Il Conte dei conti

Ennesima conferenza stampa del presidente Giuseppe Conte. Pensavamo di esserci ormai abituati all’appuntamento serale con un premier a guisa di “Signorina buonasera” che ci annuncia i programmi della sera contenuti nel palinsesto governativo. Ma questa volta qualcosa non torna, qualcosa stride creando un cortocircuito tra i nostri studi economici e i suoi proclami relativi a forze poderose messe in campo ammontanti a quattrocento miliardi di euro. I dubbi che ci attanagliano sono sostanzialmente due, ma saranno sicuramente attribuibili alla nostra scarsa comprensione delle dinamiche macroeconomiche ed econometriche. Forse sono passati troppi anni quindi non ricordiamo se allo studio magari preferivamo le colleghe più carine. Sarà sicuramente colpa nostra, ma comunque i conti non tornano. È come se avessimo un altezzoso rifiuto a farci spiegare l’economia da uno storico (il ministro Roberto Gualtieri), da un avvocato del Popolo (il presidente Conte) e da una filosofa (la ministra Lucia Azzolina). Ma veniamo al punto.

Il primo dubbio riguarda l’utilità della cosiddetta “liquidità poderosa”: immaginate un imprenditore con il capannone chiuso, gli operai a casa, i costi fissi che incombono, le spese che non si fermano, le scadenze che aleggiano. Cosa se ne fa della liquidità se il suo problema è quello di ricominciare a produrre e sperare che la domanda assorba la sua produzione? La sua preoccupazione è quella di riaprire trovando qualcuno che i suoi dannati prodotti se li compri. La liquidità è l’ultimo dei suoi problemi. Magari nel frattempo – per rimanere in vita – ha solo bisogno di qualcuno che gli abbuoni qualche incombenza e non di aumentare la sua massa debitoria con tutti i dubbi che nutre sulla sua effettiva futura capacità di restituzione.

Il secondo dubbio è il seguente: in cosa consisterebbe questo “poderoso sforzo” governativo? In sostanza il circuito finanziario fa credito e il Governo copre (nel senso che garantisce i debiti altrui). L’imprenditore è quindi l’unico che ci mette risorse sue (a debito) garantite dallo Stato. Di soldi freschi iniettati nell’economia non ce ne sono. L’imprenditore si indebita, lo Stato garantisce e lo stesso imprenditore restituisce. C’è qualcosa di sbagliato nel favorire il credito? I liberisti anglosassoni sarebbero contenti di questa scelta mentre i keynesiani obietterebbero che senza finanziamenti pubblici a pioggia non si va da nessuna parte.

Noi, più modestamente, pensiamo che un modello economico che non tenga conto delle variabili contingenti, basandosi solo su schemi teorici puramente ideologici sia fuffa mischiata con aria fritta. Tempus regit actum – dicono coloro che hanno studiato – e quindi non tutto ciò che è vero in condizioni normali lo è anche in condizioni di emergenza. Ma questa è solo una nostra modestissima opinione: il credito garantito sarà anche una buona cosa ma non chiamiamola “aiuto poderoso” di quattrocento miliardi. Altrimenti il cittadino comune pensa che lo Stato prenda quattrocento miliardi di soldi suoi e li inietti nel sistema Paese. Niente di più falso.

Poi l’illuminazione: vuoi vedere che c’è una furbata sotto? In sostanza, io Stato favorisco l’indebitamento dell’imprenditore perché l’imprenditore possa onorare le scadenze (in contanti e subito) onde poi restituire (l’imprenditore ovviamente e mica Pantalone) i soldi al prestatore. Non ne siamo sicuri ma pensiamo che Giuseppe Conte abbia compiuto qualcosa che assomiglia molto a una Manovra in autotutela. Legittimo, ma non chiamiamolo aiuto poderoso.

 

 

Aggiornato il 08 aprile 2020 alle ore 15:55