Cronaca di un congresso (Capitolo 50 - Parte A) – Non conoscendo i trucchi dei bari, ti siederesti al loro tavolo di poker per giocare importanti cifre di denaro? Normalmente non dovresti sederti, ma se sei uno di quelli che si credono forti anche nelle cose che non sanno, allora ti siederai; in tal caso, saresti un soggetto che procura la propria rovina e quella di altri. È saggio chi pensa che la megalomania, la presunzione e l’emotività non debbano prendere il posto della riflessione e dell’intelligenza... almeno per non perdersi nei vicoli ciechi dell’inconcludenza e non indurre nessuno a farlo.
Nella fattispecie, se non sei mai stato direttamente e personalmente dentro il “palazzo” del potere politico, è davvero difficile che di quel palazzo tu sappia qualcosa. Ne sei diretto bersaglio, dunque ti lamenti giustamente delle angherie con le quali il malvagio potere politico nostrano ti opprime, cerca però di non fare parte di quel popolo che, fuori delle inutili fantasie, non sa mai suggerire un modo vero ed efficace per procurarsi il potere necessario a difendersi. I “bari” si possono battere, ma non affidandosi a banali strategie.
Ora, andiamo al tema portante del capitolo e avviciniamoci al palcoscenico del Congresso per accendere le “telecamere” della diretta. Teniamo sempre presente che i congressi eleggono, non del tutto democraticamente, i dirigenti dei partiti e che i partiti sono il collegamento di qualunque potere con le istituzioni politiche e amministrative. Gli interessi, malavitosi o regolari, economici, culturali, corporativi, assistenziali, industriali, finanziari, bancari, visibili od occulti che siano, passano dai dirigenti di partito che, come traghettatori, li smistano verso le “attenzioni” del potere e delle istituzioni. I congressi dei partiti sono genesi degli accennati “smistamenti”.
Ciascuno la pensi come libertà d’opinione crede, ma capisca che l’Italia popolare non avrà mai ragione finché seguirà l’urlo di esuberanti “profeti” che non sanno nulla. Letti i 49 capitoli che precedono, possiamo assistere alla diretta congressuale e capire quanto accade, formandoci una conoscenza oggettiva non storpiata da emotive fantasticherie. Descriveremo ancora molti “veleni”, ma adesso accendiamo le telecamere. Negli scopi, i congressi sono tutti uguali, dunque, riprenderne uno è come riprenderli tutti. È venerdì, sono le dieci di sera e i registi della messinscena congressuale si occupano degli ultimi ritocchi; arrivano le undici, poi mezzanotte e poi chissà; domani o forse oggi, il partito è a congresso e ogni cosa deve essere al proprio posto.
Siamo alla cronaca di una delle danze delle miserie umane, una danza che i partiti politici conoscono e che i semplici cittadini ignorano del tutto. Saranno eletti, si fa sempre per dire, i nuovi dirigenti del partito in una farsa di democrazia estetica che manterrà il congresso comunque a galla, anche nel mare dell’infamità. Quanti seggi, quali scrutatori? Chi presiede l’assise, quali i primi oratori, chi sarà al banco della verifica poteri? Le telecamere sono accese.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:04