Tutto il mondo è paese e in fondo i radical chic della sinistra, soldi, falce e martello, si somigliano ovunque e, seppure con sfumature diverse, restano legati dalla solita ipocrisia. Dall’America all’Europa c’è insomma un fil rouge che li caratterizza e li unisce per stile di vita e di pensiero, per modo d’essere e di parlare, intriso di puzza sotto il naso. In buona sostanza sono l’espressione di una cultura double face, due pesi e due misure, oppure per dirla ironicamente alla Marchese del Grillo: “Io sono io e voi non siete un...”.
I capi del sistema, i maître à penser, sono politici, attori, giornalisti, professori, artisti, uomini e donne nella stragrande parte dei casi ricchi e borghesi, quella borghesia supponente e di sinistra. È da loro che negli USA è partita la grancassa contro Donald Trump, con accuse, insolenze, improperi di ogni sorta e sempre da loro si è trasferita in Europa, dove ovviamente è stata accolta e sostenuta a braccia aperte.
Per questo prima, durante e dopo il giuramento del quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti d’America, ne abbiamo lette, sentite e viste di tutti i colori, sul rischio che la democrazia corre con Trump. Sia chiaro, gli stessi guru del pensiero, del verbo e della penna ci avevano già messi in guardia dalla catastrofe Brexit e dalle devastanti conseguenze di una vittoria del “No” al referendum in Italia.
Così come ci mettono in guardia dalla minaccia alla libertà, ai diritti universali, per una eventuale vittoria di Marine Le Pen alle prossime elezioni presidenziali in Francia. Lo fanno sui giornali, nelle tribune politiche, in televisione; lo fanno nelle piazze come hanno fatto in America per protestare contro l’elezione di Trump. Si è trattato di manifestazioni in larga parte pacifiche, anche se quelle più violente, che pure ci sono state, non hanno avuto dall’informazione lo stesso trattamento che se fossero state organizzate dall’altra parte politica. Va da sé, infatti, che se fosse stata eletta quella “santa donna di Hillary” e la piazza avesse manifestato con altrettanta collera e rabbia, si sarebbe parlato di squadrismo e di fascismo.
Insomma, quando manifestano i radical chic di tutto il mondo è per il sostegno alla democrazia e alla libertà, quando lo fa la destra liberale o conservatrice è per attentare ai diritti dell’uomo. Per questo la sinistra, soldi, falce e martello, si è schierata contro Trump, come si schiera contro la Le Pen, contro la Brexit e in Italia contro la Lega e contro gli euroscettici. Insomma, loro sono la pace, la salvezza, il benessere e la giustizia, gli altri sono il pericolo, la guerra, la dittatura e il razzismo. Eppure il Nobel Barack Obama, che tanto rimpiangono, ha scatenato la guerra in Libia, ha imposto le sanzioni alla Russia, rigenerando la Guerra fredda, ha chiuso tutti e due gli occhi con i Paesi arabi e con la Cina. Il Nobel Obama ha aumentato le distanze con Israele e diminuito quelle con Cuba, ha condizionato l’Europa e isolato la Russia. Come se non bastasse, Obama in America con la sua politica economica e commerciale ha chiuso le porte al ceto medio e le ha spalancate alla grande finanza, specialmente a quella creativa, per questo la produzione che sta in mezzo si è inceppata. Eppure i radical chic lo esaltano e a Trump, che vuole ripristinare i fattori produttivi fondamentali, a partire dal lavoro e dall’impresa, lo attaccano e dileggiano. Accusano Trump da ogni parte del mondo, gli danno del nazionalista, protezionista, come se in Germania la cancelliera Angela Merkel incitasse a comprare Fiat, oppure François Hollande in Francia a bere prosecco. Lo accusano di proteggere solo l’America, come se la Germania fosse l’altruismo fatto Nazione e l’Europa la solidarietà fatta Unione. Inveiscono contro Trump per i muri e la difesa dei confini, quando in Europa, un giorno sì e uno no, c’è chi rifiuta e spara a zero su Schengen, chi chiude le frontiere.
Insomma, cari amici è così, è l’ipocrisia dei radical chic, dei cosiddetti moderati di centro e di sinistra, di quelli che parlano di uguaglianza e povertà, dalle ville di Beverly Hills, della Costa Azzurra o della Costa Smeralda. Di quelli che scendono in piazza, pontificano in tivù e sui giornali contro le disuguaglianze e le discriminazioni e poi vanno nei resort più esclusivi e selettivi viaggiando con jet privati. Di quelli, infine, che vanno nei talk-show firmati fino ai piedi, coperti di cachemire e vigogna ad attaccare il populismo della destra. Stiamo parlando degli illuminati, i migliori, i postcomunisti, i cattocomunisti, gli ulivisti, gli arcobalenisti di tutto il mondo. Sono, insomma, quelli che dopo di loro il diluvio, che senza di loro l’oscurantismo, che contro di loro solo la sottocultura e l’ignoranza. Non ci stanno a perdere, non sanno perdere, non se ne danno pace, pur di avere il potere, i privilegi e il predominio scenderebbero a patti con il diavolo. Ma il mondo cambia e sta cambiando, la gente si riprende testa e pensieri, valuta sui fatti e non per disciplina, sui risultati e non sulle slides, sulla realtà e non sull’illusione. Si chiama volontà popolare, sentimento della gente, espressione della collettività, verifica sociale. Si chiama libertà di giudicare, di cambiare, libertà di scegliere. Si chiama democrazia, si chiama così anche quando non sta a sinistra.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:47