Il caso Sogin e la libertà di stampa

Il ruolo della stampa, nel mondo occidentale e democratico, è quello del “cane da guardia”; svolgere una funzione di sorveglianza su ciò che potrebbe essere un abuso, una sorta di riflettore che illumina ciò che può rappresentare un’ingiustizia. L’espressione è di origine anglosassone ed è stata citata anche dalla Corte di Giustizia Europea a tutela della democrazia e del pluralismo delle opinioni che si garantiscono attraverso la libertà di stampa che la Corte stessa cerca di tutelare in tutte le sue forme, soprattutto dove essa viene sistematicamente violata. Il giornalismo italiano, talvolta, viene criticato per non essere abbastanza “cane da guardia” e si citano spesso pressioni dal mondo politico, economico e da altre direzioni che non si vogliono nemmeno citare, per dimostrare forme di sudditanza che portano a nascondere notizie o a non approfondirle abbastanza, a normalizzarle e banalizzarle con domande inadeguate, poco pertinenti, in modo che l’interlocutore possa rispondere con frasi di comodo.

Cosa succede, invece, quando la stampa cerca di porre domande per avere risposte convincenti e quando questo lo fa a tutela del bene pubblico, per capire come sono utilizzati, ad esempio, i soldi dei cittadini? Succede che magari ti mandano una lettera di diffida, intimandoti, sostanzialmente, di smettere di fare domande e fornendoti spiegazioni di parte con l’implicita indicazione che di quelle ti devi accontentare perché “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare” (Dante, Divina Commedia, Inferno). Si, perché se alla stampa tenti di togliere la possibilità di porre domande, hai tolto praticamente tutto ciò che veramente conta e questa rappresenta una forma grave di censura.

Così alla nostra redazione capita di ricevere una lettera “in nome e per conto del dottor Federico Colosi, nella sua qualità di direttore delle Relazioni esterne della Sogin Spa”, con la quale “si diffida, per suo tramite “L’Opinione delle Libertà” a desistere con effetto immediato dalla pubblicazione di articoli denigratori dell’immagine del dottor Colosi”, eccetera, eccetera. Ricevere questa lettera è stato interessante per un giornale che si chiama “L’Opinione delle Libertà” e che forse, nell’intento del mittente, dovrebbe cambiare nome e identità per venirgli incontro con una autocensura. Ma andiamo con ordine, perché il dott. Federico Colosi intima qualcosa che per diritto di cronaca non si può accettare, ci scrive nella sua qualità di direttore di un’azienda di Stato, alla quale sono state poste legittime domande, alle quali, sicuramente, dopo delle opportune verifiche interne, l’azienda stessa elaborerà delle risposte proprio in virtù di quella amata trasparenza in cui tutti confidano.

Le domande sono partite, è bene ricordarlo, da una interrogazione di un senatore della Repubblica Italiana, Francesco Battistoni, che chiedeva informazioni sull’affitto a titolo di foresteria, a favore dell’allora presidente Giuseppe Zollino, di una casa già da lui occupata a titolo privato, passando poi per chiarimenti su rimborsi spese, eventuali mancanze di informative e, dulcis in fundo, richiesta di chiarimenti su attività di comunicazione con importi degni di nota (fra 3,2 e 4,1 milioni di euro, stando al bilancio di esercizio della Sogin del 2015) sui quali si è cercata traccia nei documenti resi pubblici e presenti nello stesso sito della Sogin e sui quali si è chiesto dei semplici chiarimenti. Il chiarimento principale richiesto è quello che riguarda il fatto di aver svolto attività di comunicazione che, dalla lettura della legge, forse non si sarebbero dovute attivare, ai sensi del D.lgs n. 31/2010 e successive modifiche e integrazioni. Il dubbio è lecito ed è rafforzato dal fatto che l’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), che riconosce i costi di Sogin per le attività di decommissioning e per le attività relative al Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, non aveva, appunto, riconosciuto i costi della campagna di comunicazione segnalata, inducendoci pertanto a chiedere dei chiarimenti, questo anche per diritto alla sopra citata trasparenza, semplicemente per sapere come vengono utilizzati i soldi che tutti gli italiani, tramite la bolletta elettrica, pagano alla Sogin.

Nella lettera di diffida il dott. Federico Colosi, nella sua qualità di direttore della Sogin, tuttavia ci chiarisce, e di questo lo ringraziamo, che fu trasmesso un piano di comunicazione nel 2014 “in vista della realizzazione del Deposito nazionale ex D.lgs n. 31 del 2010”, “che prevedeva un picco di attività nell’anno 2015, durante il quale sarebbe dovuta ricadere l’attività informativa propedeutica alla consultazione pubblica sulla Carta nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi italiani (c.d. Cnapi) e che tale campagna fu approvata attraverso il “verbale del Consiglio di amministrazione del 7 luglio 2015”. Sarebbe interessante leggerlo assieme all’intero iter approvativo ed al voto dei vari consiglieri dell’epoca. Ci chiarisce inoltre, la lettera del direttore della Sogin, che il riferimento del D.lgs n. 31/2010 di cui tener conto non è all’articolo 27, come da noi segnalato, ma al 26, facendo probabilmente riferimento al comma 1 lettera “e”: “promuove diffuse e capillari campagne di informazione e comunicazione alla popolazione in ordine alle attività da essa svolte”, riferito ovviamente alla Sogin.

La lettera, infine, cita una “nota congiunta dei ministeri dell’Economia e dell’Ambiente (presente anche sul sito di tale ultimo ministero) risalente al 21 luglio 2015” che “annunciava, per il successivo mese di agosto, l’avvio della fase di consultazione pubblica con Regioni, enti locali, cittadini e comunità scientifica. In altri termini, la campagna informativa era propedeutica all’avvio di tale consultazione e mirava alla più ampia e trasparente informazione alla popolazione sul tema della gestione dei rifiuti radioattivi derivanti dallo smantellamento degli impianti nucleari presenti sul territorio nazionale, dalle pratiche di diagnosi e cura in medicina nucleare, dalle applicazioni nel settore dell’industria e della ricerca”.

Quindi secondo il dottor Colosi nell’analisi giornalistica avremmo sbagliato presupposto: l’articolo 27 della legge, quello da noi citato, sarebbe sbagliato, mentre sarebbe corretto l’articolo 26. In altri termini, ci si dice, le attività non sarebbero state finalizzate al processo di localizzazione e autorizzazione del Deposito Nazionale e del Parco Tecnologico, ma si sarebbe trattato di attività propedeutiche. Ebbene, nella gara d’appalto del 21 ottobre 2014, bando di “Servizi di organizzazione di eventi” l’oggetto della procedura consisteva nel servizio di assistenza a Sogin Spa in diverse attività afferenti il “coinvolgimento degli stakeholder e la comunicazione integrata per i processi di localizzazione e autorizzazione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico di cui al D.Lgs. 31/2010 e ss.mm.ii.”: appare abbastanza chiaro il riferimento all’articolo 27, quindi, e non al 26. E i fornitori sono pertanto selezionati per le attività di cui all’articolo 27. Ma il dott. Colosi ci scrive di aver effettuato le attività a norma dell’articolo 26, attività propedeutiche. Ma non si possono utilizzare fornitori selezionati con un presupposto giuridico e poi destinarli ad attività prive di quel presupposto. E il presupposto continua ad essere l’individuazione, per decreto del ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con altri ministeri, del sito per la realizzazione del Parco Tecnologico e del Deposito Nazionale, di cui ai commi 11 e 12 dell’articolo 27. E infatti, in mancanza del presupposto giuridico, l’Arera non ha riconosciuto quei costi. Ci perdoni il lettore per gli eccessivi dettagli, ma siamo costretti ad entrarci per non dare la possibilità a chi ci risponde di confondere le varie previsioni normative e fare in modo che “in una notte buia tutte le vacche siano nere” (parafrasando Hegel) e non si possano distinguere atti leciti e non leciti, perché ciò che è veramente lecito, a questo punto, soprattutto dopo aver ricevuto una lettera a chiaro contenuto censorio, osservare che le domande poste siano ritenute assai scomode. E questo nonostante la stessa società in un comunicato stampa dell’epoca avesse asserito che: “La campagna si svolgerà dal 26 luglio a fine novembre 2015 con l’intento di accompagnare la fase di consultazione pubblica che prenderà avvio con la pubblicazione, insieme al Progetto preliminare, della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi) ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi”, si veda il seguente link: https://www.depositonazionale.it/media/news/pagine/articolo.aspx?News=12.

Che intende fare il dottor Colosi oggi, smentire la Sogin oppure lasciare chiarire all’azienda, con delle serie verifiche, una volta per tutte, cosa sia successo? Per quanto riguarda la Nota dei ministeri, vi forniamo il link: https://www.minambiente.it/comunicati/nucleare-guidi-galletti-deposito-non-si-decide-fine-agosto-percorso-articolato-ma.

Come si vede, il ministero dell’Economia, citato dal dott. Colosi, non c’entra nulla, ma leggiamo meglio di che si tratta: “A fine agosto non sarà deciso il sito che ospiterà il deposito dei rifiuti nucleari. Il percorso che deve portare all’individuazione dell’area è molto più articolato, ma allo stesso tempo aperto e trasparente”, così in una nota i ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente. “I ministeri – spiega la nota – hanno ricevuto ieri dall’Ispra la proposta di Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi) a ospitare il deposito dei rifiuti nucleari redatta da Sogin. È opportuno chiarire che il termine di fine agosto, che alcuni organi di stampa oggi individuano come quello in cui verrà individuato il sito definitivo, è invece il termine per il ‘nulla osta’ con eventuali osservazioni dei due dicasteri alla pubblicazione della Cnapi, contenente una lista di diverse decine di siti potenzialmente idonei”. “Il nulla osta dei Ministri – spiegano Ambiente e Sviluppo – sarà soltanto il momento d’avvio, e non di conclusione, di una lunga procedura caratterizzata da ampie fasi di consultazione pubblica, nella quale verranno coinvolti Regioni ed enti locali interessati, cittadini e comunità scientifica, che porterà prima ad individuare alcune aree concretamente idonee ad ospitare il deposito unico nazionale e poi stabilirà il sito”.

Contrariamente a quanto dichiarato dal dottor Colosi, che nella lettera sostiene: “La nota, facendo seguito alla validazione della c.d. Cnapi rilasciata da Ispra il giorno 20 luglio (art. 27, comma 1bis del citato d.lgs. 31 del 2010), annunciava, per il successivo mese di agosto, l’avvio della fase di consultazione pubblica con Regioni, enti locali, cittadini e comunità scientifica”. No, è evidente che le osservazioni dei due ministeri citati avrebbero determinato un nuovo invio ad Ispra della Cnapi, con una ulteriore richiesta di chiarimenti. L’indicazione data dai ministeri, conforme alla legge, non determina minimamente una approvazione implicita da parte loro, tanto è vero che proprio i ministeri hanno chiesto successivamente chiarimenti e la Cnapi non ancora stata pubblicata. Non è nemmeno indicata una data per il rilascio del nulla osta, infatti anche il termine di 30 giorni previsto dal D.lgs. 31 del 2010 non è con ogni evidenza un termine perentorio, insomma la procedura si attivava solo e soltanto con l’approvazione formale dei ministeri e per decreto. E il decreto non è mai uscito. Rimane ora da capire se la Sogin attuale stia sostenendo questa impostazione e, soprattutto se una società che ha sul proprio sito un capitolo denominato “Società Trasparente” approvi in modo esplicito il tentativo, come quello del dottor Colosi, di fermare la libera critica e l’informazione che lei stessa dovrebbe, senza riserve, agli italiani che pagano le loro attività e i loro stipendi.

Questa risposta i cittadini italiani la attendono dagli attuali amministratore delegato e presidente, non certo dal dottor Colosi.

Aggiornato il 07 maggio 2020 alle ore 15:58