Ora Di Maio rischia anche la leadership M5s

Che lo schema sia cambiato, Luigi Di Maio lo ha capito per primo. Infatti, dopo l’investitura pubblica di Beppe Grillo, Giuseppe Conte è assurto al ruolo di dominus della nuova compagina governativa. Di più. In pratica, rappresenta il nuovo leader del Movimento cinque stelle a trazione antileghista. Sono questi i motivi della contrarietà di Di Maio al nuovo esecutivo. La sconfitta di Matteo Salvini, in realtà equivale ad una sconfessione del capo politico dell’universo pentastellato. Non per niente, Di Maio si affida alla piattaforma Rousseau come ultimo baluardo per scardinare il governo rossogiallo.

Infatti, nonostante la fine rovinosa del precedente esecutivo, il capo grillino ha usato toni duri per i nuovi alleati (“Il Paese non può aspettare il Pd”) e parole al miele per gli ex compagni di viaggio (“la Lega mi ha proposto la premiership, li ringrazio con sincerità”). Anche se le parole di Di Maio suonano paradossali, in realtà raccontano perfettamente il nervosismo che ha agitato il leader nelle ultime settimane.

È stato costretto dallo stato maggiore del movimento a sostenere Conte premier. Ha dovuto dire sì ad un’alleanza con l’odiato “partito di Bibbiano”. Ora assiste, impotente, al declino della sua stella. Ma l’ultimo colpo di coda è mantenere l’ufficio a Palazzo Chigi. In sostanza, non rinuncia a fare il vicepremier. In più, vuole per sé un ministero di peso come la Difesa. Il Pd chiede un vicepremier unico, ma Conte lavora ad azzerare qualsiasi vice. Ormai ha preso coraggio e non tollera più balie che gli dettino i tempi, i temi e i modi.

Un fatto è evidente. L’ultimo intervento del fondatore del M5s si legge in maniera univoca: un passo indietro di Di Maio. Non a caso, il comico ha suggerito la via dei ministri tecnici. E questo costituisce un duro colpo per i pentastellati che, a differenza del Pd, non tollerano professori di area.

Aggiornato il 29 agosto 2019 alle ore 14:56