Siamo nell’Arca della responsabilità e la nostra libertà finisce a due metri

Era iniziata male. L’immagine degli italiani di fronte allo tsunami del virus era stata pessima con quei gruppi di giovani sprezzanti con l’aperitivo in mano in Campania e a Milano, poi l’assalto da untori ai treni dal nord verso il sud e la difficoltà collettiva di cedere al contagio. L’Italia stentava a riconoscere le regole e ad applicarle, sembrava fosse necessario schierare l’esercito. Poi quelle immagini tragiche dalla bergamasca di ospedali aggrediti da persone come fantocci senza fiato, anziani ma anche più giovani, il numero incessante di morti e di bare a migliaia ogni giorno, gli infermieri esausti, i medici disperati per le terapie intensive intasate, hanno cambiato per sempre la percezione dell’emergenza. Gli italiani abituati al dualismo degli opposti estremismi dai tempi di Romolo e Remo hanno capito che il nemico era uno solo: il virus. Di botto sono caduti la politica e l’antagonismo, gli Orazi e i Curiazi italiani sono diventati un popolo che, di fronte al Covid-19, ha trovato un’unità nazionale, un’intesa obbligata sull’incalzare incessante dei decreti istituzionali per istituire il lockdown.

Qualcosa che non era mai accaduto nella storia dell’uomo: tutti fermi, tutti a casa e in tutto il mondo. Di pandemie ce ne sono state di peggiori, ma l’unica che ha fermato tutti è stata il Covid-19, perché prima non c’erano le tecnologie, i computer, i telefonini oltre che la televisione. La rete è diventata la vita, sospesa quella reale è entrata in funzione quella digitale. Abbiamo comunicato tutti in modo alternativo. Vuote le strade e le piazze, fermi i mezzi tradizionali, siamo entrati nelle case con bit e segnali. Abbiamo scoperto la vita virtuale, pur sempre fatta di pane e tradizioni, di emozioni e virtù. Anche i personaggi famosi come Lady Gaga, Sting, Bob Dylan e i nostri attori, cantanti e scrittori hanno spalancato le porte dei loro salotti per accoglierci nel domestico dell’Arca digitale. E’ stato un fatto epocale. E questo ha cambiato la relazione tra gli uomini: più che l’uno contro l’altro come dai tempi della fondazione, l’uno per l’altro come verso un paradiso ritrovato, indispensabile se vogliamo salvare noi e il pianeta.

Non c’è più spazio per le guerre e le contrapposizioni, perché dobbiamo combattere un’altra sfida enorme, quella batteriologica. D’altro canto la natura è un potere forte e nel vedere monti e prati, mari e fiumi allo stremo ha innescato una reazione spandendo virus e batteri di cui il Covid-19 è uno dei tanti. Con questo dobbiamo fare i conti. La politica dimostra un grave ritardo, è ancora assestata sui tempi del dualismo e pensa che si possa proseguire lo schema opposizione contro maggioranza, cercando il nemico da combattere. Lo sta facendo a livello mondiale il presidente degli Stati Uniti Donald Trump accusando la Cina di aver fabbricato il Covid-19 in laboratorio, di averlo fatto sfuggire e di aver ritardato oltre che nascosto le informazioni. Il presidente Usa sta cercando di fabbricare il nemico di una nuova Guerra fredda. Molti pensano che stia sbagliando, perché se il consumo di animali selvatici, serpenti, insetti e pipistrelli, è quello che abbiamo visto nei filmati dei mercati cinesi, altro che laboratori virali! Sappiamo anche che da decenni la ricerca mondiale sta studiando lo “spillover”, come si chiama il salto virale da animale a uomo, un evento attesissimo. Dunque di che meravigliarci?

Questo è il tempo della sfida batteriologica, nuovo confronto tra nazioni, perché chi detiene i vaccini, le cure, le misure sanitarie sarà la nuova potenza. Per cui il Mes, o qualunque altro investimento, per la sanità e la ricerca è indispensabile. Come ha detto alle telecamere di Nicola Porro a Quarta Repubblica il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, Giuseppe Remuzzi: “Chi ha ospedali efficienti non deve temere i blocchi. La libertà si coniuga con una sanità all’altezza”. Fa bene Guido Bertolaso, che di Protezione civile se ne intende, a insistere su ospedali adeguati anziché sugli smantellamenti. La politica italiana è in forte ritardo. Le opposizioni, come Trump, credono che demonizzando la maggioranza e il presidente del Consiglio possano resuscitare lo schema del Novecento, ma è tardi. Occorre cambiare metodo, impostazione e azione. Occorre creare una nuova società e una nuova architettura sociale, nulla sarà più come prima. Già in questi primi giorni della Fase 2 ci accorgiamo che autobus, treni, metro, aerei, non sono più adeguati. E lo stesso vale per strade, piazze, bar, ristoranti, abitazioni, d’altro canto ci cadevano i ponti! Tutto andrà ripensato e trasformato e con essa la produzione. La fame e la povertà si combattono non solo con prestiti e bonus, ma cambiando modelli e impiego di forza lavoro. Non è la crisi se lo vogliamo, ma una nuova era.

Siamo alla vigilia del più grande assestamento umano terrestre. Per ora siamo nell’Arca dell’Apocalisse, assai annunciata, di fatti l’evento riguarda anche lo spirito, la religione e il culto. Nulla sarà più come prima dopo quelle liturgie solitarie anche per il Papa e le chiese. Non sono i decreti di palazzo Chigi che possono riaprire la vita com’era. Siamo noi che dobbiamo reiventare la vita. Ha ragione su Repubblica Ezio Mauro quando raccomanda di collegare la Fase 2 al senso di responsabilità. Siamo passati dalla proibizione al senso di responsabilità, come si vede nelle strade dove uomini attenti si muovono con la prudenza necessaria senza neppure il bisogno delle forze dell’ordine. E siamo di fronte al consumo di una nuova libertà, che finisce a due metri da dove inizia quella del mio prossimo. Una sfida di cose antiche per uomini nuovi.

Aggiornato il 05 maggio 2020 alle ore 11:40