È una storia tutta italiana quella degli oltre mille dirigenti dell’Agenzia delle Entrate dichiarati incostituzionali ieri dalla sentenza numero 35 della Consulta. Anno domini 2015, relatore Nicolò Zanon. Perché segue ad altrettanti ricorsi vinti prima al Tar del Lazio e poi al Consiglio di Stato fatti dai loro colleghi, che mica sono stati tanto contenti di venire scavalcati in graduatoria da persone messe lì senza concorso pubblico e molti anche senza titoli, come la laurea tanto per fare un esempio.
Un giochino iniziato dal solito e sciaguratissimo governo Monti che, con il pretesto della “lotta all’evasione fiscale”, ha combinato questo “casino”, per citare il commento divertito di uno dei ricorrenti. E adesso per lo Stato l’unica è ricorrere a un bel condono fiscale, altrimenti è quasi certo che tutti gli atti firmati dai dirigenti, comprese cartelle fiscali, avvisi ecc., possano venire dichiarati nulli nell’enorme contenzioso che pure un bambino capisce che si scatenerà dal giorno dopo che la sentenza in oggetto sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. La prassi di mettere qualcuno a fare il dirigente della Agenzia delle Entrate senza concorso data addirittura dal 2002, ma prima dell’infornata del governo Monti riguardava pochi singoli.
E già c’erano state sentenze di merito che dovevano prefigurare un vero e proprio campanello di allarme. Ora però, 1200 dirigenti su 1500, sono stati posti al di fuori del diritto costituzionale oltre che amministrativo. E il ricorso lo aveva promosso proprio il Consiglio di stato per tagliare la testa al toro. Lo stato in dieci e passa anni non è riuscito a organizzare un concorso per sanare questa emerita stronzata. Ora la Consulta ha fatto come Gordio con la spada per sciogliere il nodo. Certo pensare a tutti quelli che si sono suicidati per le cartelle illegittime di Equitalia determinate dalla Agenzia delle Entrate che opera in questa maniera fa un po’ rabbia. Ma tant’è.
Per la cronaca mettiamo in coda il concetto giuridico che la sentenza 35 dello scorso 25 febbraio, depositata ieri, ha statuito: “Invero, l’assegnazione di posizioni dirigenziali a un funzionario può avvenire solo ricorrendo al secondo modello, cioè all’istituto della reggenza, regolato in generale dall’art. 20 del d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266 (norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale dipendente dai ministeri). La reggenza si differenzia dal primo modello perché serve a colmare vacanze nell’ufficio determinate da cause imprevedibili, e viceversa si avvicina ad esso perché è possibile farvi ricorso a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante, e nei limiti di tempo previsti per tale copertura. Straordinarietà e temporaneità sono perciò caratteristiche essenziali dell’istituto (ex plurimis, Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenze 22 febbraio 2010, n. 4063, 16 febbraio 2011, n. 3814, 14 maggio 2014, n. 10413). Ebbene, le reiterate proroghe del termine previsto dal regolamento di organizzazione dell’Agenzia delle entrate per l’espletamento del concorso per dirigenti e, conseguentemente, per l’attribuzione di funzioni dirigenziali mediante la stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l’attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti, hanno indotto la giurisprudenza amministrativa (Tar Lazio, Roma, seconda sezione, sentenze 30 settembre 2011, n. 7636, e 1° agosto 2011, n. 6884) a ritenere carenti, nella fattispecie prevista dall’articolo 24 del regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate, i due presupposti ricordati della straordinarietà e della temporaneità, a non configurarla come un’ipotesi di reggenza e quindi a considerarla in contrasto con la disciplina generale di cui agli articoli 19 e 52 del d.lgs. n. 165 del 2001”.
Poi il motivo della censura costituzionale: “... in definitiva, l’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, ha contribuito all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica. Per questo, ne va dichiarata l’illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 3, 51 e 97 Costituzione”.
In questa sentenza è quindi implicitamente descritta tutta l’essenza farraginosa del potere legislativo italiano, nonchè la “geometrica impotenza” di quello esecutivo-amministrativo. In pratica così non si va da nessuna parte. E adesso prepariamoci a un bel condono che almeno avrebbe la funzione salvifica di far entrare un po’ di soldi all’erario. Vediamo se qualche moralista insorgerà dopo che i suoi colleghi al governo e in Parlamento hanno combinato questo casino.
@buffadimitri
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37