Ancora sui pacchettari (cap. 20)
Certi italiani usano la competenza politica come la marmellata, meno ne hanno e più la spandono. Un semplice concetto esistenziale per qualsiasi potere politico che voglia mantenersi al “comando”, indipendentemente dal desiderio o dalla capacità di meritare il consenso popolare, recita che più un popolo brancola in una vita difficile e priva di certezze e più è facilmente corrompibile. Non è un caso se l’Italia è ridotta com’è ridotta; tale realtà calza col concetto di cui è cenno sopra, relativo a un apparato che vuole rimanere nei ranghi del potere, a prescindere dal consenso popolare che, tra l’altro, anche se in parte, sa come pilotare. All’emotivo popolo italiano basta fornire delle suggestioni per poi fare in tranquillità, cose diverse da quelle dichiarate.
In tale andazzo, la funzione del “pacchettaro”, la cui descrizione comprende anche il capitolo 18 del presente corso, è ovvia. Il pacchettaro non occupa mai cariche alte e statutariamente non esiste. Dal punto di vista territoriale, l’esistenza di pacchettari regionali o nazionali non ha senso, è invece “utile” la schiera dei pacchettari comunali e provinciali. Come già affermato, il pacchettaro ha dei punti di riferimento che sono i “capicorrente” che, a loro volta, sono dirigenti di partito importanti. Il rapporto tra capocorrente e pacchettaro, può essere sintetizzato in una sorta di discorso diretto come quello che segue.
Dice, rigorosamente a quattr’occhi, il capocorrente: “Come va?” “Non posso lamentarmi - risponde il pacchettaro.” “Mi fa piacere - riprende il capocorrente. Il tesseramento è aperto e abbiamo tre mesi per chiuderlo; tu confermi i soliti iscritti?” “Certo! Veri, falsi, vivi e morti.” “Nella nostra provincia - dice il capocorrente - siamo i soliti. Io, il segretario provinciale, l’onorevole Pinco Palla, l’amico del nostro ministro e il Sindaco. I tesserati sono 3200; metà veri e metà finti come al solito, ma Pinco Palla ne ha quasi 1300 e si prende sempre il 40% degli eletti dal congresso. Riusciamo a portare le nostre tessere da 640 a 800? Sai, se passiamo dal 20 al 25 per cento, riusciamo a piazzare quel nuovo amico.” “Ok - dice il pacchettaro - per un centinaio d’iscritti veri, chiederò aiuto al nuovo amico e per il resto, ahahah, farò un giretto al cimitero e tra i campanelli di qualche condominio. La tessera costa quindici Euro, ma c’è sempre qualcuno che la paga.” “Non preoccuparti - riprende il capocorrente - io ti do in contanti i dodicimila Euro delle 800 tessere, più la mancia... poi, ti metti in tasca gli altri soldi che riesci a prendere.” “D’accordo, faccio le fotocopie del modulo d’iscrizione, mi metto in moto e alla fine porto tutto all’ufficio amministrativo del partito.” “Non lavorare troppo di fino - conclude il capocorrente - presi i soldi delle tessere, l’ufficio amministrativo non guarda nient’altro”.
Che dire? Questa puntata si chiude qui.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:07