Fioccano, come largamente prevedibile, i ricorsi contro le cartelle esattoriali firmate da quei dirigenti nominati dal Governo Monti senza concorso e senza titoli. E questo dopo che la sentenza 37 della Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittime le leggi che li avevano promossi alle funzioni apicali. “Il Messaggero” oggi (ieri, ndr) in un articolo nel taglio basso di pagina 2 sostiene addirittura che dal sito della Agenzia delle Entrate sia scomparso, in barba alla trasparenza, il file che conteneva i nomi, asseritamente per ostacolare il lavoro dei tributaristi.
Ciò nonostante, sembra che le prime pronunzie delle commissioni tributarie di Bari e Napoli abbiano cominciato in primo grado ad accogliere detti ricorsi e ad annullare le relative imposte. Se fosse vera l’ipotesi maligna del quotidiano romano, l’Agenzia diretta dalla signora Orlandi farebbe in una sola volta un’inutile fatica e una non brillante figura in materia di trasparenza. La fatica sarebbe poco utile per il semplice fatto che oggi chiunque, e saranno la maggior parte, vorrà mettere nei motivi di ricorso a una data cartella il motivo della non legittimità a firmarla del dirigente sa benissimo che l’onere della prova è tutto sulla Agenzia stessa. Che dovrà fornire il nome del funzionario. Nonché la prova che non sia uno della lista degli “ad adiuvandum” pubblicata sulla Gazzetta ufficiale negli scorsi giorni. La non brillante figura, se è vero quel che ha scritto “Il Messaggero”, sarebbe “in re ipsa”. I nomi dei dirigenti in questione sono comunque quasi tutti contenuti sotto la voce “Ad adiuvandum”, nel ricorso proposto a suo tempo dagli stessi mille e fischia al Consiglio di Stato contro la precedente sentenza del Tar del Lazio che già aveva dichiarato illegittima la loro nomina extra-concorsuale e persino gli atti da essi firmati.
Proprio nel giudizio davanti al Consiglio di Stato era stato anche promosso dai massimi giudici amministrativi il ricorso alla Corte Costituzionale che poi ha di fatto dichiarato incostituzionali le due leggi di nomina delle persone di cui si sta parlando. Adesso la speranza di non provocare un Armageddon nel contenzioso burocratico fiscale di tutta Italia, fatto anche di class action promosse dai movimenti dei consumatori che prevedibilmente si getteranno a pesce sulla cosa sta in due possibili alternative: “resistere, resistere, resistere”, da parte delle Entrate, in giudizio, in migliaia di ricorsi fino alla Cassazione, sperando che quest’ultima dia una mano in nome della ragion di stato e della carità di patria, ma l’alea è grande come una casa di dieci piani, oppure inventarsi qualcosa.
Ad esempio un sano condono fiscale, una sorta di “voluntary disclosure” di chiunque abbia avuto contenziosi con le Entrate che, date certe garanzie, avrebbe il vantaggio dell’adesione di massa. Sia come sia, il tempo delle scorciatoie e delle furbizie istituzionali, dopo una sentenza come quella della Consulta, e dopo due giudizi conformi di Tar e Consiglio di Stato nel merito, sembra francamente scaduto.
@buffadimitri
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:34