La democrazia non è immortale

Viene da chiedersi quanto senno sia rimasto nella testa della politica, ammesso che ve ne sia stato mai a sufficienza, per tutelare davvero la democrazia e il bene collettivo. Va da sé, infatti, che non essendo immortale, la democrazia abbia costante necessità di tutela, salvaguardia e sostegno. Insistere invece nel ferirla, colpirla, provocarla e trascurarla, rappresenta il peggiore atto di scelleratezza e di rischio che si possa commettere. Non è un caso del resto, che proprio da noi, i più avveduti esponenti sia della società civile sia delle istituzioni, parlino di tenuta democratica. Non c’è Paese al mondo, infatti, che, sottoposto continuamente a leggi scriteriate, ossessioni fiscali, ingiustizie giudiziarie, discriminazioni sociali, non corra il rischio di sfiorare la “dead line” democratica.

Del resto, le reazioni popolari, specialmente quelle che vedono trasversalmente unito il consesso civile, non nascono dal nulla, ma conseguono ai tanti avvertimenti trascurati. Bene, anzi male, in Italia e da molto tempo, la politica non solo trascura le istanze più evidenti sulla fiscalità, sulla giustizia e sui disservizi pubblici, ma continua a inanellare sbagli su sbagli. Ultimo e più incredibile è quello della legge che equipara mafia e corruzione, facendo strame del diritto costituzionale. Qui non si tratta di scendere nel dettaglio per spiegare quanto, in termini di diritto, sia assurda l’equivalenza mafia-corruzione, si tratta di non capire i fenomeni sociali. E quando questi fenomeni per incapacità, opportunismo o per ipocrisia, non si comprendono, si rischia di legiferare pericolosamente.

Insomma, quando la materia grigia scarseggia, latita oppure si defila, il rischio di confondere la prevenzione con la repressione, la comprensione con l’intolleranza, la causa con l’effetto, è grande. Vale in materia fiscale, previdenziale, giudiziaria civile e penale, economica, di sicurezza. In buona sostanza, si tende a combattere i fenomeni con leggi illiberali, vessatorie e forse incostituzionali ex post, anziché predisporre preventivamente le condizioni più adeguate per limitarli e prevenirli.

Come se non bastasse, la politica insiste nella sua totale incapacità, a produrre quelle grandi riforme che servirebbero a risolvere e pacificare. Il risultato di questa incapacità, di questa miopia, di questa ipocrisia, è che, da svariati anni, si sta sottoponendo il Paese a uno stress democratico elevatissimo. Si parla di fisco amico e, anziché provvedere a una riforma che pacifichi, chiarisca e ponga le condizioni per una fiscalità giusta, si insiste nella ossessione e nella complicazione.

Si continua a far venire meno i più elementari diritti di reciprocità per cui paga solo chi sbaglia, da noi lo Stato e l’amministrazione non pagano mai e sbagliano troppo, mentre i cittadini pagano sempre. In Italia si va avanti nell’intollerabile offerta di servizi alla gente che gridano vergogna rispetto ai costi e all’efficienza. Basterebbe pensare alla sanità, alla scuola, alla previdenza, all’assistenza, alla cura del territorio. Non c’è settore che non faccia acqua e che non costringa la gente a esasperarsi in ogni confronto con la pubblica amministrazione. Inoltre, in questi anni, si è decisa contro ogni buon senso, una politica dell’accoglienza illimitata che ha portato nel Paese, insieme a una massa incontrollata d’immigrati, un’infinità di problemi sociali e territoriali. Si è confusa l’essenza della filosofia del diritto che vale per tutti, con le più elementari regole della precedenza e dell’appartenenza. Dunque, la politica è stata capace di creare conflitti, contrasti, insicurezze fra popolazione e immigrati, senza riuscire a gestire, equilibratamente, le necessità degli uni e quelle degli altri. Per non parlare della giustizia, tanto civile quanto penale, lentezze esasperanti, disparità di giudizio, indagini stravaganti, sentenze incomprensibili. Tanto si è riusciti a fare da generare una sfiducia nella magistratura e nel suo strapotere tra le più alte nel mondo.

Dulcis in fundo gli scandali, il malaffare, lo sperpero e l’abuso delle risorse collettive che quotidianamente indignano, dal Nord al Sud i cittadini.

Anche in questo caso, la politica, anziché provvedere a una selezione meritocratica della classe dirigente che certificasse il senso dello Stato, della cosa pubblica, della buona amministrazione, ha insistito e insiste con la tecnica del far finta. Ecco perché la legge che equipara corruzione e mafia non è altro che l’ennesimo anello di una pericolosissima catena di sbagli che feriscono la democrazia. E la democrazia, a forza di essere ferita, colpita, trascurata, si può ammalare fino al punto di morire. Ecco perché si parla di tenuta democratica, di rischio del “Far West”, di rivolta fiscale, di reazioni incontrollate collettive. Insomma, si sta tirando troppo, davvero troppo, la corda nel Paese. Un Paese che, al contrario, avrebbe bisogno di riforme, di lavoro, di tranquillità e sviluppo economico e sociale, di buona politica. Se il centrosinistra ha fallito così clamorosamente ci auguriamo, prima che sia troppo tardi, che il centrodestra unito sappia porvi rimedio una volta per tutte.

Aggiornato il 02 ottobre 2017 alle ore 19:09