Il centrodestra prenda spunto dai Comuni

Governo a parte, la confusione è grande, nella testa di molti, troppi. Basti pensare a un Movimento, quello dei 5 Stelle, nato per cavalcare l’antipolitica e che adesso si presenta come vessillifero di governi politici.

Oggi più che mai, per dare almeno certezza a cittadini confusi, bisogna conservare o riconquistare l’unità del centrodestra. Conservare o riacquistare a seconda che si giudichi la situazione sotto questo profilo. Lo stesso Matteo Salvini, il quale si pone con tutta evidenza in una questione di leadership, dovrebbe rendersi conto che l’unico contesto in cui il problema si può porre per lui, come per altri dell’area, è il centrodestra, fuori dal quale si tratterebbe di discutere solo una condizione di comprimario. D’altra parte, a giugno si va a votare in molti Comuni, che sono l’unico livello di partecipazione veramente sentito nella Nazione dei campanili, dall’Italia preromana a quella di Giovannino Guareschi fino a noi. Lì il centrodestra si presenta in molti casi unito. Infatti, giochi e liste si chiusero molto prima di qualunque contrattazione giallo-verde. Bisogna ricominciare da lì, dall’esempio dei Comuni, come si fa sempre in Italia dopo la calata dei barbari, longobardi più degli altri.

Si potrebbe parlare di molte di queste situazioni locali, sparse lungo lo stivale, ma per mettere a fuoco meglio la situazione, esaminate varie alternative, ne ho scelta una: Villafranca di Verona. Un poco, lo confesso, gioca nella scelta l’etimologia: significa Libera Cittadina di campagna; un poco l’architettura, in quanto vi campeggiano dei merli ghibellini, come in tutta la zona scaligera e altre nella terraferma veneta, e lo scrivente non ha di certo simpatie storiche guelfe. Lì il centrodestra si presenta unito in coalizione. Non solo. Nell’area della destra è sempre forte il sentimento nazionale, che adesso prende spesso coloriture decisamente identitarie, in opposizione al globalismo imperante. Tanto più nel Veneto, fatalmente orgoglioso di essere stato unificato, dopo un aspro confronto col medievale primo Impero tedesco, dalla Serenissima, l’unico stato nazionale italiano con una sovranità ininterrotta dal crollo dell’Impero Romano in Occidente al 1797, cioè agli albori del Risorgimento cui prese parte, anche in nome di quel ricordo, come poche regioni italiane; fino ad una partecipazione massiccia di popolo alla Prima guerra mondiale.

In genere, da parte della sinistra, questo sentimento nazionale della destra viene spesso dipinto come chiusura al resto del mondo, sogno di un anacronistico isolamento in un globo terraqueo ormai interconnesso. Tra i partiti della coalizione di centrodestra Fratelli d’Italia viene preso di mira in modo particolare, come affetto da una peculiare nostalgia delle frontiere chiuse alle Alpi e dal Mediterraneo, invece storicamente luogo di scambi, proprio come Venezia seppe benissimo.

Al contrario di questa caricatura trovo, fra le biografie dei candidati a Villafranca di Verona, ormai i “santini” elettorali si mettono anche sui social, quella di Renato Caputo, un buon giurista internazionalista, esperto in Diritto dei conflitti armati e criminologo, coinvolto più volte in attività di pacificazione e ricostruzione post-conflittuale in numerose aree del mondo, dall’Albania all’Eritrea, dal Kosovo all’Iraq, ed in operazioni di soccorse realizzate in Italia a seguito di calamità naturali. Oggi è vicepresidente del Consorzio Universitario Studiorum per gli Studi Superiori e le Ricerche applicate, che raggruppa vari Atenei di tutto il mondo per promuovere la collaborazione scientifica e didattica tra i livelli locale, nazionale, europeo ed internazionale. È stato candidato dalla coalizione di centrodestra, lista Fratelli d’Italia, proprio in quanto a Villafranca di Verona il centrodestra unito, e il partito più identitario della coalizione, ritengono di potersi giovare, eventualmente, di una competenza internazionale per studiare e realizzare delle sinergie europee e internazionali utili all’amministrazione locale.

Questa miscela, a tutti i livelli, è il centrodestra di cui l’Italia avrebbe bisogno: identità nazionale e alto profilo in Europa e nel Mondo, per una Nazione che possiede l’80 per cento del patrimonio culturale mondiale, è al centro del Mediterraneo che un tempo chiamò Mare Nostrum, integrata in un’Europa che dall’Italia ha tratto la sua civiltà, fino al Rinascimento e al Risorgimento, e in un Occidente che le deve altrettanto. Pochi sanno, ad esempio, che l’Italiano e Veneto Lorenzo Da Ponte fu il librettista di Mozart e quello che ebbe la prima cattedra di cultura e lingua italiana all’allora Columbia College, che sarebbe divenuta la celebre Università di New York.

Insomma, un centrodestra che operi una sintesi fra conservatori, nazional-liberali e liberaldemocratici, destra nazionale e sociale, identitario ma europeista e atlantista, senza cedimenti all’americanismo amburghettaro, così come al terzomondismo neogesuitico, secondo le sue migliori tradizioni. Bisogna ricostruire, cementare di nuovo la coalizione, darsi tutti da fare. Poi incrociare le dita.

Aggiornato il 31 maggio 2018 alle ore 16:49