Otto e mezzo

Il Governo Gentiloni celebra in casa una revisione della spesa che ha poco da essere celebrata, sia chiaro non per colpa del Premier che sta in sella da sei mesi e dunque c’entra marginalmente. C’è poco da celebrare perché al di là degli annunci e dei voti con lode, che la politica si autoassegna, la realtà del bilancio economico del Paese è quella che è. Per questo oltretutto non si comprende la reazione nei confronti di Virginia Raggi che si è data un bel sette e mezzo, per il suo primo anno da sindaca di Roma. Infatti, che la Raggi sia fuori dalla realtà e conosca poco il senso del limite è noto, ma volendo essere onesti, va detto che la Raggi fa né più né meno di ciò che fanno gli altri.

Da Monti a Letta, da Renzi a Gentiloni, passando per Padoan, Alfano, Poletti e così via, quando illustrano il cammino di Governo si encomiano come eroi di Stato. Dunque, che la sindaca di Roma abbia commesso una sciocchezza autogiudicandosi più che brava, colpisce ma non stupisce. Quello che invece sorprende eccome, è la perenne e inaccettabile insistenza con la quale si tenta di illudere la gente considerandola “plebecula”, alla quale si può dar da bere di tutto.

Va da sé, infatti, che se la revisione della spesa avesse interessato le poste che davvero contano e pesano, i risultati si sarebbero visti eccome. Insomma, per farla breve e semplice, il conto finale è quello tra entrate e uscite e se queste ultime fossero tagliate dove incidono davvero, il totale sarebbe positivo e il debito più basso. Al contrario invece chissà perché, specialmente da Monti in giù, il debito è aumentato vertiginosamente, nonostante gli oneri al suo servizio, grazie ai tassi quasi zero, siano in discesa, perché?

Perché dunque il debito del Paese è come l’universo di Einstein che si espande sempre? Il debito si espande in continuazione perché per un verso si continua a sperperare il denaro pubblico e per l’altro, non si taglia dove bisognerebbe tagliare. Eppure, come dicevamo, i salvatori della patria, quando illustrano i risultati, non fanno altro che autocelebrarsi come fossero premi Nobel della scienza. Sia chiaro che si sia tagliato e ridotto alcune voci di bilancio è vero, altrimenti saremmo saltati come un tappo di champagne, ma lo si è fatto male e con una grande dose di ipocrisia contabile e politica.

Ipocrisia contabile che riguarda quei capitoli di spesa che nessuno ha il coraggio di toccare, a partire dalle pensioni d’oro e da alcuni contratti di stato incredibilmente privilegiati. Ci riferiamo a enti, istituti e organismi pubblici che godono di stipendi da nababbo e che non sono compatibili con la nostra situazione economica. Basterebbe per questo pensare a Bankitalia, solo per fare un esempio, perché da noi di situazioni extralarge simili a quella della Banca centrale ce ne sono a mazzi. Insomma, che il vero buco nero che ci fa sprofondare nell’inferno del debito nasca dai costi dell’apparato pubblico e non da altro, più che un’ipotesi è una certezza. Per non parlare degli enti locali, che sempre pubblici sono, delle aziende municipalizzate, partecipate, controllate e di un’infinità di altri organismi inutili a tutto, che pure non si ha il coraggio di chiudere.

Dulcis in fundo i costi che i cittadini pagano per mantenere la politica e i palazzi nei quali vive, per poter gestire la cosa pubblica nel modo che vediamo, purtroppo. Si tratta di costi e di contratti ad hoc, tali per cui, un barbiere, un’impiegata, un segretario, una centralinista, un funzionario oppure un dirigente, guadagna incredibilmente di più rispetto al resto del mercato.

Insomma, o si taglia dove serve e dove si sa che c’è puzza di bruciato, oppure finisce che si taglia male solo per galleggiare e peggiorare la qualità dei servizi. Bene, anzi male, da noi è proprio ciò che si continua a fare, si taglia per tagliare e basta, per dire che si è tagliato, per autocelebrarsi quando si presentano i conti. Continuando così finiremo alla deriva, al collasso e forse peggio se i mercati decidessero di toglierci la fiducia che Mario Draghi, ringraziando la provvidenza, ci ha assegnato. Ecco perché c’è poco da celebrare e soprattutto c’è poco tempo per invertire la tendenza e intervenire, visto che alla Bce si prepara il cambio della guardia. Sbagliare è umano perseverare è diabolico.

Aggiornato il 21 giugno 2017 alle ore 23:02