Conte e l’Iva, un bel tacer non fu mai scritto

Se in politica un’idea è condivisibile, essa rimane tale anche se a farla propria fosse stato il leader che più si detesta, perché insieme alla passione ideale un pizzico di razionalità non guasta mai.

Quindi, se il premier Giuseppe Conte propone di abbassare l’Iva, perlomeno a caldo, non lo si può coprire di pernacchie; tuttavia, se occorre essere razionali e attenti perciò a non rifiutare tutto in modo dogmatico, bisogna anche essere lucidi nel cercare di evitare le trappole e le prese in giro.

Sia chiaro, non stiamo parlando di una rivoluzione perché nella mente di Conte vi sarebbe una riduzione dell’imposta “selettiva”, cioè dedicata solo ad alcune categorie, e a tempo determinato, ma ciò rappresenterebbe già un qualcosa in più, rispetto al nulla assoluto di oggi, per dare un po’ di sollievo a quelle attività economiche che maggiormente subiscono le conseguenze della pandemia.

È bene comunque non illudersi, nemmeno sull’arrivo di un pur parziale provvedimento, visto che il premier pare avere già innestato la retromarcia, trovandosi costretto a fare il passo del gambero dalla sua stessa maggioranza. Ma sono piovute critiche e perplessità anche da Confindustria e Confcommercio, e queste ultime meritano una certa attenzione. Le organizzazioni presiedute rispettivamente da Carlo Bonomi e Carlo Sangalli dicono che non sia sufficiente parlare solo di Iva o di qualche altra tassa in particolare, bensì che occorra una revisione complessiva del sistema fiscale italiano. Proprio quando ci si trova nel momento più buio e si è quasi toccato il fondo, si può dare uno scossone rivoluzionario ad un Paese rimasto nel pantano per troppi anni, uno shock riformatore magari complicato da proporre in altri momenti, ma servirebbe senz’altro una classe di governo di un certo spessore che al momento l’Italia non ha.

Al punto in cui è stato fatto giungere questo Paese, con il leviatano pubblico ingrassatosi sempre di più e una spesa statale fuori controllo, è evidente come l’abbassamento delle tasse, sempre auspicabile e ben accolto, non possa che essere accompagnato da una seria ridefinizione dell’uso del denaro da parte dello Stato, anche per frenare all’istante lo spauracchio delle coperture, agitato come un feticcio e in maniera prevedibile da statalisti e tassatori, cortesi o meno, dei quali l’Italia è purtroppo piena. Altrimenti non se ne uscirà mai e non si andrà oltre alle riforme a spizzichi e bocconi, e alle boutade della politica. Consigliamo in questo caso al premier Conte, ma anche al resto della politica italiana, di lasciar perdere le uscite estemporanee sulle tasse, soprattutto quando non si è sicuri di possedere la capacità di rivedere integralmente tutti gli orrori del fisco del Belpaese, e vi è l’eventualità di essere bombardati dal fuoco amico. A volte è meglio tacere, si fa più bella figura.

Aggiornato il 26 giugno 2020 alle ore 14:25