Parlamentari e pacchettari (capitolo 22). S’intenda o no, il partito politico è lo strumento costituzionale per rappresentare l’istanza popolare nelle istituzioni dette democratiche. I dirigenti di partito dispongono dei partiti e capita che li adoperino per rappresentare l’istanza popolare un po’ come ne hanno voglia; questa, senza impegnare la fantasia nei soliti “voli interplanetari”, è una realtà semplice da capire. I dirigenti di partito sono eletti dai congressi e i congressi sono momenti di voto, percentualmente infinitesimali, a volte perfino più determinanti delle elezioni pubbliche; c’è però un popolo che non lo sa e che si sente forte, perché si descrive come “apolitico”.
Dai piccoli centri di periferia che abbiamo già chiamato ripartizioni, per non usare un termine preso in prestito da questo o quel partito, i signorotti del precedente capitolo 21, s’incamminano verso i pacchettari provinciali di riferimento. S’incontrano, si chiudono in una stanza, tirano fuori le domande d'iscrizione compilate in qualche modo, fanno i conti e… tanti iscritti, tanti soldi. Fatti “sparire” gli appunti, il pacchettaro consegna il corrispettivo in denaro al signorotto di periferia che abbiamo iniziato a conoscere nel capitolo 8. Pochi minuti e la faccenda è liquidata nella discrezione tipica dei discorsi a quattr’occhi.
È raro che detti incontri avvengano nelle sedi dei partiti ma, chi in un posto e chi in un altro, tutti i signorotti di periferia incontrano, sempre a quattr’occhi, i loro pacchettari di riferimento; si tratta di un piccolo viavai che si concluderà entro la data di chiusura del tesseramento. Come già sappiamo, non esiste un solo statuto di partito che contempli i pacchettari; del resto, fatta salva la forma, gli statuti “allettano” un po’ come vogliono. Poche cose sono incorporee come gli elenchi degli iscritti ai partiti e non è raro che, pur essendo iscritti, non si riceva fisicamente la tessera; descriveremo gli arzigogoli del cosiddetto banco della “verifica poteri”, quando controllerà i diritti congressuali di ciascuno. È incredibile quanto si giochi a non dare notizie appellandosi nei modi più cavillosi, alla “storia” della privacy che è talvolta usata come una sorta di omertà di Stato. Le ricevute delle iscrizioni rilasciate dal competente ufficio del partito, sono adesso nella tasca del capocorrente che le userà per avere forza quando siederà al tavolo del preordino dei congressi.
In conclusione, il controllo delle tessere (vere e false), passa dai cinque o sei pacchettari di riferimento, alle “correnti” di cui al capitolo 15. Cosa fa l'ufficio addetto al tesseramento del partito? Nulla, non pone né si pone domande; se tornano i conti tra soldi e moduli d’iscrizione, tutto è ok. Chi sta dietro a tutto questo? Dietro a tutto questo, ci sono “precisi” parlamentari del pertinente collegio elettorale e “precisi” dirigenti provinciali del partito. Il tavolino che “orienta” il congresso prima del congresso, è quasi pronto. Il prossimo capitolo s’intitola “Seduti al tavolino”.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:23