“Energie per l’Italia”: un’opportunità?

Sabato scorso si è svolta la prima manifestazione nazionale del movimento “Energie per l’Italia” di Stefano Parisi. Grande è stata la partecipazione all’Hotel Ergife di Roma, con persone provenienti da tutta Italia. Le proposte del movimento, lanciate dal suo leader, sono semplici ma chiare e attingono alla tradizione da sempre minoritaria nel Paese che è il liberalismo nella sua eccezione rigorosamente riformista e sociale, quell’equilibrio tra il diritto individuale e quello comunitario.

La nascita di un nuovo partito nell’area cosiddetta di centrodestra per alcuni commentatori è il segno di una costante frantumazione di questa area politica ma, in realtà, può essere il sintomo di una rigenerazione di un’area politica che sotto la guida di Silvio Berlusconi ha vissuto la sua apoteosi ma che negli ultimi anni ha perso lo smalto, il vigore e la credibilità che aveva acquisito nel 1994.

La crisi irreversibile sia del centrodestra che del centrosinistra avviene con il Governo di Mario Monti, un Esecutivo anomalo sia per la nascita che per la maggioranza che lo sosteneva. I due schieramenti principali e antagonisti della Seconda Repubblica si trovano a votare insieme e a dare fiducia a un Governo che facendo virtù della sua anomalia ha praticato politiche fiscali e previdenziali con una visione rigidamente ragionieristica, che ha impoverito il popolo italiano. Non è un caso che il fenomeno grillino da folklore, o fenomeno di piazza, diventa una realtà parlamentare ingombrante per le istituzioni democratiche. Anche se ritengo il successo del Movimento 5 Stelle un potenziale rischio per le istituzioni democratiche, non posso omettere a me stesso che ha comunque incanalato la protesta in canali istituzionali, per quanto i grillini siano l’espressione più tipica del nichilismo.

Se da un lato Berlusconi è consapevole della difficoltà di un’alleanza con la Lega di Matto Salvini, in particolare per la sua posizione lepenista e antieuropea, dall’altro come una coazione a ripetere cerca di realizzare lo stesso schema allora vincente ma ormai non più credibile per milioni di elettori che si sono rifugiati nell’astensionismo o sono andati a votare Beppe Grillo o il Partito Democratico in funzione anti-grillina. La novità rappresentata da Stefano Parisi e dal suo movimento può essere l’opportunità per il rilancio di quelle idee e di quei valori che possono creare le condizioni per una rivoluzione liberale.

Tornare al proporzionale è un altro tassello fondamentale per un ritorno alla politica e alla creazione di comunità politiche fondate non contro qualcuno, ma per creare un futuro al Paese. Non più coalizioni eterogenee con programmi e valori conflittuali utili a vincere e poi impossibilitati a governare proprio per le divergenze intrinseche. La necessità di rigenerare una classe politica è il primo requisito per ricreare le condizioni di un nuovo rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni, ormai deteriorato a un livello di guardia per la democrazia. Alcune delle proposte presentate dal movimento “Energie per l’Italia” si muovono proprio in questa direzione; come ad esempio quella della sfiducia costruttiva per stabilizzare l’istituzione governativa e la proposta di primarie fatte per legge che coinvolgono i cittadini, tutti, sono una prima ma fondamentale opportunità per invertire la decadenza di cui le primarie fai-da-te del centrosinistra ne sono un esempio evidente.

Da cultore del pensiero socialista non trovo nessuna contraddizione nella proposta politica di Energie per l’Italia di creare una forza liberal-popolare, perché bisogna avere il coraggio di affermare una volta per tutte che senza la diffusione di un cultura liberale non c’è progresso, non c’è sviluppo; senza una visione liberale dello Stato non è possibile offrire servizi efficienti ai cittadini, far funzionare la giustizia e lo Stato di diritto. Al socialismo spetta la capacità di ridistribuire in modo equo e solidale la ricchezza prodotta aiutando gli ultimi ad avere la loro opportunità di un futuro possibile. Se l’attuale classe dirigente dell’ex Popolo della libertà saprà cogliere e comprendere l’opportunità di un suo rinnovamento, superando gelosie e personalismi, la convinzione che è necessario realizzare un programma valoriale e coerente di governo con una concezione della politica che tende a includere e non ad allontanare, dove merito e competenza e competizione non siano visti come la negazione di una comunità ma come i suoi tratti distintivi e valoriali da praticare all’interno e da offrire al Paese come opportunità di un cambiamento radicale, la sfida potrà essere vinta.

Con un ritorno alla speranza sarà possibile vincere l’incubo di un governo a 5 Stelle o assistere al graduale declino di cui il Partito Democratico è responsabile.

Aggiornato il 08 maggio 2017 alle ore 13:38