Fatela finita!

In certi casi, si sa, “fatela finita” vuol dire tutto. Significa siate seri, smettetela, vuol dire basta con le sceneggiate, intima una diffida forte; insomma è un richiamo perentorio e secco che non ammette replica. Non ammette replica perché quando si alza la voce e a muso duro si strilla “fatela finita!” si esprime uno sdegno vicino al limite di sopportazione. Ecco il motivo per il quale di fronte a tale ammonimento categorico o ci si ferma e con la coda fra le gambe si chiede scusa e si rimedia al danno, oppure tutto può succedere.

Bene, è da tempo che si avverte nell’aria la voglia della gente di lanciare questo grido per l’ultima volta, lanciarlo al Governo, alla maggioranza, alla politica e più in generale a tutta la classe dirigente. Mai prima d’ora, infatti, si è tagliata col coltello una nebbia tanto fitta di sofferenza popolare, di disagio, di risentimento, di sfiducia e indignazione verso la casta, la stanza dei bottoni, l’amministrazione e la politica. Lo si capisce parlando con la gente, nei mercati, nei bar, alle fermate dei bus, nelle sale d’aspetto degli ambulatori, nelle file agli sportelli, nelle anticamere degli uffici pubblici. Ovunque insomma, si sente il ritornello: “Siamo stufi, la facessero finita”, un appello collettivo che dal Nord al Sud, nelle grandi e piccole città, nei centri e nelle periferie, ritorna e si diffonde. Si tratta di quel sentimento popolare che nasce dal vissuto e non dal percepito, come ipocritamente dice la politica, perché la gente la realtà la vive, la tocca con mano, la subisce. Del resto è dal Governo Monti in giù che scriteriatamente si è iniziato a frustare gli italiani, spolpare il lavoro, svuotare le tasche, riempire il Paese di un’immigrazione troppo grande per essere accolta.

Un’immigrazione incontrollata che intasa la già precaria condizione dei servizi ai cittadini, dagli ospedali, alle case, alle scuole, ai territori, finendo così per sottrarre diritti agli italiani che lo Stato non è più in grado di gestire. Come se non bastasse, anziché migliorare il sistema è peggiorato, dalle banche alla sicurezza al malaffare, dal lavoro alla persecuzione fiscale e alla previdenza, è tutto precipitato all’inferno. Per non parlare degli scandali, dei soprusi, della giustizia e soprattutto della strafottenza dei governi, della classe dirigente e della politica. Da quando Silvio Berlusconi, ultimo Premier eletto, fu cacciato con un colpo di Palazzo, che piaccia o meno, si è iniziato un precipizio senza fine, negarlo è ipocrisia.

Sia chiaro non che prima fosse un Paradiso, tutt’altro, ma per quanto grossi fossero i problemi d’allora paragonati a quelli di ora sembrano zucchero. In sei anni quattro Premier nominati, quattro maggioranze di transfughi e di Palazzo, quattro governi rabberciati, quattro sfide alla gente e alla democrazia. Dalla crisi dello “spread” a oggi un solo voto per sentire gli italiani, un rifiuto costante di guardare la realtà e quello che accadeva. Dal novembre del 2011 l’Italia prima si è fermata e poi ha iniziato a camminare sui carboni ardenti e nel pantano di una crisi senza fine. Con “Mare Nostrum” abbiamo accolto un milione d’immigrati, sconosciuti e clandestini, senza avere la forza e la capacità di poterlo fare e sostenere. Con Equitalia abbiamo ossessionato tutti con milioni di cartelle in parte pazze, in parte dovute alla sopravvivenza, in parte alla mancanza di lavoro. Ai grandi evasori che hanno nascosto i soldi altrove, abbiamo invece offerto condono patteggiamento e voluntary disclosure. Con la Legge Fornero e senza sfiorare la vergogna delle pensioni d’oro e dei vitalizi, abbiamo inchiodato alla morsa del tempo un’enormità di gente in attesa di pensione, lasciandola così senza reddito e senza lavoro.

Con le banche poi non ne parliamo, fu proprio Monti a spellarci vivi per primo sul Monte dei Paschi di Siena, scuoiati allora e scuoiati ora, perché le banche continuano a franare sulla pelle della gente. In sei anni Salva Italia, Sblocca Italia, Casa Italia, Jobs Act e balle varie, eppure la disoccupazione torna a salire, i consumi stanno fermi, il debito esplicito o implicito, che sia, continua a crescere. Nonostante Mario Draghi e il Quantitative easing a tutta birra, siamo cresciuti di un nulla e sempre meno di ciò che avevano promesso, non schiodiamo e quella inezia di ripresa è grazie al cortisone della Banca centrale europea.

Lo Stato non paga e nonostante le ridicole promesse e gli impegni di parola, restano ferme decine di miliardi di euro dovute ai fornitori della Pubblica amministrazione. Come se non bastasse, dal 2011 per via di tagli assurdi e a casaccio, i servizi hanno toccato il fondo, scuole, ospedali, municipalizzate fanno a gara per chi sta peggio. L’Unione europea ci schiaccia e l’Euro ci soffoca e per resistere si taglia, si tassa e basta. Del resto quando per paura, per ipocrisia, per convenienza, si toglie dove non si deve, la revisione della spesa diventa solo una trappola infernale. Di quattro Premier ce ne fosse stato uno col coraggio di toccare i contratti di Bankitalia, Consob, Enel, Eni, col coraggio di evitare i tetti in deroga, con la forza di riequilibrare i diritti acquisiti che sono una vergogna. Ce ne fosse stato uno in grado di mandare a spasso subito, consiglieri d’amministrazione, presidenti e amministratori di società, aziende, enti e organismi mangiasoldi, inutili e dannosi. Ce ne fosse stato uno a tuonare contro gli Statuti speciali, a partire dalla Sicilia, pronto a dimezzare ogni voce dei costi della politica, a ridimensionare e riqualificare il mastodonte dell’impiego pubblico. Solo chiacchiere e nuove tasse per pagare sprechi, tappare buchi e farci qualche regalino con i nostri soldi.

Eppure si sono comprati gli F-35, gli aerei di Stato, si sono erogate liquidazioni d’oro per aziende sbrindellate, mantenuti compensi da sceicchi per authority, commissari, arbitrati e manager inquisiti. Dal 2011, Mose, Expo, mafia Capitale, banche, Anas, un’esplosione di scandali che Tangentopoli impallidirebbe, sperperi e sprechi da sanare come sempre con le tasse, col deficit e col debito. Siamo arrivati al punto tale che la correzione del deficit dello zero virgola due per cento, una minuzia, rappresenta un vulnus da far venire i brividi a Gentiloni e a Padoan. Siamo arrivati a stare così malmessi che un warning dell’Europa sui nostri conti sarebbe devastante per il debito sovrano. Eppure se ne infischiano e tartassano, se ne sono infischiati della batosta del referendum, perdono tempo sulla legge elettorale e continuano a imbarcare migliaia d’immigrati. Equitalia sta lì viva e vegeta, la burocrazia imperversa, i centri d’accoglienza esplodono, i terremotati aspettano, i giovani se ne vanno dall’Italia e i pensionati che possono pure, quelli che non possono poveracci fanno la fame. La politica fa melina e pensa alle poltrone, ecco perché il richiamo indignato della gente è perentorio e non va sottovalutato.

“Fatela finita !” o pensate all’Italia, agli italiani e a quel che c’è da fare subito, oppure si lasci votare il popolo sovrano come Costituzione impone.

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:03