Oms e Cina complici: le ragioni di Trump

Lo scorso 15 aprile fa il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha preso la drastica decisione di congelare, per due mesi, i finanziamenti americani all’Organizzazione mondiale della sanità ed è una decisione che ha un certo “peso” e con evidenti ricadute, dal momento che le sovvenzioni statunitensi costituiscono il 22 per cento del suo budget. Secondo il presidente Trump, la diffusione intercontinentale del Covid-19 non sarebbe stata adeguatamente contenuta, anzi, sarebbe stata colpevolmente “agevolata” da condotte negligenti e poco trasparenti dell’Oms e del suo direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ex ministro della sanità dell’Etiopia, stato satellite della Cina.

Ghebreyesus, biologo di fama mondiale, ha un trascorso di quarantennale militanza nel “Popolo delle tigri”, un partito marxista-leninista locale, ed è stato anche accusato, senza aver mai riportato condanne, di aver nascosto ben tre epidemie di colera quando era alla guida del competente ministero. La decisone di Donald Trump ha comportato la reazione, tra gli altri, anche dell’Unione europea che ha parlato di una “Mossa senza ragione”, ma la presa di posizione più dura è stata quella della Cina che ha “Invitato gli Stati Uniti ad adempiere agli obblighi”, annunciando, altresì, il contestuale aumento della propria quota di finanziamento e donando anche 30 milioni di dollari. Da quanto è dato capire, Donald Trump ha sostanzialmente accusato i vertici dell’Oms di incapacità e di gravi errori di sottovalutazione della portata epidemica del virus, nonché nell’insabbiamento di dati e di ritardi che, complessivamente, hanno contribuito ad una sua più penetrante diffusione anche negli altri continenti, in particolare, in Europa, in America ed in Africa.

Come è noto, gli Stati Uniti sono il paese che attualmente sta pagando il prezzo più alto nel mondo con oltre 50mila decessi, seguiti dall’Italia a quota 26mila. Inoltre, sempre secondo Trump, questa negligente gestione non sarebbe, per così dire, “casuale”, ma dipenderebbe da un’eccessiva contiguità dei vertici dell’Oms con la Cina e, quindi, si sarebbe tradotta in un tentativo di “avvantaggiare”, più o meno direttamente, il competitor cinese. La decisione di Donald Trump necessita di un approccio molto prudente perché, in questa fase, l’Oms è in prima linea contro il coronavirus ed un suo “indebolimento” potrebbe essere rischioso, tuttavia, da una sommaria analisi dei dati a disposizione, il temporaneo ritiro dal consesso internazionale da parte degli Stati Uniti non sembra una decisione del tutto immotivata.

Donald Trump è stato accusato di cercare a tutti i costi un nemico a su cui scaricare le proprie responsabilità, ma, in realtà, ne ha deprecato incapacità di gestione, ritardi e contiguità con la Cina. In effetti, già guardando semplicemente in casa nostra, la condotta dell’Oms non è esente da critiche perché, secondo il professor Andrea Grisanti, stretto collaboratore del presidente Luca Zaia, la regione Veneto si è positivamente distinta contro la diffusione del virus anche e soprattutto perché, nella fase iniziale dell’emergenza sanitaria, non ha seguito fino in fondo le direttive del ministro della Sanità, Roberto Speranza, che erano state attinte a piene mani dalle linee guida dell’Oms, di cui fa parte un suo strettissimo collaboratore, il dottor Walter Ricciardi. Secondo il dottor Grisanti, tra i primi a sostenerlo insistentemente – anche se Ricciardi, all’inizio, non lo prese troppo sul serio perché “Mancavano pubblicazioni scientifiche a sostegno delle sue tesi” – le linee guida governative erano troppo generiche, anzi, addirittura, erronee, perché limitavano l’obbligo del tampone solo ai sintomatici che avessero interagito con soggetti provenienti dalla Cina, senza monitorare gli asintomatici quali vettori di trasmissione del virus.

A conferma, la Lombardia che ha seguito alla lettera le indicazioni ministeriali si è trovata in forte difficoltà avendo proceduto, inizialmente, a tamponare solo i soggetti sintomatici con recenti interazioni cinesi. Quindi, l’errata disposizione dell’Oms ha influenzato negativamente le autorità sanitarie italiane ed ha sostanzialmente permesso al virus di girare indisturbato in questo paese per almeno 30 o forse anche 45 giorni prima che venisse scoperto il focolaio di Codogno il 21 febbraio. In altre parole, la “raccomandazione” dell’Oms ha permesso al virus di prenderci alle spalle perché gli ospedali erano stati allertati a monitorare prevalentemente i casi di soggetti sintomatici con pregresse e recenti interazioni cinesi, senza “guardarsi” più di tanto dagli asintomatici. Tuttavia, secondo uno studio del 16 marzo della rivista scientifica Science, gli asintomatici sono risultati essere, in Cina, la causa di infezione nell’80 per cento dei casi.

Quindi, se a prendere questo tipo di cantonate è proprio l’istituzione che ha l’alto compito di tendere al raggiungimento del massimo livello di salute della popolazione mondiale, cioè l’Oms, giocoforza, la decisione del presidente Trump di sospenderne i finanziamenti ha una sua giustificazione razionale, considerato che il grave errore di impostazione in cui è stato indotto anche il governo italiano si è tradotto in una “falsa partenza” per noi, ma anche per quei paesi che si sono attenuti alle medesime linee guida. Curiosamente, appena poche ore dopo la pubblicazione del rapporto Science, anche l’Oms ha cambiato posizione raccomandano i test agli asintomatici.

Anche analizzando le tempistiche della fase pandemica si rilevano elementi di riflessione sui presunti ritardi dell’Oms “denunciati” da Trump. In effetti, lo stato di “pandemia” è stato dichiarato soltanto l’11 marzo, cioè, in una fase in cui il virus aveva già raggiunto oltre 110 paesi, aveva mietuto decine di migliaia di morti in più continenti, stava facendo strage in Europa, soprattutto nel nostro paese, ed era in procinto di sbarcare anche nel continente americano. Ma anche lo step cronologicamente precedente, cioè, lo “stato di emergenza sanitaria globale” è stato dichiarato dall’Oms solo il 30 gennaio, dopo che il Covid-19 si era già diffuso in oltre 20 paesi ed aveva infettato quasi 10mila persone. Con riguardo alla presunta “vicinanza” del direttore dell’Oms con la Cina, è notorio che la Cina ha avuto un ruolo decisivo nella sua nomina avvenuta, nel 2017, nel quadro di un progressivo aumento di influenza cinese all’interno del continente africano, già saldamente in mano loro.

Inoltre, il 14 gennaio il direttore ha pensato bene di “avallare” su Twitter il report cinese secondo cui il coronavirus non era trasmissibile da persona a persona, dato clinico che, come noto, si è rivelato, da subito, del tutto infondato. Ciò è avvenuto anche il 24 febbraio quando gli ispettori dell’Oms hanno “avallato” il report clinico cinese che sostanzialmente escludeva gli asintomatici dalle fonti di trasmissione del virus, “ritenuti un fattore non trainante” e questa erronea conclusione, non adeguatamente vagliata, è confluita nelle linee guida internazionali dell’Oms che hanno fuorviato le risposte sanitarie nazionali. Curioso che, perfino in quella sede, l’agenzia abbia trovato il modo di elogiare Pechino, rappresentando che “la Cina ha messo in atto il più ambizioso sforzo di contenimento della storia”. Inoltre, lascia quantomeno perplessi che, nel momento in cui molti stati, tra cui il nostro, stavano prudentemente chiudendo le rotte aeree con la Cina, il direttore dell’Oms abbia invitato il mondo intero a non interrompere i rapporti commerciali con il paese asiatico, e ciò è avvenuto il 28 gennaio, cioè, quando a Wuhan c’erano già stati migliaia di decessi, erano già state messe in quarantena decine di milioni di persone ed il Governo aveva già chiuso, da settimane, lo spazio aereo “interno” in entrata ed in uscita dalla provincia dell’Hubei.

Ma anche ai primi di gennaio il direttore aveva avuto modo di elogiare la Cina per “la velocità e trasparenza con cui ha isolato il virus ed ha sequenziato il genoma”. Quindi, le accuse di Trump di negligenza e contiguità con la Cina non sembrano apparentemente così infondate, anche se occorre la massima prudenza perché la lotta al coronavirus è ancora in corso e l’Oms è un protagonista che, peraltro, ha appena raggiunto un importante accordo con l’Onu, con la Commissione europea e con la Francia per anticipare i tempi di produzione e di distribuzione del vaccino. Tuttavia, non è necessario avere l’esperienza decennale del pubblico ministero per rilevare alcune incongruenze che, se venissero confermate da accertamenti più approfonditi, imporrebbero all’Italia di seguire l’esempio degli Stati Uniti, in attesa di accertare eventuali responsabilità nei competenti consessi internazionali. In particolare, la Cina dovrà spiegare al mondo come mai i suoi reports clinici sugli asintomatici siano risultati così inattendibili e, alla stessa maniera, l’Oms dovrà spiegare come mai si è fidata, più volte e al buio, di report cinesi che hanno condizionato negativamente la risposta sanitaria internazionale.

Aggiornato il 27 aprile 2020 alle ore 14:19