Spese Sogin, la pagliuzza e la trave

Le spese affrontate dall’azienda per le piacevoli trasferte nella terra dello champagne e del flamenco.

Uno dei quesiti esistenziali più difficili è l’eterno dilemma evangelico se occuparsi della pagliuzza nell’occhio altrui o della trave nel proprio, ma questo presupporrebbe una onesta analisi preliminare per rispondere alla domanda: qual è la pagliuzza e qual è la trave? È il quesito che ci si pone quando si riguardano gli appunti emersi dalla vicenda Sogin che riguarda l’ex presidente Giuseppe Zollino e l’attuale direttore delle relazioni Esterne Federico Colosi. , siamo andati a guardare quella che sembrava essere “la trave” di circa 3,2 milioni di euro, ma forse 4,1, è lecito attendersi chiarimenti dall’azienda, dopo l’interrogazione parlamentare del senatore Francesco Battistoni e la notizia circolata tra l’opinione pubblica, ma l’analogia forse ci veniva dal peso degli oggetti indicati dalla parabola, senza contare che talvolta sono anche le piccole cose, grandi quanto un granello di sabbia, che possono fermare un ingranaggio fino alla sua rottura.

La pagliuzza nell’occhio, che gratta fastidiosamente, arrossisce, infiamma e impedisce di vedere bene, è data forse da quel senso di opacità e di interesse che si ha la sensazione di ravvisare quando si ragiona su quelle informazioni. Ad esempio, perché chiedere all’azienda di rimborsare sotto la forma di affitto di foresteria un appartamento già contrattualizzato dal presidente per affari propri, già mesi prima la propria nomina? È una pagliuzza questa? Forse, ma è uno di quei privilegi che ai normali mortali non è concesso, come non a tutti sono concessi benefit come l’auto aziendale, l’autista, una segretaria personale, viaggi spesati, eccetera. Già fatti come questi sono particolarmente orticanti, soprattutto se commisurati a ciò che stiamo vivendo attualmente in tempo di Coronavirus e a quello che molti cittadini vivranno dopo, durante la fase che sarà forse di ripresa, ma che per molti sarà di fallimento, di chiusura delle attività.

E se questa fosse la pagliuzza, come dovrebbe considerare il resto il comune mortale? Quei circa 3,2 milioni di euro, ma forse 4,1, da cosa sono composti? Ovviamente si possono solo formulare delle ipotesi e poiché spesso si è privi di fantasia, si deve rivolgere lo sguardo verso punti sicuri, riferimenti che già hanno dato prova di essere chiari e attendibili, oltre che redatti bene. Dopo i bilanci di esercizio è quindi il turno dei bilanci di sostenibilità della Sogin. Fermo restando che si tratta solo di ipotesi di lavoro, per quanto non dispiaccia comunque essere in qualche modo d’aiuto a chi, se le istituzioni hanno ancora ragione di esistere, senza per questo porre in discussione la serietà dell’attuale amministrazione aziendale, si occuperà di fare luce con ben altri strumenti su questa vicenda, è infatti curioso che si è trovato nei bilanci di sostenibilità qualche interessante riferimento, anche se a dir il vero, lì per lì è stato necessario ricorrere spesso alla copertina, nel dubbio che si trattasse di un catalogo da tour operator.

Spiccano infatti nel catalogo, pardon, nel Bilancio di Sostenibilità – le “visite” (plurale, ripetuto più volte) al deposito spagnolo dei rifiuti radioattivi di “El Cabril” a cento chilometri a nord-est di Siviglia in Andalusia e a quello francese dell’Aube dove sorge, al centro di un bosco circondato dalla splendida campagna nella regione dello Champagne-Ardenne, un altro deposito nucleare. Usando un po’ di fantasia, accennata dapprima, appare facile immaginare un’allegra delegazione che parte alla vetta delle sopra citate destinazioni, magari con soggiorni presso costosi alberghi, con a capo un presidente (forse non sempre presente a tali iniziative) e un direttore delle Relazioni Esterne, quest’ultimo nei perfetti panni di una sorta di guida turistica, accompagnato da una non sempre “celata” numerosa delegazione di persone, solo una quindicina o ventina, alle quali viene posto lo stesso riguardo che si pone quando viene a trovarci un parente e gli si fa vedere casa. Si sa, d’altronde noi italiani abbiamo un gran cuore, trattiamo tutti come se fossimo in una grande famiglia, dove perfino dei cugini acquisiti trovano uno spazio tutto loro.

Messa da parte la fantasia, anche se molte volte questa è superata dalla realtà, si nota alla voce del capitolo 5.3 “Stakeholder Engagement” una graziosa tabella che indica accanto a ciascun “stakeholder” (come da definizione dizionario Tre Cani: soggetti, individui od organizzazioni, attivamente coinvolti in un’iniziativa economica, progetto, azienda, il cui interesse è negativamente o positivamente influenzato dal risultato dell’esecuzione, o dall’andamento, dell’iniziativa e la cui azione o reazione a sua volta influenza le fasi o il completamento di un progetto o il destino di un’organizzazione), le principali attività poste in essere dalla Sogin negli anni 2014 – 2015, e oltre ad un numero imprecisato di convegni, seminari, incontri e quant’altro, spiccano un altrettanto imprecisato numero di viaggi presso le centrali ex Enel, decomissioning curato da Sogin, e poi le visite citate in Francia e Spagna. Si vedono quelli che sembra siano stati i fruitori di tali iniziative: “Associazioni di rappresentanza dei consumatori”, altri catalogati come “Opinion leader e opinione pubblica nazionale”.

Insomma, un bel giro che nemmeno un’agenzia viaggi può vantare. Sarebbe doveroso far luce anche su questi aspetti, capire nel dettaglio quanto si sia speso per queste attività, se siano state davvero utili alla causa per la quale sono nate, sperando che si sia trattato davvero della promozione delle attività Sogin, per quanto, come già rilevato, presumibilmente ancora non autorizzate dal Mise, e non della promozione dei soggetti che le hanno promosse, approvate, organizzate ed eseguite. Non ci si riferisce, ovviamente, al personale con mansioni esecutive, ma ai decisori. Si, ma chi sono i decisori? È questo che ancora non si è capito. E senza un chiarimento sicuramente chiesto dai ministeri competenti, difficilmente si capirà. Ha deciso il presidente in totale autonomia di budget e di firma? Ha coinvolto l’amministratore delegato? Oppure il Consiglio di amministrazione? E in che modo? Quale è stato il ruolo del direttore delle Relazioni Esterne? È pur sempre bene e doveroso precisare che nulla c’entra con questa vicenda l’attuale Consiglio d’amministrazione, sono solo domande lecite e le risposte da parte dell’azienda sono a dir poco doverose, visto che non si tratta di un’azienda privata, ma sono soldi degli italiani.

E se le cose stanno così, occorre individuare i responsabili e chiedere loro conto delle loro azioni. A meno che non si affermi il principio che chi è investito di una funzione pubblica, anche se presso un’azienda controllata e non un ministero o un ufficio pubblico, possa brindare a champagne sulla testa degli italiani che pagano la bolletta. Inclusi quelli che fra poco saranno costretti a chiudere l’attività, anche perché, loro, la bolletta non riescono nemmeno più a pagarla.

 

Aggiornato il 30 aprile 2020 alle ore 11:13