Italia, Recovery e la burocrazia

Le complessità procedurali dell’Unione europea, che vanno pure seguite per richiedere i fondi che il Recovery plan ha opzionato per l’Italia, rischiano di essere un ostacolo aggiuntivo di non poco conto, per poter introitare gli euro che pure ci sono riservati. Ci mancava pure l’ulteriore vincolo di misurazione degli effetti sul Pil per ogni misura ipotizzata.

I liberali lo dicono da tempi non sospetti. Le assurdità di un sistema qual è il nostro, di fatto “stalagmitizzato” legge su legge, decreto su decreto, financo procedura su procedura, oltre ad aprire molti appigli per dei ricorsi di ogni tipo (che danno lo spazio, a loro volta, per incursioni di magistrati e a cause legali), finiscono per determinare tanti rallentamenti e blocchi.

Ma veniamo al punto, lasciando da parte stupide, inutili, immotivate e pure ricercanti ovunque assurde purulenze scandalistiche notizie di stampa. Un giornalismo scandalistico che non sa proprio restare in silenziosa disparte e si ostina a cercare il diavoletto del malaffare ovunque. Ma che non si dedica affatto a quel vero mostro, che ci paralizza sempre di più: la burocrazia. Perché rischia di bloccarsi, questo essere immondo (centinaia di miliardi di Fondi Ue) a causa di tutta una serie di vincoli, bolli, carte, domande, commissioni, sotto-commissioni e autorizzazioni soprattutto locali. Cioè le “procedure autorizzative”.

Il governo di Mario Draghi si sta muovendo in questo ginepraio complicato, bonificando le carte dalle troppo dilettantesche approssimazioni con cui il precedente esecutivo le aveva ammonticchiate, alla rinfusa, a Bruxelles. Sei sono le “mission” scelte, che daranno un quadro progettuale completo per l’Italia e che affidano pure una sorta di “carta bianca” alle tante squadre che hanno già preso operatività all’interno dei dicasteri. Tutto questo sta già avvenendo in silenzio, a differenza di ciò che – con grande clamore – accadeva con i governi di Giuseppe Conte che, diffidenti al massimo, facevano transitare tutte le carte da quella specie di imbuto denominato… “premiata ditta Casalino & Company”.

Infrastrutture, ambiente/edilizia e ricerca/salute” saranno il primo blocco operativo, a cui seguiranno “digitalizzazione, ambiente/energia e lavoro”. Un vero ordito di squadra, che si avvale anche del massimo grado di fiducia e operatività concreti. È questo il taglio di Draghi: per far recuperare tutto il tempo perso. Sono già state rese note, intanto, le 10 pagine di osservazioni che la Commissione europea ha fatto su quel canovaccio che fu di Conte. Sottolineiamo, 10, non una o due.

Pagamenti ritardati alle imprese; carenze di semplificazioni ed eccesso di complicazioni – per le carte che vengono richieste a famiglie e imprese – sono i punti da sempre critici per l’Italia. Quegli stessi aspetti che ognuno di noi può toccare con mano ogni giorno. Altre criticità sono i pochi fondi che vengono erogati per il recupero dell’efficienza energetica, oltre la palese discrasia che c’è tra quello che è il risparmio energetico conseguibile – per metri quadrati – negli uffici pubblici (250 euro), rispetto a quello ottenibile nel settore privato (3.500 euro). Il professor Mario Draghi sta lavorando, in una parola, per dimostrare come l’Italia non consideri affatto il Recovery fund quale una sorta di… lotteria di Capodanno!

Aggiornato il 08 marzo 2021 alle ore 10:32