La squadra di Nicola Zingaretti è quasi pronta. Il presidente del Pd dovrebbe essere l’ex premier Paolo Gentiloni. Il tesoriere, come già annunciato, sarà il franceschiniano Luigi Zanda. Il responsabile economico sarà il bersaniano Antonio Misiani, vicino ad Andrea Orlando. La vicesegreteria dovrebbe essere appannaggio di due donne. Ma, al momento, in lizza sarebbero in tre: la piacentina Paola De Micheli, organizzatrice di “Piazza Grande”, la prodiana Marina Sereni e la modenese Stefania Gasparini. Ma risolto il nodo legato alla segreteria, il nuovo leader democratico dovrà conquistare i cuori dei parlamentari nominati ed eletti ad immagine e somiglianza dell’ex capo indiscusso, Matteo Renzi. Non a caso, su 164 parlamentari eletti, ben 103 sono renziani ortodossi.

In pratica, 34 senatori e circa 69 deputati fanno diretto riferimento all’ex premier di Rignano sull’Arno. Ma un fatto è certo: dopo la schiacciante vittoria alle primarie di Zingaretti, Renzi avrebbe accantonato l’idea di una “corposa” scissione. Di più. Molti commentatori sostengono che nelle prossime ore assisteremo ad una mutazione genetica: numerosi renziani si trasformeranno in zingarettiani. Nel frattempo, si gioca un’altra partita. Quella legata all’Assemblea nazionale del partito. Su mille delegati, circa 650 sono fedelissimi di Zingaretti, 250 appartengono alla mozione Martina e 100 a quella di Giachetti. L’ex tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, in un’intervista al Corriere della Sera ha usato un’immagine inequivocabile per definire lo stato di salute del renzismo: “Speriamo non torni la Ditta o riperderemo. E ora? Staremo zitti e buoni per almeno sei mesi”.

Aggiornato il 30 maggio 2019 alle ore 18:03