Maltrattiamo i Trattati

Come si costruisce una nuova Unione europea? C’è qualcosa di originale nella scontata retorica unionista di Sergio Mattarella, Emmanuel Macron e Angela Merkel? Per dire: si pensa a un inedito disegno alla Robert Schuman per il futuro dell’Unione che liberi le immense energie positive che ancora oggi esistono sul Vecchio Continente? Forse, l’unico luogo di recupero di quell’idea rivoluzionaria di “Mai più guerre tra di noi!” è di ridurre la siderale differenza che esiste tra i due termini oggi a confronto (che hanno, cioè, sostituito le antiche antinomie di destra-sinistra) tra “popolare” e “populista”, rafforzando notevolmente il primo. Oggi, infatti, la crisi è tra élite e popolo. Vediamo un esempio tutto italiano. Tranne la Lega, il così detto “Arco costituzionale” di Monti varò nel 2012, in soli sei mesi e a maggioranza qualificata dei due terzi in entrambi i passaggi alle Camere, una pesante riforma costituzionale per introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione, sottraendo così ai cittadini italiani la possibilità di dire l’ultima parola sul Trattato del Fiscal compact che crea vincoli insuperabili al bilancio pubblico nazionale.

Ma la stessa cosa riguarda Dublino e la Convenzione sui rifugiati. Chi, tranne gli esperti, si è accorto di quanto siano oggi obsolete e pericolose le aperture all’invasione indiscriminata a beneficio di chi, pur non correndo nessun rischio reale di persecuzione, usi la Convenzione come un grimaldello per chiedere il diritto d’asilo, in modo da profittare della prima accoglienza di Paesi frontiera in crisi come l’Italia e la Grecia? Del resto, la tutela dei confini comunitari di terra e di mare ai fini del contrasto all’immigrazione clandestina è la più importante delle questioni irrisolte europee. In tal senso, urge un diritto d’asilo comunitario da subito operativo dotato di strutture comuni per l’analisi centralizzata delle domande e per l’equa ripartizione dei soccorsi in mare, con corridoi umanitari che veicolino le persone assistite all’interno della Ue nei diversi porti e stazioni di accesso via terra. E, a proposito di “Popolo”: quando mai quello vero se interrogato avrebbe avallato la follia del Trattato di Dublino?

Quindi, un serio rimedio è di rendere i referendum approvativi obbligatori nei singoli Paesi membri sottoscrittori, per l’approvazione/modifica dei Trattati, suddivisi preferibilmente per sezioni autonome (da votare Y/N separatamente nei quesiti referendari) dei principi in essi contenuti. Nel caso di bocciatura parziale da parte dell’elettorato di uno o più Paesi sottoscrittori si possono in alternativa costruire clausole “opt-out” per le parti rigettate dagli elettorati nazionali, ovvero costituire un sistema ad anelli concentrici in cui gli elementi più esterni siano caratterizzati da minori vincoli rispetto a quelli del nucleo centrale maggiormente coeso e omogeneo.

Altra grandissima rivoluzione: la Commissione deve essere composta da commissari politici (con incarichi a rotazione ogni cinque anni!) e da capi dipartimento di loro scelta. Per questi ultimi, vanno costruiti meccanismi premiali che ne consentano l’immediata sostituzione, da parte del commissario politico competente, in caso di risultati insufficienti, mentre la scelta dei primi è fatta dai rispettivi parlamenti nazionali in seduta plenaria e a maggioranza qualificata. I commissari partecipano di diritto al Consiglio dei ministri del proprio Paese qualora siano all’ordine del giorno materie d’interesse dell’Unione, quali decisioni, progetti di legge di adeguamento o di recepimento di direttive/regolamenti comunitari. E questa rivoluzione, a mio avviso, sancirebbe la fine della dittatura dell’euroburocrazia.

Aggiornato il 14 maggio 2018 alle ore 12:35