Forza Evasori, il partito di Facco

Mentre i grandi partiti presentano i loro programmi con manifestazioni nazionali, in un agriturismo del Monferrato è nata una nuova formazione per le elezioni del 2013. Con un nome che a molti parrà un pugno nello stomaco: Forza “Evasori” (le virgolette sono solo sul termine di “Evasori”). A fondarlo è l’editore e giornalista Leonardo Facco, già fondatore del Movimento Libertario.

Leonardo Facco, come mai scegliere proprio gli “Evasori” per il nome del nuovo partito?
“Evasore”, nella definizione dell’Enciclopedia Treccani, è colui che fugge in cerca di libertà. Voce del verbo “evadere”: “scappare, fuggire da un luogo in cui si è rinchiusi”. È chiaramente una provocazione. Però, del resto, trovo ridicoli i partiti che si chiamano “Forza Italia” o “Italia dei Valori”. Noi non viviamo in un Paese civile. E in un’Italia non civile, non è neppure possibile fare una comunicazione normale. Si è costretti a esasperare il linguaggio per far capire quali siano i contenuti.

Questa estate è stato lanciato anche il manifesto di Fermare il Declino, che da alcuni media viene definito “turboliberista”. Come si pone di fronte a quel progetto?
Ho fatto nascere Forza “Evasori” proprio in contrapposizione a “Fermare il Declino”. Conosco da anni Oscar Giannino, uno dei suoi primi firmatari. Aveva preannunciato la nascita di un partito, contro lo “Stato ladro” (erano queste le sue parole). Però il decalogo che ne è uscito potrebbe funzionare in un Paese civile non in uno, come il nostro, sull’orlo del collasso. Quel programma non fermerà mai il declino, perché è intriso di quello stesso statalismo che ci ha ridotto in queste condizioni.

Quante tasse si dovrebbero pagare?
Si deve rivoluzionare non solo la quantità, ma anche la quantità. Noi proponiamo una tassa piatta del 15%: l’8% andrebbe al comune (l’amministrazione più vicina al cittadino), il 4% alla provincia o alla regione, il 3% rimanente allo Stato. Prevediamo una no tax area per i redditi inferiori ai 10mila euro. L’Iva non sparisce, ma proponiamo un’unica aliquota al 5%. Non devono esserci patrimoniali sulla prima casa. E, soprattutto il sistema deve essere semplificato. Sarà necessario un “condono tombale”, perché, con Equitalia, si è aperta una quantità impressionante di contraddittori legali. Infine: sarebbe bene separare il potere di tassazione da quello di spesa.

E sul fronte delle spese?
Il debito pubblico deve essere ridotto del 50% in 2 anni. Si venda tutto il vendibile. E, soprattutto: abbiamo dai 5 ai 6 milioni di dipendenti pubblici. Almeno 2,5 milioni devono essere lasciati a casa, con un anno di preavviso.

Ma lei cosa direbbe ad un dipendente pubblico, in vista del suo licenziamento?
Che gli sarà garantito un regime fiscale molto agevolato per 10 anni: sarà detassato per i primi 5 anni e dovrà pagare una tassa piatta del 5% per i successivi 5. Gli direi, prima di tutto, che lo stipendio che finora ha portato a casa è solo una regalia. Ma che, d’ora in poi, sarà padrone del suo futuro, anche per la sua pensione, che sarà privata.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:00