Roma non ti Ama

L’Ama odia Roma? Sono solo sue le colpe che ci mettono alla berlina nelle prime pagine dei più grandi quotidiani internazionali (l’altro ieri il New York Times e ieri a pag. 2 il Financial Times con il suo: “Sack of Rome - City sinks under load of rubbish”. “Sacco di Roma: la città affonda sotto il peso della spazzatura”)?

Poiché in troppi osservano il dito e si dimenticano la Luna Nera che questo ci indica, io preferisco attenermi alla constatazione di una secolare, irreversibile crisi di sistema del servizio pubblico sia a tariffazione individuale (gas, luce, telefono, trasporto locale, etc.), sia di quello garantito dalle prestazioni del welfare-state tra cui scuola e sanità, le cui spese generali sono coperte attraverso il prelievo fiscale. Per formulare una mia ipotesi di soluzione generale (attraverso un modello funzionale, cioè, valido in tutto l’Occidente) osservo che in Africa e in Kenya in particolare (specifico: K-e-n-y-a) sta avvenendo da tempo un cambiamento epocale nella intermediazione dei servizi finanziari e bancari che si sintetizza in una sorta di salto quantistico per cui attraverso le App degli smartphone si intermediano tutti i tipi di pagamento e i servizi a tariffazione che, per centinaia di anni qui da noi, sono stati supportati da ordinarie attività bancarie e dai versamenti di conto corrente dei privati finalizzati al pagamento delle bollette per i servizi a tariffazione individuale.

Bene: in Kenya l’erogazione di energia elettrica è controllata da evoluti contatori digitali “ricaricabili” dall’utente attraverso l’utilizzo di smart card quando la fornitura relativa si sta per esaurire. Immaginate tutto questo realizzato qui da noi quali enormi risparmi potrebbe comportare! Da molto tempo, la soluzione drastica che propongo per rimediare agli immensi extra-costi delle gestioni centralizzate (statali e regionali) di pubblici servizi fondamentali è semplicissimo e si sintetizza nel motto “Fuori la Pubblica amministrazione da tutte le gestioni dirette”.

I servizi pubblici del Terzo Millennio, a mio avviso, dovrebbero disfarsi in toto del modello paternalistico ottocentesco e puntare, attraverso le nuove tecnologie e il digitale, a un risultato semplicissimo: fare in modo che sia il cittadino-utente a pagarsi direttamente e a costi (ragionevolmente calmierati) di mercato, attraverso la semplice redistribuzione del prelievo fiscale a famiglie e singoli cittadini, ciò che oggi gli viene offerto nella massima inefficienza, spreco e corruzione come servizio pubblico. Parto dall’esempio eclatante della formazione superiore e universitaria. In violazione sostanziale della Costituzione, oggi la qualità scadente del servizio pubblico privilegia il ceto e il censo, dato che solo i più abbienti possono inviare i propri figli in istituti elitari di formazione all’Italia e all’estero.

Galli della Loggia nel suo recente saggio “L’aula vuota” segnala come la decadenza della scuola pubblica sia dovuta alla demotivazione degli insegnanti e alla loro scarsa o nulla formazione continua, aggravata dall’inesistenza dell’accertamento del merito a fronte della prestazione offerta; all’assedio dell’assemblearismo e della impossibile co-gestione di famiglie e alunni sulle questioni di profitto; alla dittatura del sindacalismo e del politicamente corretto e, soprattutto, ai programmi demenziali varati dal ministero competente intrisi di pedagogia e di ossessione alla “educazione”, a totale discapito della “istruzione”. Tra l’altro: quali sono oggi i meccanismi virtuosi per mettere in concorrenza leale pubblico e privato? Come si rivoluziona il tutto?

Ad esempio assimilando gli insegnanti pubblici a liberi professionisti che, dopo aver conseguito un titolo abilitativo selettivo e qualificato per l’esercizio di funzioni pubbliche (solo costoro, cioè, possono apporre la “bollinatura” dello Stato agli atti amministrativi di competenza!), si consociano in studi di professionisti autogestiti, ai quali lo Stato concede in comodato d’uso gratuito tutte le strutture fisiche in cui si svolge l’attuale formazione scolastica superiore. Un Fondo nazionale ad hoc sostenuto dalla fiscalità generale finanzia poi con il credito agevolato il funzionamento delle strutture e anticipa le somme sui profitti annuali attesi. Dopo di che, basta distribuire a famiglie e cittadini un “bonus” per studente calibrato al reddito Isee, per avere un libero “mercato” della formazione pubblica perfettamente funzionante.

Aggiornato il 11 luglio 2019 alle ore 11:43