Legge elettorale: com’è umano lei...

Si sono incartati: c’è un palazzo che continua a snocciolare calcoli sulla legge elettorale ma non riesce a venirne fuori. Il “Rosatellum”, il proporzionale puro, una spruzzatina di maggioritario, il premio di lista, quello di colazione; ogni big in campo prova a costruirsi l’abito su misura – immemore di ciò che accadde nel 1994 quando il sistema sembrava favorire il Pds – onde poi convincersi un minuto dopo che il sistema all’ordine del giorno sia una trappola messa in campo dal perfido avversario.

Gli sforzi sono tesi a limitare le perdite cercando un elisir di lenta morte più che di lunga vita tale da rallentare il più possibile la crisi che li sta avvolgendo tutti. Ma, ogni qual volta pensano di aver trovato la quadra, ecco che i dubbi li assalgono, pezzi di partito si fanno venire i mal di pancia, il nord pensa di essere penalizzato, il sud si sente cannibalizzato, gli alleati strepitano e la discussione finisce nel porto delle nebbie. Tanto vale non decidere e affidarsi al destino – oltre che ai brandelli di legge elettorale attualmente vigente – nella speranza che nella confusione nessuno esca mascariato dalle urne, nessuno si debba assumere la responsabilità di tentare un’avventura di governo (mala tempora currunt) e che le grandi coalizioni possano creare una situazione nella quale tutti governano e nessuno ha responsabilità dirette.

Insomma, “ammucchiatona la trionferà evviva il fancazzismo e le libertà”, ma che non si dica in giro perché tutti devono apparire focalizzati sulla vittoria in modo da riuscire a raccogliere un consenso tale da avere i numeri per contare a urne chiuse nella gran palude parlamentare. E allora, in un clima da pieno proporzionalismo, tutti stanno lì a fare il ragionamento alla “Ecce Bombo” di Nanni Moretti (“mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”) prendendo le posizioni più strane. Per Pisapia, D’Alema è divisivo mentre per quest’ultimo è Pisapia a non essere troppo coraggioso; per Vendola invece sono entrambi divisivi mentre Romano Prodi ed Enrico Letta vogliono lanciare un Ulivo alla sinistra del Partito Democratico.

Il Partito Democratico pensa invece a una coalizione con qualcosa a sinistra e qualcos’altro al centro mentre Delrio fa lo sciopero della fame per lo Ius soli come se lui non fosse un autorevole uomo di governo e la maggioranza non fosse la sua. Angelino Alfano pare avventurarsi solitario al centro ma, se a destra o a sinistra qualcuno ci cascasse, non butterebbe via nulla mentre a destra Matteo Salvini fa il sovranista ma anche l’indipendentista del lombardo-veneto. Giorgia Meloni sembrava aver fatto asse con Matteo Salvini ma adesso lo contesta (giustamente) perché la sovranità nazionale non si tocca e pare riavvicinarsi a Silvio Berlusconi. Ovviamente solo dopo aver ridotto al silenzio il suo assessore alla Regione Lombardia - Viviana Beccalossi - la quale prima è stata autorizzata a benedire il referendum leghista e dopo è stata lasciata da sola col vessillo referendario in mano.

Berlusconi guarda al Ppe e alla cancelliera Angela Merkel ma si vuole alleare con Salvini, Meloni e gli anti-Merkel proprio nel mentre lancia Rivoluzione Italia (il nuovo contenitore che dovrebbe affiancare Forza Italia ma anche forse inglobarla) e benedice il partito animalista di Michela Brambilla (non si buttano neanche i voti dei cani e dei criceti).

Sul fronte pentastellato, il Re del congiuntivo, al secolo “Giggino ’o webmaster”, invece di studiare la grammatica, studia da leader e spera che Virginia Raggi non combini altri casini prima della elezioni. Peccato che non ne azzecchi una: dopo aver collocato Pinochet in Venezuela, adesso ha associato il terrorista Cesare Battisti agli anni dello stragismo dimostrando di ignorare, tra le altre cose, anche la storia contemporanea. Qualche piccolo fuoco d’artificio sui sindacati da riformare, un po’ di qualunquismo sulle auto elettriche e il gioco è fatto. Piccolo problema: la gente non ha digerito la sua incoronazione tarocca a capo dei Cinque Stelle (che di fatto rende il Movimento opaco al pari dei partiti tradizionali) e comincia anche a capire il reale valore di questi ragazzotti che hanno fatto di Roma la loro baia dei porci. Programmi? Coalizioni chiare? Chi vince governa e chi perde va all’opposizione? Nulla di tutto ciò, faremo la fine di Fantozzi davanti alla tribuna politica.

Aggiornato il 06 ottobre 2017 alle ore 21:12