La Rete è bella, ma in politica non balla

Ero a cena con amici e uno di loro mi ha detto: “Certamente i boss sindacali di Ama, Atac e tassinari vari non sono certo dei santi, ma un po’ di ragione ce l’hanno nel presentare delle denunce contro la sindaca Virginia Raggi”.

Parole pesanti che mi hanno ricordato i giorni epici dei Cinque Stelle, quando a Roma decollava per mano di Beppe Grillo il “V-Day”. Ora i romani sembrano pronti a contraccambiare il “vaffa” a Raggi e compari. Ma questi giochetti, fatti tutti di rissosità e dispettucci, non aiutano certo la Capitale a sortire dal guado, e la melma da amministrazione stagnante sembra proprio abbia ormai raggiunto la bocca di tutto l’elettorato romano, con buona pace di chi sosterrebbe di fare opposizione in Campidoglio.

Ma la “sindachessa” (o sindaca come si usa oggi) resiste, rimane attaccata alla poltrona, non schioda. Ormai i romani la guardano con gli stessi occhi con cui i gattoni di un tempo fissavano i turisti stranieri a spasso per i Fori imperiali: specie quando dice “io rispondo solo a Grillo”. È ovvio che se ne infischi di chi l’ha eletta. Intanto i giornalisti si dichiarano disponibili a capirla, a comprendere la sua permanenza, soprattutto la sua indiscussa capacità di aver bloccato la macchina amministrativa del Campidoglio, e molto più di quanto lo fosse in epoca Marino. E sappiamo come una situazione bloccata piaccia a certa stampa salottiera e “impegnata”, fatta da gente che plaude alla chiusura di cantieri e negozi. Gente annoiata e raffinata, che preferisce vengano elette le patatine mosce piuttosto che i palluti in grado di rimettere in moto la città. Questo dramma c’è capitato perché i nostri politici non fanno scuola di verità, con la complicità dell’informazione (soprattutto televisiva): ormai non si distingue più ciò che è vero da ciò che è falso, il discrimine pare valga solo su Figo e non Figo in tivù, Facebook e blog vari.

Siamo caduti troppo in basso. Delusi dalle metodiche di chi prima predicava il palazzo di vetro e oggi pratica la blindatura di ogni riunione, e perché delle scelte amministrative ne siano al corrente solo Grillo e grillini, mentre l’intera cittadinanza viene tenuta all’oscuro di tutto, anche della sostituzione di un cesso rotto in una casa popolare.

Ecco perché chiediamo alla Raggi se sa quanti interessi pagano al giorno i romani alle banche. Perché l’esposizione debitoria dell’amministrazione capitolina verso le banche è seconda solo al debito pubblico italiano. E se solo la Raggi si dedicasse, e con veri esperti, a trattare con gli istituti di credito il debito romano, verrebbero risparmiati tanti soldini. E quante buche potremmo riempire con i soldi che avanzano dalle nostre tasse: tutti veri e tangibili risparmi del Campidoglio. Ma con simili amministrazioni difficilmente lo sviluppo potrebbe prendere il sopravvento sulla burocrazia. Così tutto è fermo, e sembra un Comune alla vigilia di un nuovo commissariamento. Anzi, certi mi dicono stia per tornare il prefetto Francesco Paolo Tronca. La gente che vota a Roma prova un qualcosa tra l’indignazione e la rassegnazione. Perché si domanda, e solo per fare un esempio, come mai per una lettera di fermo o di diniego della Pubblica amministrazione il cittadino deve ricorrere solo e soltanto al Tar? Basterebbe si potesse dialogare con una burocrazia intelligente e professionale. Preparata e disponibile ad ascoltare consumatori e cittadini. Ma anche in “Era Raggi” si ha la netta sensazione che negli uffici governino i nemici dei cittadini, sempre pronti a maltrattare l’utenza.

Noi tutti si rimane speranzosi, consci del vecchio adagio “il mattino ha l’oro in bocca”. Quindi di buonora la Raggi dovrebbe farsi un giro per Roma con la sua macchinetta privata caruccia caruccia. Poi mettere le palle sul tavolo da lavoro, e con proposte sensate, dando ordini a vigili e municipalizzate varie. Diversamente, anche i giovani elettori dovranno convincersi che in politica la Rete è bella ma non balla. E, giocoforza, si dovrà tornare al consenso muscolare ma democratico, fatto di voti veri e non virtuali. Si stenta a credere che, in un ritorno al consenso tradizionale, possano nuovamente aversi giunte grilline.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:46