Manifesti e statuti (Parte 1 - Capitolo 39) - “Entra rinculando facendo finta d’uscire”.
Queste parole sono diventate, in sintesi, la caratteristica della politica istituzionale che, ormai da troppo tempo, dichiara di fare una cosa mentre ne consegue esattamente e perfidamente una opposta. Nel rapporto tra le aspettative del popolo e la “politica istituzionale”, è palese che la politica istituzionale agisca oggi nella direzione opposta a quella degli interessi e del bene del popolo.
Molti cittadini, nonostante la reiterata ipocrisia adottata nelle parole dei “manifesti” e degli “statuti” politici, ritengono ancora che si tratti di documenti esplicativi e veritieri. Oggi, la scienza della comunicazione permette di costruire in modo “utile” ogni esteriorità... e certa politica lo sa molto bene. Manifesti e statuti politici si presentano con una tale solennità e ufficialità che riescono a colpire l’ingenuità popolare; sono documenti che cercano di rappresentarsi come l’essenza della sincerità, ma non è più tempo di considerarli tali.
Le semplici constatazioni che seguono, possono indurre a capire. In linea di massima, il manifesto politico riporta i princìpi ispiratori e il programma del gruppo o fatto associativo che rappresenta; lo statuto, invece, riporta i dati dell’atto costitutivo ed elenca le norme fondamentali che ne disciplinano l’organizzazione e il funzionamento. Così com’è difficile che un disonesto si dichiari tale, è anche difficile che in un manifesto o in uno statuto politico si dichiari di seguire dei princìpi eticamente insostenibili; in buona sostanza, chiunque può scrivere e dire quel che vuole, ma ciò non dimostra veridicità.
Nell’Era delle fabbriche dei finti assiomi come la politica e la pubblicità, impera l’ipocrisia di chi sa come vendere l’apparenza all’ingenuità di un popolo che si è fatto lentamente predisporre alla suggestione. La pubblicità non è più soltanto ingannevole, ma è fortemente disonesta come la politica. Certi “inni” alla semplicità e alla concretezza sono solo delle indegne istigazioni alla superficialità e la superficialità politica popolare è ciò su cui fanno leva i politici impostori per abbindolare l’elettore con un linguaggio apparentemente semplice e pratico, ma criminale nella sostanza. Le campagne elettorali danno esempio di come la falsità umana possa scendere ben oltre il livello stesso della bassezza. Un popolo politicamente impreparato non può contrastare la prepotenza di istituzioni malvagie. Il giudizio popolare non deve lasciarsi influenzare dall’immediatezza e dalla suggestione alle quali punta l’apparenza, mentre usa il fascino di un linguaggio sensibile ma ipocrita. Il giudizio popolare deve concedersi il tempo della riflessione per sapersi edificare sulla ragione e non più sulla facciata affascinante dei disonesti proclami degli impostori.
Il popolo preferisce pensare che le cose si possano conoscere e capire velocemente, dunque, la “costruita” attendibilità di un documento può prendere velocemente il posto della più attendibile esperienza diretta che però si acquisisce nel tempo. Il tema affrontato nel presente capitolo merita ulteriori considerazioni, pertanto sarà ripreso anche nel prossimo capitolo numero 40.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:28