Si dice che in politica nulla avvenga per caso. Una circostanza solo apparentemente fortuita lo certificherebbe. Prima il presidente francese Emmanuel Macron fa sapere agli italiani quanto sia stato bravo e affidabile il nostro premier Paolo Gentiloni, tanto che defenestrarlo sarebbe un pessimo affare. Poi, questa settimana, due esponenti della politica transalpina si sono espressi sul prossimo voto in Italia. Parliamo di Marine Le Pen, leader del Front National e del socialista Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici e monetari della Commissione europea. Sorprendentemente, i due personaggi benché antitetici dal punto di vista ideologico, riguardo alla situazione italiana sono giunti alla medesima conclusione: l’una auspicandola, l’altro stigmatizzandola. Marine Le Pen, in un’intervista pubblicata lo scorso 15 gennaio dal Corriere della Sera, ha fatto sapere che Matteo Salvini starebbe lavorando a un progetto di convergenza delle forze euroscettiche italiane al quale lei guarderebbe con grande favore. Tradotto, significa che madame Le Pen sarebbe al corrente della preparazione di un inciucio tra la Lega e il Movimento Cinque Stelle per dare al Paese, dopo il 4 marzo, il primo governo anti-Bruxelles della storia dell’Unione. Sarà vero?
A ruota, il commissario Moscovici nella conferenza stampa di inizio anno, a proposito della prossima scadenza elettorale italiana, evoca la preoccupazione dell’establishment europeo per un “rischio politico” nel caso di affermazione di forze anti-Ue, accomunando sotto questa bandiera Lega e Cinque Stelle. Chi, finora, ha seguito l’evolversi del confronto elettorale in Italia ha ascoltato dalla viva voce degli interessati che tra Lega e Cinque Stelle non può esservi alcuna intesa. Anzi, se possibile, è guerra aperta visto che entrambi i movimenti pescano consensi nello stesso serbatoio elettorale degli scontenti e dei colpiti dalla crisi. Eppure, per gli attenti protagonisti della scena europea Matteo Salvini e Luigi Di Maio farebbero teatro per dissimulare le loro reali intenzioni: a urne chiuse fare coppia per prendersi l’Italia. Posto che tutte le ricostruzioni sono lecite, anche le più fantasiose, la domanda che incalza è: perché tre francesi di opposti fronti si preoccupano di escludere per l’Italia l’opzione centrodestra? La risposta è complessa. Quando si tratta di Europa bisogna ragionare tenendo in considerazione gli interessi nazionali dei singoli Stati membri prima ancora delle appartenenze ideali dei politici che ne calcano la scena.
Emmanuel Macron, Marine Le Pen e Pierre Moscovici, sebbene diversi in tutto, su una cosa si ritrovano: sono francesi. Ciò significa che una soluzione di governo in Italia che dia più forza alle istanze del nostro Paese nell’ambito dell’Unione, da Nanterre a Parigi non è vista di buon occhio. Dal momento che sembrerebbe concreta la possibilità di assistere alla vittoria di un centrodestra in grado di far valere il peso effettivo dell’Italia a Bruxelles e presso le altre capitali dell’Unione, allora da Oltralpe arriva il siluro: meglio ingenerare confusione e sospetti tra gli alleati della coalizione data vincente nella malcelata speranza che dalle urne il 4 marzo non esca alcun interlocutore forte che possa mettere in crisi i manovratori dell’euro-carrozzone e augurarsi che resti in carica per lunga pezza il governo-tappetino Gentiloni.
Ribadiamo, il fine ultimo della Le Pen non è quello di Moscovici e ancor meno quello di Macron. Tuttavia, per una singolare congiuntura astrale, in questo momento le aspettative convergono. Marine Le Pen teme di perdere Salvini assorbito nell’orbita dell’“europeista” Silvio Berlusconi; Moscovici teme all’opposto che l’“europeista” Berlusconi venga attratto, tramite il “ponte” Salvini, nell’area del qualunquismo protestatario e distruttivo dei Cinque Stelle; Macron non vuole perdere il “comodo” Gentiloni e ritrovarsi a fare i conti con lo “scomodo” Berlusconi. In pratica, ancora una volta sul banco degli imputati finisce l’“anomalia” berlusconiana della coalizione concepita per dare spazio a una destra responsabile e di governo. Non è propriamente una bella cosa da vedersi questa continua interferenza negli affari interni di una Paese sovrano. Avranno gli italiani pure il diritto di scegliere da chi farsi governare o bisogna nuovamente sottomettersi al giogo altrui per campare tranquilli? Ma fa tanto paura, fuori dai confini, un’Italia forte e motivata a non piegare la testa?
Purtroppo noi italiani soffriamo talvolta di memoria corta. Adesso sembra tutto una corrispondenza di amori sensi tra i nostri politici e i leader europei. Ma, per quanto ci riguarda, non abbiamo affatto dimenticato ciò che è accaduto in quel maledetto 2011: quello della guerra francese all’Italia via crisi libica, quello dello strangolamento della nostra economia con l’arma atomica dello spread, quello delle risatine di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, quello dell’adesso-arriva-Mario-Monti. Silvio Berlusconi si ostina a chiamarlo golpe. Non sappiamo dirvi se tecnicamente il termine sia appropriato. Comunque, se non è stato golpe ci somigliava molto. Oggi la nemesi sta rimettendo in ordine la storia. Stavolta, non saremo così stupidi da ricascare nella trappola apparecchiata dai poteri forti. Stavolta, niente colpi di mano da Bruxelles e dintorni. Stavolta, non c’è un Giorgio Napolitano a ordinare l’autodafé dalle stanze del Quirinale.
Aggiornato il 18 gennaio 2018 alle ore 08:25