La freddezza dell’Occidente sconsacrato non è più in grado di valutare il rilievo fondamentale della sacralità nella vita politica, e la vulgata di uno pseudo-liberalismo imbecille non contribuisce alla sua evoluzione. La decisione di Recep Tayyip Erdoğan di fare di nuovo della basilica di Santa Sofia, a Costantinopoli, una mosche è di una gravità estrema. Ricordiamo la storia. L’Imperatore romano cristiano Giustiniano, il grande codificatore del Corpus Iuris, la fece edificare, sul luogo di una antecedente dedicata al Logos divino incarnato, voluta, per tradizione, da san Costantino. Si affidò all’architetto Isidoro di Mileto ed al fisico e matematico Antemio di Tralle. Lo decise nel 532, e la consacrò, assieme al Patriarca Eutichio, il 27 dicembre del 537. La dedicò alla Divina Sapienza. Fu la cappella imperiale dell’impero ecumenico dei Romani, e la sede del Patriarcato cristiano ortodosso, salvo la parentesi dal 1204 al 1261, all’ poca dell’occupazione franca, quando venne officiata dal clero latino. Fu quindi la sede universale del cristianesimo ortodosso fino a quel tragico martedì 29 di maggio del 1453, in cui ciò che rimase dell’Impero Romano cadde in mano ottomana. Da allora fu riconvertita in moschea dal conquistatore, Maometto II. L’edificio, per la cristianità, ebbe una fondamentale funzione simbolica. Si pensi che l’attuale basilica di san Pietro, in Roma, venne fatta riedificare con una pianta centrata sul cupolone, perché avrebbe dovuto richiamare la basilica della caduta Costantinopoli e così la pretesa papale di dominio sulla cristianità.
La trasformazione di Santa Sofia in moschea, nel 1453, avvenne in un quadro nel quale, per diritto di conquista, il sultano ottomano si fregiò del titolo d’Imperatore dei Romani, che mantenne sino al 1922, quando Mustafa Kemal Atatürk depose l’ultimo sultano, proclamò lo Stato laico e convertì Santa Sofia in museo. Da allora, accurati lavori di restauro hanno riportato alla luce i mosaici, ricoperti di calce in quanto nelle moschee non vi possono essere immagini, e l’Unesco ha dichiarato la basilica patrimonio dell’umanità. Oggi questo patrimonio è a rischio, ma è anche a rischio l’equilibrio internazionale. Al palazzo di Topkapi, oggi anche esso museo, v’è una specie di sancta sanctorum di reliquie islamiche. Erdoğan cominciò il suo cursus honorum come sindaco di Istanbul, ed allora vi collocò in permanenza un imam a leggervi il Corano. All’epoca venne arrestato, ora è lui a mettere dentro gli altri. Non riesco a trovare una rivista del Touring Club dei primi del secolo scorso, e il “Vaticano mussulmano”. È evidente come questi gesti siano simbolici e tendano a conquistare al nuovo sultano le masse islamiste fanatizzare. Del resto, i sultani ottomani vantarono anche il titolo di Califfo dei credenti, e dalla loro deposizione serpeggia tra i maomettani una nostalgia del califfato. La Turchia fa parte dell’Alleanza atlantica ed ha il secondo esercito, in potenza, dell’organizzazione; se ne venisse espulsa si metterebbe a capo del fronte islamico antioccidentale, se resta nella Nato, la stessa, però, non è più utilizzabile per la difesa dal fondamentalismo islamico. E c’è ancora qualche imbecille che mantiene sanzioni alla Russia ortodossa. Benedetto Croce scrisse un articolo, sul più laicista giornale dell’epoca, il mondo, dal titolo Non possiamo non dirci Cristiani. Oggi o la Destra liberale riconverte il titolo in Non possiamo non essere cristiani, o si arrende anch’essa al nemico spirituale della civiltà che l’ha partorita.
Aggiornato il 15 giugno 2020 alle ore 11:00