reale aggancio nella società

FdI è in una posizione di potenziale vantaggio

Le elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio hanno sia confermato Fratelli d’Italia come l’azionista di maggioranza nel Governo, sia rafforzato la leadership di Giorgia Meloni alla guida della coalizione. I prossimi appuntamenti elettorali, cioè le elezioni in Friuli-Venezia Giulia e in Molise, non sono tali da poter turbare l’assetto consolidato. E, salvo imprevisti, tutto dovrebbe filare liscio almeno fino alle elezioni europee del 2024, quando per effetto del sistema elettorale ciascun partito correrà per sé stesso e non per la propria alleanza.

La strada del Governo, quindi, sembra per il momento tracciata nelle sue linee essenziali, mentre gli italiani stanno prendendo confidenza con il nuovo Esecutivo e i suoi esponenti. Meno note, invece, sono ancora le dinamiche interne a FdI, che del Governo rappresenta l’intelaiatura, anche per effetto della rapida crescita del partito. Allora, volendo semplificare, proviamo a immaginare FdI come un treno composto da tre carrozze (a cui potrebbe aggiungersene una quarta).

Nel vagone di testa troviamo i vertici del partito, cioè coloro che ne dettano la linea. Fra questi, sono riconoscibili, oltre alla Meloni, i ministri e i capigruppo parlamentari.

Nel secondo, abbiamo la marea sempre più ampia di sindaci, assessori, consiglieri regionali e comunali sparsi su tutto il territorio nazionale, a cui vanno aggiunti i (pochi) burocrati e tecnici d’area, che offrono il supporto amministrativo alle decisioni.

Il terzo è il più affollato, perché è quella che ospita tutti gli elettori di FdI. Solo all’apparenza è la vettura meno importante, perché in realtà è da essa che traggono legittimità gli altri due che la precedono.

Veniamo alla carrozza mancante e che potrebbe aggiungersi: la quarta, quella che in realtà manca a ogni partito, come il forte assenteismo elettorale ha dimostrato. È quella carrozza che nel secolo scorso i partiti di massa ritenevano irrinunciabile, quella che ospita i movimenti collaterali, intendendo per essi i movimenti associativi, sindacali e religiosi che tenevano i partiti ancorati alla società e alla gente. Per la Democrazia Cristiana si pensi ai movimenti cattolici, alla Cisl, alla Coldiretti e financo agli scout. Per il Partito comunista italiano erano invece fondamentali la Cgil, le sezioni, i volontari, l’Anpi e altre forme aggregative di varia natura.

Questa quarta carrozza, oggi, non è rintracciabile in nessuno dei partiti moderni, che per questo motivo risultano più sottoposti alla spada di Damocle del voto d’opinione. Il mondo del volontariato sembra alternativo alla politica, non complementare a essa. Le forti oscillazioni elettorali, che premiano oppure puniscono, sono anche la conseguenza di deboli ancoraggi nella società che minano la stabilizzazione del consenso.

FdI si trova, purtuttavia, in una posizione di temporaneo vantaggio rispetto ad altri partiti, perché dispone di due leve idonee a favorirne il radicamento nella società italiana più profonda: ci si riferisce al Ministero per le Politiche della famiglia e a quello delle Politiche sociali (queste ultime incardinate nel Ministero del Lavoro). Sono i due dicasteri da cui, più che da altri, è possibile tessere una rete territoriale che chiami a raccolta quella parte sana e vivace degli italiani che credono nell’impegno sociale. E che sono pronti a impegnarsi sui temi etici.

Il mondo del volontariato chiede di disporre di interlocutori, anche perché ha perso i suoi riferimenti storici. Un impegno articolato del Governo sui temi di impatto sociale potrebbe essere la mossa in grado di restituire la fiducia nella politica e ricuce il rapporto con la cittadinanza attiva (la “base”, si sarebbe detto un tempo). È un’impresa non facile, ma anche entusiasmante.

Aggiornato il 22 febbraio 2023 alle ore 14:00