Siamo al tutti contro tutti

Tutti contro tutti e non cambia niente, questa è la sintesi di un Paese che va sempre peggio e gli italiani lo hanno capito benissimo. Tanto è vero che gli indicatori della fiducia verso la politica, la magistratura e la classe dirigente sprofondano al centro della terra. Sull’uso allegro delle intercettazioni inutile insistere, servirebbe una regolamentazione “civile” sia per farle che per proteggerle, lo diciamo da anni. Eppure, da anni continuano a fioccare come la neve sulle Dolomiti, da una parte le intercettazioni e dall’altra gli spifferi a questo o quello. I magistrati si sentono bravi nell’utilizzo, spesso discutibile, di questo strumento, i giornali si sentono bravi nel pubblicare notizie che al contrario dovrebbero essere segrete.

Bene, anzi male, nel mezzo della lotta fra gli uni e gli altri c’è la politica, che consapevole dei propri peccati non è in grado di riformare la giustizia. Non è in grado di farlo perché a forza di avere paura della magistratura, non solo le ha concesso le chiavi del Paese, ma consentito di sentirsi padrona del mondo. Eppure sappiamo che anche nel mondo dei giudici, vizi, colpe, esagerazioni e talvolta abusi ci sono stati eccome e sempre sulla pelle d’innocenti.

Insomma, al fianco di tanti magistrati straordinari per dirittura e capacità, ce ne sono stati alcuni altri più impegnati a fare politica e spettacolo con i codici, anziché a fare “giustizia”. Ecco perché l’unica via di uscita sarebbe quella di avviare una riforma epocale dell’ordinamento giudiziario. Ma qui, proprio qui, s’innesta un problema che se possibile è più grande del primo e cioè: può una politica inaffidabile realizzare una riforma affidabile? Insomma, stiamo nelle sabbie mobili e quando nessuno si fida di nessuno, il Paese va allo sfascio. Tanto è vero che oramai il cosiddetto cortocircuito riguarda ogni cosa, politica e affari, politica e magistratura, politica e informazione, magistratura e giornali, addirittura magistratura e magistratura. Il fatto drammatico è però che, in mezzo a tutto ciò, c’è il Paese che quotidianamente assiste ai peggiori spettacoli possibili. Scandali, indagini, inchieste scottanti, ruberie e malaffare, insomma un quadro devastante dentro il quale ovviamente sguazzano i movimenti antisistema.

Tanto ci sguazzano da riuscire a crescere nonostante i problemi, le opacità, le omissioni interne e le incoerenze clamorose che permangono in loro. Siamo insomma su una brutta strada, anzi bruttissima, una strada sconosciuta che rischia di potarci nel luogo più sbagliato.

Ecco perché servirebbe presto un’Assemblea Costituente di altissimo livello, in grado di riscrivere tutto dell’Italia dalla A alla Z. Un’assemblea capace di porre le basi per una liberale e democratica rivoluzione culturale di sistema, indispensabile per fare crescere e affermare una diversa e più affidabile classe dirigente. Non c’è molto tempo ancora, né per farlo né per capirlo e la storia purtroppo lo insegna eccome.

Aggiornato il 18 maggio 2017 alle ore 10:16