Terremoto: Fiori (FI) a fianco dei sindaci per ricostruire il futuro

"Una serie di eventi catastrofici ha sconvolto, nel cuore dell’Italia, la vita di migliaia di persone -ha dichiarato Marcello Fiori, responsabile enti locali di Forza Italia - provocato circa 300 vittime, danni per decine di miliardi, spezzato la vita di comunità bellissime e uniche. A 15 mesi di distanza quale è la situazione? Come è stata affrontata l'emergenza più grave che ha colpito il nostro Paese? Oggi (ieri, ndr) sono a Monsampietro Morico, in provincia di Fermo, un comune di circa 650 abitanti, guidato da una giovane e coraggiosa sindaco, Romina Gualtieri (nella foto), che con dedizione e passione si occupa di dare un futuro alla propria comunità. Ma purtroppo al di là dello sforzo straordinario per umanità ed efficienza compiuto nel primo periodo dal sistema di protezione civile, dobbiamo registrare un vero e proprio fallimento del modello di intervento sin qui realizzato dai Governi che si sono succeduti. Di fronte a una tragedia così grave devono prevalere le ragioni dell'unità e della solidarietà. Ma adesso non si può più nascondere quello che le popolazioni colpite dal terremoto stanno subendo sulla propria pelle: la gestione del post terremoto è un disastro e paradossalmente si attribuisce la responsabilità ad una burocrazia che è stata creata dalle stesse strutture che dovrebbe garantire efficienza, semplicità, rapidità negli aiuti e nella ricostruzione!

La nomina quasi immediata di un Commissario alla ricostruzione, fortemente caratterizzato politicamente, ha creato confusione di ruoli e sovrapposizioni amministrative e procedurali. Inoltre la scelta di affidare alle Regioni, attraverso la nomina dei presidenti come vice commissari, compiti operativi si è dimostrata del tutto inadeguata introducendo un ulteriore appesantimento burocratico. La nostra non è affatto una posizione pregiudiziale ma fondata sui dati di quello che è stato e soprattutto di quello che non è stato fatto. Ad esempio ecco il bilancio disastroso di quanto non è stato fatto nella Regione Marche: siamo nella paradossale situazione che il numero degli sfollati è addirittura aumentato: si è passati dai 26mila del 30 ottobre 2016 agli oltre 33mila attuali. Sono state richieste dai Comuni marchigiani circa 2mila casette per l'emergenza abitativa e ne sono state consegnate 287 (alla data del 20 novembre) cioè poco più del 10 per cento e nemmeno tutte sono abitate. Non sono state nemmeno completate le verifiche di agibilità degli edifici: ne mancano ancora oltre 3mila sempre nelle Marche. Le scuole danneggiate sono 170 (di cui 40 in modo molto grave) e risultano finanziati soltanto 50 interventi. Si stima che nelle 4 Regioni siano presenti a seguito dei terremoti che si sono succeduti, oltre 2.660mila tonnellate di macerie e ne siano state rimosse (sino a fine agosto) appena 237mila. Nello specifico: nel Lazio presenti 1.280.000 tonnellate, rimosse circa 100mila; in Umbria presenti 100mila e rimosse circa 10mila; in Abruzzo presenti 160mila tonnellate e rimosse nessuna tonnellata; nelle Marche presenti 1.120mila tonnellate e rimosse 117mila tonnellate. Quindi dopo circa un anno è stato rimosso meno del 9 per cento delle macerie.

Il costo delle spese per l'autonoma sistemazione dei cittadini che hanno provveduto da soli a cercarsi una casa (sino al mese di luglio 2017) per lo Stato ammonta a circa 200 milioni di euro. Sono oltre 1000 le persone ospitate nei container (prevalentemente si tratta di agricoltori che sono rimasti a presidio della propria attività). È già arrivato l'inverno e le condizioni climatiche renderanno difficilissimo poter lavorare. Siamo ancora in piena emergenza e di ricostruzione si parla nei convegni e nei comunicati stampa. Qui nessuno l’ha vista. Eppure i fondi ci sono. Grazie all’opera preziosa ed efficace del Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, sono state attribuite all’Italia risorse per oltre 1 miliardo e 200 milioni sui capitoli dell’emergenza. I fondi complessivi potranno arrivare a circa 2 miliardi se l’Italia saprà utilizzare anche le disponibilità dei fondi ordinari. Ora il rischio vero e drammatico, per questi borghi, è lo spopolamento e l’abbandono. Con queste incertezze, con tempi così lunghi anche semplicemente per avere un tetto e quindi ricostruire un minimo di senso di appartenenza e di comunità, come può ricominciare la vita ordinaria? Come possono riaprire attività commerciali, agricole e artigianali? Quali giovani coppie possono sperare di costruire qui la propria famiglia, il proprio lavoro, il proprio avvenire? Quale attività imprenditoriale può avere le condizioni di successo senza nemmeno le strade e le infrastrutture adeguate? Domande drammatiche. Non ci si rende conto che sinora si è persa la risorsa più preziosa: il tempo. In gioco è la vita e il futuro di queste terre straordinarie del nostro Appennino, ricchissime di storia e tradizioni. L’Italia deve mettere il futuro di queste aree, al centro del proprio progetto di sviluppo, di superamento della crisi, consentendo a tutte le imprese ed attività economiche e professionali presenti su questi territori di non chiudere ma di riprendere il proprio esercizio. Qui è prodotta una parte considerevole della nostra economia e qui risiede, in questi borghi, l’essenza della nostra identità nazionale. Non basta affatto la ricostruzione materiale di case e strade (e nemmeno quella finora si è vista) ma dobbiamo velocemente puntare: sulla innovazione tecnologica (c’è bisogno di banda larga e di superare le condizioni di digital divide); sulla creazione di condizioni favorevoli agli investimenti e insediamenti di attività produttive; sulla valorizzazione di quanto in questi comuni è straordinariamente unico e non ripetibile: la bellezza, il buon cibo, i tesori d’arte, le produzioni agricole di qualità, l’artigianato d’arte”.

Aggiornato il 23 novembre 2017 alle ore 20:40