Le Primarie (Capitolo 75) - Ogni innovazione che punti a una più alta realtà democratica, promuovendo la partecipazione politica del popolo, è vanto per qualsiasi società civile. Accade però che anche gli appelli alla partecipazione popolare possano essere ingannevoli, e di tale vergogna gli italiani sanno qualcosa. Da noi, la prima a indire le primarie a livello nazionale, è stata l’Unione (centrosinistra), il 16 ottobre del 2005, in vista delle politiche del 10 aprile 2006.
Importate solo da poco più di un decennio, il nostro Paese ha già saputo rivestirle d’immoralità e brogli; ciò, cronache alla mano, piaccia o no, è da imputare al centrosinistra che dal segretario del partito, al premier, al sindaco, ha preso a utilizzarle per “eleggere” quasi ogni carica. Del resto, il nostro è il Paese del voto di scambio (capitolo n.28), come dei mille veleni che controllano il voto congressuale, riportati e descritti nei vari capitoli a titolo “Cronaca di un congresso”. Cosa sono le elezioni primarie o primitive? Non le abbiamo inventate noi italiani ma, come spesso sappiamo fare in politica, le abbiamo copiate e “perfezionate” fino a renderle un vergognoso esercizio della democrazia. Sono nate negli Stati Uniti quali consultazioni popolari locali, nel settembre del 1847 quando, in Pennsylvania, il Partito Democratico decise di consultare il popolo per avere indicazioni sul leader da scegliere; dopo la guerra civile (1861-1865), si diffusero negli Stati del Sud per poi divenire costume in tutti gli Usa.
Il fine, come sopra accennato, è ricevere indicazioni popolari sulla scelta della leadership di un partito o di uno schieramento politico. Le primarie sono nate come “chiuse”, ovvero accessibili ai soli tesserati del partito organizzatore e si sono poi diffuse come “aperte” a tutti i cittadini ma, in questo modo, è accresciuto il rischio d’inquinamento politico. Nel tentativo d’impedire che appartenenti ad altri partiti si rechino alle primarie per cercare di “orientare” il voto in casa altrui, si sono affermate le primarie “intermedie”, ovvero aperte anche ai cittadini non direttamente associati alla coalizione o al partito promotore, ma potenziali sostenitori dei relativi candidati. In questo caso, per poter votare, ci si deve "iscrivere", anche come semplici indipendenti, in un apposito registro presso il partito o la coalizione che promuove le primarie.
Insomma, la questione è vaga, ma mentre negli Usa sembra esistere un po’ di coerenza etica, in Italia s’inventa ogni “destrezza” per trasformare anche le primarie nella solita truffa giocata nel nome della democrazia. Per quanto la Toscana e la Calabria abbiano provveduto a dotarle di regolamentazione regionale, è da dire che, diversamente dagli Usa, l’Italia non le ha regolamentate con nessuna legge, dunque, non hanno valore legale. Inoltre, nel rispetto della nostrana arte di “entrare rinculando facendo finta di uscire”, esse offrono spazio a inique forme di adescamento e falsificazione. Il tema delle primarie comporta ulteriori considerazioni, dunque lo riprenderemo.
Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:12