La partita è a scacchi, non gavettoni (Capitolo 80) - Abbiamo fin qui utilizzato un’ottantina di capitoli per riportare e raccontare gerghi, terminologie, abitudini, veleni, giochi, giochetti e tecniche di vario tipo che reiterano, arroganti e incontrastate, le abitudini del “palazzo” del potere politico italiano vigente e delle varie “dependance” ad esso collegate. Abbiamo sempre affermato con determinazione, che il sapere è cultura e che la cultura trasforma il nostro cervello in mente, così dando una precisa fisionomia alla nostra personalità e alla nostra vita; insomma, noi siamo ciò esattamente che sappiamo e da qui, non si scappa. A quanto sopra, deve però essere aggiunto, come dall’affermazione di Thomas Eliot riportata nel (capitolo n. 78), che l’ultima caratteristica a morire nell’uomo è il pensare bene di se stesso, pertanto, di là della cultura, del sapere e della competenza, esiste inevitabilmente e comunque un oceano di indolenti che, mentre non hanno alcuna voglia di percorrere il giusto sacrificio della conoscenza, pretendono presuntuosamente e arrogantemente di sapere tutto e di dire la loro, in ogni caso e su tutto.
Bene, anzi male, che si abbia voglia di ammetterlo o no, l’oceano di saccenti presuntuosi di cui è cenno sopra, crea la debolezza, il tallone d’Achille e la iattura di ogni società. Detti individui, in quanto mossi da chiassosa suggestione, incompetenza e presunzione, rendono completamente improprio e inefficace ogni tentativo di rivalsa politica popolare, inoltre, non essendo in grado di preoccupare la disonesta casta del potere politico vigente italiano, ne incoraggiano e rinforzano il parassitismo e la possibilità di vessare il popolo. È ovvio che non possiamo dimenticarci degli esseri amorali che amministrano la nostra cosa politica, ma tiriamo in ballo tanto l’oceano popolare di indolenti quanto gli spregevoli politici di ruolo, per mettere in evidenza che gli uni, impreparati e spesso presuntuosi, non possono essere in grado di contrastare la cinica attività vessatoria con cui gli altri opprimono la gente. Da qui nasce la questione assai evidente e pratica che i destini del popolo, dunque di quell’insieme di cittadini che nel precedente (capitolo n.79) non abbiamo voluto chiamare massa, siano strettamente vincolati e dipendenti dalla preparazione culturale generale del popolo stesso.
Operare senza sapere, ma presumendo arrogantemente di sapere, è la più assurda e perdente delle pretese; impegnarsi a capire e fare propria una così importante verità, sarebbe bene e vanto per chiunque. Come qui si è sempre sostenuto, occorrerebbe non confondere l’emotività e la suggestione con la razionalità e l’intelligenza; dovremmo essere tutti convinti che sia possibile abbandonare l’impulsività e organizzarsi basandosi su maggiori livelli di conoscenza e riflessione; nel suo piccolo, questo corso spinge fortemente verso una simile evoluzione sociale. Per il momento non c’è alternativa, se non stabiliamo di capire che possiamo rinforzarci nell’umiltà, abbandonando le facili presunzioni che ci rendono battibili e vulnerabili, dunque perdenti, non potremo accedere ad alcun futuro realmente democratico.
Aggiornato il 06 maggio 2017 alle ore 09:35