Addio a 4 maestri del giornalismo italiano

Addio maestri di giornalismo e di vita. Quattro in un mese sono tanti, anche se avanti con l’età. Lasciano un vuoto inestimabile nella storia dei giornali, dei giornali radio e della televisione.

Ha aperto la fila Valentino Parlato, il “giornalista scomodo”, irrequieto, che ha messo in subbuglio la sinistra per anni fino alla rottura per dare vita al “Manifesto” con Rossana Rossanda. Nel giro di qualche giorno è scomparso a Firenze Carlino Mantovani, decano dei giornalisti toscani, 30 anni alle pagine sportive della Nazione, dirigente dell’Ussi e partecipe di tante battaglie nel mondo dell’editoria.

Quasi contemporaneamente lasciava laicamente questa terra Alberto La Volpe cofondatore del Tg3 nel 1979 con Biagio Agnes e Sandro Curzi, poi direttore del Tg2, personaggio ironico e pronto al dialogo con il merito di aver dato vita alla trasmissione “Lezione di mafia” con la partecipazione di Giovanni Falcone, quando il magistrato giunto a Roma era lasciato solo e criticato per aver scelto di collaborare con il ministro socialista della Giustizia Claudio Martelli.

Il quarto della serie nera Guglielmo Moretti, il mitico capo della trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto” che ha sfornato dal 1960 in Rai tanti inviati e personaggi che hanno fatto vivere in diretta agli ascoltatori tutti i principali avvenimenti del mondo del pallone: dalle Olimpiadi ai campionati, dalle Coppe ai mondiali. E quando la voce per eccellenza, prima radiofonica e poi televisiva, Nicolò Carosio (l’inventore del “quasi gol”) lasciò il microfono a Nando Martellini, lo sport della Rai seppe rinnovarsi grazie alle capacità organizzative di Guglielmo Moretti che si avvaleva della collaborazione di Roberto Bortoluzzi e Gilberto Evangelisti.

Moretti nato a Forlì non fu limitato nella professione dall’aver aderito come Enrico Ameri alla Repubblica sociale di Mussolini, aveva una innata capacità di leader, a volte anche duro ma le sue decisioni, come ricorda Riccardo Cucchi ora pensione ma leader per anni di “Tutto il calcio” venivano accettate da tutti. Il martedì sceglieva la “griglia di inviati” scontentando di volte in volta quelli che chiamava i “discoli” ossia Sandro Ciotti ed Enrico Ameri mentre Ezio Luzzi si era ritagliato il ruolo di prima voce della serie B. La “covata” Moretti va da Claudio ferretti, Alberto Bicchielli, Bruno Gentili, Livio Forma, Giampiero Galeazzi e fino al 2016 Riccardo Cucchi, il giovane inviato che si era fatto le ossa nella sede di Campobasso.

Guglielmo Moretti per il giornalismo italiano è anche il capo della corrente di Stamparomana con Guido Paglia, Arturo Diaconale, Marcello Zeri, Ugo Manunta, Ettore della Riccia, Giuliana Del Bufalo, Paola Angelici, Angela Buttiglione. Una generazione che ha firmato contratti di lavoro importanti, che ha gestito la trasformazione dell’editoria nel passaggio dal calco (linotype) ai computer, che ha contrattato con gli editori fondamentali ristrutturazioni aziendali, negoziato la riforma dell’editoria del 1981 e quella dell’istituto di previdenza. Moretti è stato il presidente che ha permesso all’Inpgi di costituire un consistente patrimonio immobiliare, di avere bilanci in attivo prima che la crisi dell’economia e sciagurate ristrutturazioni con conseguenti prepensionamenti svuotassero le casse dell’istituto. E c’era anche il sindacato dei giornalisti. Guglielmo era un appassionato difensore della categoria, ebbe il merito di comprendere le potenzialità del giovane Walter Tobagi che al congresso di Pescara del 1979 portò in Fnsi una ventata nuova contro l’egemonia della corrente di “ Rinnovamento” guidata dai giornalisti democratici e bloccata su posizioni ideologiche.

Aggiornato il 23 maggio 2017 alle ore 14:09