L’indicatore fiscale nell’uovo di Pasqua

Prende corpo l’idea di inserire nel Documento economico finanziario (Def) in arrivo, un nuovo indicatore del benessere dei contribuenti. A parte il fatto che la parola “benessere”, specialmente in questo periodo storico, suscita più fastidio che attenzione, ma da noi come sempre nasconde anche un tranello. È chiaro a tutti quanta fatica stia facendo Pier Carlo Padoan per trovare nella catasta di ricchezza, che in questi anni abbiamo accumulato, la piccola somma di tre virgola quattro miliardi da offrire all’Unione europea per evitare l’infrazione.

Bene, ammesso che la si trovi, raschiando il fondo del barile fino all’ossessione, il problema vero si proporrà con la prossima manovra finanziaria e con la necessità di evitare le clausole di salvaguardia. Sarà in quel momento, infatti, che tutti i successi, i guadagni e i risultati positivi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni verranno a galla. Nella legge di stabilità, per l’appunto, bene che vada bisognerà mettere sul piatto non meno di 20/25 miliardi di Euro per far tornare i conti. Si tratta di una quantità di soldi allo stato irreperibile, se non attraverso qualche furbata che consenta di intervenire draconianamente sulle detrazioni e agevolazioni fiscali alle famiglie. Infatti, basta inventare qualche trappola reddituale o patrimoniale per tagliare fuori dalle cosiddette tax expenditures una quantità di persone.

Tradotto in soldoni può significare che, attraverso un meccanismo intellettualmente truffaldino, di cui il nostro fisco è maestro, qualche centinaio di migliaia di famiglie saranno escluse da tutta una serie di recuperi fiscali. Sempre in soldoni, la tagliola allo studio consentirà un risparmio di un pacchetto che può andare dai cinque ai dieci miliardi di Euro, a seconda dei casi. Ecco il motivo per il quale nel prossimo Def, il ministro Padoan si prepara il terreno con l’inserimento del nuovo indicatore di benessere. La realtà come al solito è sempre quella e al di là delle chiacchiere che ci dicono, non c’è un Euro e non c’è perché si insiste nel non tagliare quel che andrebbe tagliato, a partire per esempio dalle pensioni d’oro. Oltretutto, la furbata in progress sarà ordita con lo spauracchio delle elezioni alle porte, perciò dovrà essere studiata come fosse “la furbata perfetta” per evitare batoste elettorali. Prepariamoci dunque con gli occhi aperti all’ulteriore mazzata fiscale, convinti che mal che vada fra un anno ce lo ricorderemo in occasione del voto.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44