Non sappiamo avere idee (Capitolo 81) - La cronaca del nostro congresso in “diretta” non è ancora finita, mancano un paio di fasi importanti, dunque, quelle conclusive; “accenderemo” ancora qualche volta le nostre telecamere, tuttavia, dopo ottanta capitoli in cui ci si è spesso preoccupati di descrivere certe spregevoli “tecniche” della politica, possiamo anche prenderci qualche libertà.
Sempre pronti a sostenere contraddittori con chiunque voglia negarle, questo corso ha descritto delle abitudini perfino perverse del mondo della politica istituzionale, ma ha anche invitato a notare che imperversa una mentalità popolare convinta, con un po’ di superficialità, che l’inconfutabilmente indegno, sia come “edificato” su basi facilmente contrastabili; invece non è così e anzi, su questa poco avveduta convinzione, il popolo continua a indirizzare negativamente molti dei suoi destini.
Possiamo tranquillamente affermare che se da una parte esiste una classe dirigente politica indegna, dall’altra c’è l’illusione perfino arrogante di un popolo che crede di contrastarla mentre la suffraga e rinforza.
Parlare di “illusione arrogante”, sembra una contraddizione in termini, ma non è raro che il popolo italiano faccia proprie delle illusioni che sostiene in modo fissato e con atteggiamenti vanagloriosi.
Esperienza e studio della storia alla mano, è assolutamente possibile affermare che i vari assurdi e folli urli di rivalsa politica popolare, se non di rivoluzione, siano stati vergognosamente rovinosi in relazione al raggiungimento di qualsiasi obiettivo propugnato.
Le nostre ribellioni popolari contemporanee sono state tutte fallimentari e ancora oggi, alla luce dei decenni passati e delle indecenti sconfitte politiche subite, siamo un popolo che continua a confondere il coraggio delle idee e la capacità di fare strategia, con certo inutile folclore politico.
A tutt’oggi, non esiste alcun segnale che indichi che il popolo italiano si accinga ad entrare in una stagione o fase di discernimento politico basato sulla razionalità, invece che sulla facile suggestione; una tale constatazione lascia supporre che resteremo segregati dalla politica istituzionale per lunghi e lunghi decenni ancora.
Le premesse delle prossime politiche del 2018, improrogabili per scadenza di mandato, sono da patibolo generale del popolo; del resto, non è da visionari affermare che il popolo saprà fare ben poco per evitare di subirne le gravi conseguenze.
Qualunque cosa si faccia, dalla “extrema ratio” del non voto, alla formazione di soggetti politici nuovi, a quant’altro, siamo un popolo incapace di stare unito e di capire che, fuori dell’unione e della coesione, non potremo concretizzare nulla di politicamente e popolarmente utile. Ciò potrebbe anche stare a significare che ci attende qualche evento preparato dalla storia, dal destino, dall’evoluzione scientifica o chissà cos’altro, ma non da noi.
La politica popolare sembra essersi negata la possibilità di dare una lezione di etica, di sensibilità e comportamento alla malvagia politica istituzionale. Ecco, come accennato in apertura, forse è proprio da qui che nasce il desiderio ma anche la necessità di prendersi qualche libertà.
Aggiornato il 12 maggio 2017 alle ore 21:09