Il governo del migliore

Ottomila imprese a rischio fallimento solo a Roma. Immaginate nel resto del Paese. Un disastro economico senza precedenti. Le sanzioni dovevano far fallire lo zar invasore e invece manderanno sul lastrico il nostro sistema produttivo. Le forniture sostitutive si stanno rivelando fuffa mediatica (vedi caveat Algeria e Qatar). Forse tra due anni saremo autosufficienti; intanto spariranno migliaia di imprese e centinaia di migliaia di posti di lavoro. La tifoseria si consola con doppi piumoni sul letto e pasta ammollata in acqua tiepida (a la façon parisienne, nel senso del suo ideatore, il Nobel Giorgio Parisi). Togliere le sanzioni ora non si può: faremmo due volte la figura dei fessi.

Quella vorremmo lasciarla a chi se le è inventate queste sanzioni e a chi ha creduto al peana “o pace o condizionatori”. Mentre le imprese, già oggi, devono scegliere tra stipendi o bollette. Intanto, almeno, si smetta di celebrare chi ci ha portati al precipizio, senza alcuna nozione di quello che esse avrebbero comportato e senza avere un vero piano alternativo. E che persevera – riempiendoci di debiti, con i soldi con l’elastico, del Pnrr – a inseguire i folli obiettivi di lotta alla CO2, che ci impediscono di investire nella conversione degli impianti da gas a olio combustibile, in centrali a carbone e nella gasificazione dell’economico e ubiquo litantrace, che pure era il gas che, tutti noi, usavamo nelle nostre case, prima della “metanizzazione” degli anni 70, del secolo scorso.

Ma il malmostoso premier – per la mancata beatificazione al colle più alto – annuncia che non si può rinunciare al rigore ambientalista, neanche in un momento in cui, più che della decarbonizzazione dell’aria, dovremmo preoccuparci del rischio di carbonizzazione dell’umanità. Al governo che verrà, Draghi lascia un quadro e una prospettiva desolante di escalation bellica, inflazione, record di debito e pressione fiscale, fallimenti, disoccupazione, black out energetici, austerità e razionamenti. Eppure – egli dice – il Pnrr non si tocca, non va modificato. Ci salveranno i suoi progetti su inclusività, coesione, mobilità sostenibile, parità o neutralità di genere. In quest’ultimo caso, magari, imponendo, ope legis, la risolutiva “schwa”.

Aggiornato il 23 settembre 2022 alle ore 10:39