Pd spaccato sul governo M5S-Lega

Il Pd spaccato assiste inerme alle consultazioni. Ma all’ala attendista si evidenzia un’alternativa di minoranza con a capo Dario Franceschini. Si respira aria di tensione al Nazareno per la riunione dei gruppi parlamentari, la prima plenaria da quando sono state avviate le consultazioni al Quirinale, in attesa dell’appuntamento del 21 aprile, quando è stata convocata l’Assemblea nazionale del partito democratico.

E se quello sarà il momento in cui i nodi verranno al pettine, l’appuntamento di ieri si è rivelato una rissa tra quanti vorrebbero un’apertura verso il Movimento 5 Stelle e chi, renziani in testa, insiste sulla linea ferma al no grazie davanti alla proposta del leader M5S, Luigi Di Maio, di sotterrare l’ascia di guerra per dare al più presto un governo al Paese.

La star è Franceschini. Il mattatore. Quello che per qualche istante non le manda a dire. “Dobbiamo evitare un governo M5S-Lega per il bene del Paese. Basta assistere. Prepariamoci a una seconda fase”, afferma. Quando ormai sembrava che il gioco dei veti incrociati dei partiti condannasse il Parlamento allo stallo generale, un segnale è arrivato.

Franceschini, esponente della minoranza, prende la parola e si espone contro la linea dell’opposizione a qualsiasi costo. Che cosa significhi nel concreto è difficile da dire: “Non sto proponendo un governo con M5S”, dice. Ma piuttosto “dobbiamo condizionare il Movimento perché diventi una forza riformista”. Lo seguono il deputato Francesco Boccia e pure il collega Andrea Orlando. Ovvero i nomi della minoranza che da giorni hanno espresso i loro malumori contro l’arroccamento renziano.

Addirittura Franceschini attacca il capogruppo Andrea Marcucci al Senato: “Andrea, scappano i tweet, ma quel tweet non doveva scappare: non vedo l’ora che facciano un governo M5s-Lega? Non conosco nella storia mondiale un partito che si auguri che facciano un governo i suoi avversari perché così pensa di guadagnare qualche voto”. È un segnale di rottura interno molto significativo, ma per ora vuol dire poco a livello di schemi politici generali. Anche perché la linea ufficiale, quella del segretario Maurizio Martina in primis, non sembra essere scalfita.

“Non possiamo non stare all’opposizione”, afferma il presidente dem, Matteo Orfini. Ma anche il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio chiude alla proposta di Di Maio. L’assemblea si chiude senza un voto con Martina che, facendo una sintesi, conferma il niet al M5S. Almeno fino all’incontro con Mattarella. Tutto resta bloccato. Mozione rinviata a data da destinarsi.

Aggiornato il 11 aprile 2018 alle ore 13:49