Di Maio, l’accordo con la Cina va fatto. Lega prudente

Un inchino politico a Pechino”. Non si fermano le polemiche dopo l’annuncio del premier Giuseppe Conte sulla volontà dell’Italia di aderire all’accordo con la Cina sulla Via della Seta.

All’indomani del duro monito degli Stati Uniti e a pochi giorni dalle perplessità espresse da Bruxelles per la fuga in avanti di uno Stato fondatore, ad attaccare è l’opposizione, che chiede l’intervento di Conte in Parlamento contro un rischio di ‘colonizzazione’ da parte di Pechino. E si domanda perché dire di no all’Europa sulla Tav e spalancare invece le porte al colosso asiatico, la cui spregiudicatezza sul fronte economico e commerciale - questo il timore - rischia di abbassare gli standard occidentali. Per la verità anche all’interno del governo le posizioni, ancora una volta, non sono esattamente allineate. Se Conte e Di Maio hanno sdoganato il progetto, assicurando che non ha nulla di “politico”, il leader della Lega Matteo Salvini, sensibile alle preoccupazioni Usa, si è mostrato più prudente.

E con lui il sottosegretario leghista Guglielmo Picchi, che non vuole esprimersi prima di aver “letto il memorandum”. “Se stiamo guardando alla Via della Seta - ha assicurato Di Maio - non è per fare accordi politici con la Cina, è solo per aiutare le nostre aziende a portare il made in Italy, il nostro know-how in un mercato che ce lo chiede”. La “tutela dell’interesse nazionale” è la preoccupazione di Salvini, “soprattutto quando si parla di telecomunicazioni e dati sensibili, perché mettere i dati e le informazioni di milioni di italiani in mano ad altri è una cosa molto delicata”, ha detto il vicepremier. Sì perché la partita con la Cina in realtà si gioca su due piani: il memorandum sulla Via della Seta, ma anche, ancor più delicato, l’interesse di Huawei sulla nuova tecnologia per le reti di comunicazione mobile 5G, visto dagli Usa come la strada di accesso di Pechino a tutti i dati sensibili, in un Paese in cui anche le imprese più importanti devono rendere conto al governo. Ipotesi che preoccupa anche l’Italia, tanto che il Copasir sta svolgendo un’indagine conoscitiva sugli eventuali rischi legati ad una possibile gestione del 5G da parte di Huawei e, in vista di una decisione del Governo sul tema, ha convocato anche Conte per martedì.

Contro la politica del governo si sono schierate compatte le opposizioni. Forza Italia - Maurizio Gasparri, Renato Polverini e Franco Dal Mas - ha chiesto che Conte riferisca “con urgenza” in Parlamento. “Confrontarsi con la Cina è inevitabile - ha detto Gasparri - arrendersi alla sua egemonia è da irresponsabili”. Mentre per il Pd Ivan Scalfarotto accettare l’accordo “è praticamente soltanto un inchino politico” a Pechino.

“Non ci bastavano gli scontri nel governo su Tav, autonomia regionale, infrastrutture, Venezuela e via discorrendo - ha chiosato Enrico Borghi -. Ora sulla delicata questione della Via della Seta l’esecutivo si spacca tra tifosi di Trump e filocinesi”. Quel che è certo è che a fine mese il presidente cinese Xi Jinping arriverà in Italia e, come ha annunciato Conte, quella sarà l’occasione per firmare l’accordo.

Aggiornato il 11 marzo 2019 alle ore 12:13