Capitolo decimo

Conclusione: per una nuova eterna città

“A Roma non ci si può permettere di essere mediocri”, lo scriveva durante la Repubblica Romana Giuseppe Mazzini. Il Papa Emerito Joseph Ratzinger in tempi recenti ricordava che la Liturgia dell’Avvento chiede di destarsi dal sonno dell’abitudine e della mediocrità. Voci distanti, per posizioni e periodi storici, che da Roma convergono su un punto: banalizzazione e approssimazione non possono essere un segno distintivo della nostra città. Questa dovrebbe essere la linea guida del nuovo Sindaco di Roma. La città di oggi è drammaticamente nascosta da monopattini e biciclette abbandonate lungo le strade, display giganteschi (sul lungotevere gli schermi raggiungono misure di 20 metri per 20 metri) che fanno ombra agli edifici più belli e storicamente più importanti dai quali forse un giorno vedremo e ascolteremo il nuovo leader di turno. Nemmeno Pasquino si è salvato e non si salveranno nemmeno le altre statue parlanti di Roma. Abbiamo già raccontato nei precedenti capitoli di questo breve viaggio in alcuni aspetti della Capitale che questa metropoli ha grandi realtà e ancor più grandi prospettive.

Nel corso dei secoli ha sempre attratto le élite del pianeta e in parte lo fa ancora. L’imperativo deve essere quello di tratteggiare e definire una nuova immagine di Roma, un nuovo panorama. Con l’interrompersi del mandato a Sindaco sono rimaste congelate tante delibere importanti. La costituzione di un Forum per la gestione dei beni confiscati ai clan mafiosi e alle cosche è una di queste. Molti altri immobili sono occupati abusivamente. Liberandoli e assegnandoli si potrebbero creare spazi pubblici, aperti anche ai ricercatori stranieri, con nuove forme di utilizzo di immenso valore sociale, culturale e scientifico. L’elenco delle eccellenze romane può sorprendere e non c’è che l’imbarazzo della scelta per le ipotetiche nuove o ulteriori sedi: dalla chirurgia pediatrica alle malattie infettive, dalla matematica alla fisica e all’informatica, dall’arte figurativa alla musica, dalle biotecnologie industriali alla sociologia, dalla geologia al patrimonio archeologico non ancora esposto. Immaginiamo Roma come una multinazionale del sapere. Proviamo allora, come semplice esempio, ad offrire a un prezzo particolarmente accessibile un intero palazzo dedicato esclusivamente agli studi dei pittori, italiani e stranieri, o magari in un ampio spazio come un ex campo rom una serie di costruzioni di un solo piano per gli studi di scultura. Forse niente di nuovo visto che in passato Roma aveva strade specializzate per professione e le vie hanno ancora i vecchi nomi: giubbonari, crociferi, baullari, artisti, barbieri, chiavari, cappellari, funari, pettinari, oltre a Piazza dei Caprettari e Piazza Campo de’ Fiori. Lo stesso era per l’origine degli abitanti: genovesi, lucchesi, sardi, lucani, greci, portoghesi e anche Via degli Zingari.

Sul fronte del sociale, le tante associazioni che operano sul territorio hanno già le idee chiare sul come gestire eventuali spazi. A questi potremmo aggiungere l’aiuto alle coppie in fase di divorzio, oggi emergenza da non sottovalutare, prevedendo appartamenti, a seconda delle decisioni del giudice, per i padri separati e i minori come si cominciò a fare il Comune nel 2009 con l’allora vicesindaco Sveva Belviso, e come l’attività della onlus Villa Maraini “Sos papà”. La stessa possibilità ovviamente può e deve essere incrementata per le donne vivono situazioni particolarmente difficili. Per quanto riguarda l’immigrazione sarebbe opportuna una linea, nel senso etimologico del termine, aggressiva e cioè muoversi in modo deciso verso qualcosa o qualcuno. In particolare conoscenza e rispetto delle regole nonché l’uso della lingua italiana. Con una contraddizione apparente rispetto ai precedenti capitoli, il permettere agli universitari immigrati da paesi a rischio e alle loro famiglie di vivere e studiare in appartamenti vicini tra loro, finalmente sgomberati dagli abusivi, potrebbe avere un valore importante e una influenza politica di rilievo.

Privilegiare e sostenere questi giovani nella formazione di una futura classe dirigente del Paese dal quale sono stati costretti a fuggire può creare disappunto e preoccupazione per alcuni regimi totalitari. Ma il risentimento potrebbe essere attenuato se la nuova Amministrazione coglie la straordinaria occasione di costruire un progetto di sviluppo comune con i due nuovi, recentissimi e giovani sindaci di Lisbona, Carlos Moedas, e di Berlino, Franziska Giffey. L’augurio è che i tre primi cittadini, per la soluzione dei problemi di ciascuna città, possano avvalersi dei tanti veri esperti del rispettivo territorio senza dover rispondere ai gruppi di influenza, alle piccole e grandi lobby, che troppo spesso magari proprio in nome della libertà minano con la loro forza l’esistenza stessa della democrazia. Ma anche questa non è una novità: il 18 aprile 1849 Giuseppe Mazzini scriveva alla madre: “Roma è come un osso al quale sono addosso tutti i cani del vicinato; ma faremo buona guardia”.

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Aggiornato il 30 settembre 2021 alle ore 10:13