Silvio Berlusconi ha convocato un vertice ad Arcore. Alla riunione dovrebbero partecipare tutti i massimi dirigenti del suo partito per fare il punto della situazione sulle elezioni regionali nel Lazio e cercare un candidato unico. Il federatore della coalizione sul quale potrebbe arrivare il semaforo verde parrebbe Stefano Parisi, il leader di “Energie per l’Italia” che si è proposto invano come quinta gamba del centrodestra restando per il momento fuori dal rassemblement berlusconiano. Il nome l’avrebbe tirato fuori dal cilindro Ignazio La Russa e avrebbe raccolto subito un cauto, unanime consenso.
Stefano Parisi, oltre che gradito a Berlusconi che lo ha lanciato nell’agone politico, è un nome che trova le simpatie anche di Matteo Salvini e consentirebbe contemporaneamente a Giorgia Meloni di evitare una sconfitta (stando ai sondaggi) a Fabio Rampelli, il candidato di bandiera di Fratelli d’Italia su cui c’è stato anche il veto della Lega. La candidatura di Parisi – sulla cui competenza nessuno può eccepire alcunché – non risolve però il problema principale ovvero la resistenza di Sergio Pirozzi a ritirarsi dalla corsa alla presidenza della Regione Lazio. Sembra che sul Lazio il centrodestra giochi in difesa, sembra che abbia rinunciato a vincere e che stia cercando il miglior nome da sacrificare per non perdere troppo, per limitare i danni.
Il centrodestra nel Lazio assomiglia a una squadra di calcio che, nonostante perda due a zero, si ostina a rinviare lungo provando a non prendere il terzo ma non certo a rimontare. L’atteggiamento di chi vuole fortemente la remuntada è quello di una falange che si compatta provando ad attaccare e non certo a calciare via la palla come viene. Lasciare fuori dal gioco l’ala destra Pirozzi significa giocarsela in dieci contro undici sperando nel miracolo, affidandosi al caso, cercando la giocata individuale che finalizzi rocambolescamente in extremis. Il problema non sta quindi nel nome: Parisi o Gasparri o Rampelli pari sono se Pirozzi corre da solo drenando voti.
Recuperare “Lo Scarpone” è l’unica buona battaglia anche in vista dell’election day perché “l’effetto Pirozzi” potrebbe tradursi in un pessimo risultato anche alle politiche (che si svolgeranno in contemporanea con le Regionali) facendo tramontare nel Lazio – per pochi seggi – le residue speranze di una vittoria nazionale veramente a portata di mano. Sarebbe come perdere il campionato all’ultima giornata per uno sciocco problema di spogliatoio.
Aggiornato il 24 gennaio 2018 alle ore 08:05