Dalle reazioni scomposte, “shockate” e talvolta “shockanti”, dei suoi avversari, si direbbe proprio che con la sua proposta-shock Berlusconi abbia di nuovo colpito nel segno. Anziché cercare di depotenziarla e sminuirla, Monti, Bersani e gran parte della stampa sono riusciti a dare l’impressione che Berlusconi stia promettendo agli italiani mari e monti. E ci sono riusciti proprio con la gravità delle loro accuse.
Avrà mica promesso la luna! La tanto contestata proposta-shock è una goccia, la «classica punta dell’iceberg», la definisce Luca Ricolfi. Bollando come non fattibile e irresponsabile una proposta che richiede una copertura di 4 miliardi di euro l’anno e di altri 4 una tantum, i suoi avversari stanno da una parte ingigantendo oltre misura la portata di ciò che Berlusconi promette agli italiani e allo stesso tempo silurando la credibilità delle loro stesse proposte, dal momento che anche Monti promette riduzioni di imposte di svariate decine di miliardi e Bersani niente meno di «dare lavoro».
Attenzione anche ad accusare Berlusconi di non aver mai mantenuto le sue promesse. Perché se gli italiani ricordano bene che non è riucito ad abbassare le tasse, e più in generale a mantenere le promesse di cambiamento, ricordano anche, però, cosa hanno fatto gli altri e ricordano soprattutto che tra le poche che il Cav ha mantenuto c’è proprio la promessa di abolire la tassa sulla prima casa. Quella cosa lì – forse l’unica che ricordano – l’ha fatta per davvero, e le proposte sull’Imu richiamano alla memoria politica degli italiani una promessa mantenuta da Berlusconi.
Premesso che il problema principale della proposta-shock non è la sua fattibilità, né la sua utilità, ma resta la credibilità personale di chi la fa, e che può essere demagogica quanto si vuole ma suggerisce agli italiani un rapporto tra Stato e cittadini “da sogno”, come spesso accade sono le reazioni, più che la proposta in sé, a favorire Berlusconi. I suoi avversari – soprattutto Monti – si fanno schiacciare su posizioni minacciose e cupe (anche lievemente ricattatorie le parole del professore). Né dev’essere sfuggito agli italiani che da quando è iniziata la campagna elettorale, dopo aver dato a Berlusconi dell’irresponsabile e del populista, i suoi avversari si sono messi ad inseguirlo proprio sul terreno dell’Imu e della riduzione delle tasse, avanzando proposte non così dissimili quanto a fattibilità e onerosità finanziaria.
Chiamare in causa il «voto di scambio», o addirittura un «tentativo di corruzione», non solo è fuori luogo, esagerato, ma anche intellettualmente disonesto e autolesionista. Le promesse elettorali possono essere più o meno serie ma tali sono. Altrimenti, bisognerebbe per coerenza concludere che anche promettere sussidi di disoccupazione, assunzioni dei precari nel pubblico impiego, incentivi a questo o a quel settore produttivo, o promettere di «dare lavoro», secondo il lessico paternalistico usato da Bersani, costituiscono voto di scambio o tentativi di corruzione. E impegnarsi a ridurre «gradualmente» le tasse, non è forse un tentativo di “graduale” corruzione? Insomma, così tutto può diventare voto di scambio.
C’è una bella differenza, insomma, in termini sia logici che economici, tra il retrocedere quote di tassazione ai contribuenti e la cosiddetta redistribuzione che tanto piace a sinistra, questa sì, sarebbe più appropriato paragonarla al voto di scambio. Non bisogna mai dimenticare che una regola base delle campagne elettorali in qualsiasi democrazia è saper trasmettere un messaggio positivo, una prospettiva di speranza, non cupa, saper raccontare una storia di riscatto.
Chiamatelo sogno, o futuro, ma impegni e promesse ci vogliono. E il fatto che Berlusconi non abbia mantenuto le sue, e non sia più credibile, non rende meno valida questa regola, non esenta i suoi avversari dal rispettarla.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:05