Sabato scorso è stato reso pubblico il manifesto del gruppo di economisti, imprenditori e professionisti che in qualche modo si rifà ad Oscar Giannino.
Tra i firmatari qualche amico e moltissimi conoscenti, persone ed associazioni che ho frequentato fin dai primi anni dell’università e che frequento saltuariamente tutt’oggi.
Non lo nascondo, la prima sensazione è stata di tipo identitario. Banalizzo, ma in pratica tra le firme ci sono “tutti gli amici del bar all’ora dell’aperitivo”, che a Milano non è poco.
Poi lentamente sono nati alcuni dubbi e perplessità. Voglio esser chiaro: io nel manifesto mi ci ritrovo ma, come alcuni dei lettori sapranno, i vecchi liberali soffrono di quella rara forma di scetticismo che in questo paese spesso salva da scelte affrettate e dalla mediocrità ed a volte condanna alla paralisi e ad una colpevole inazione.
Sono stato ripreso simpaticamente da Barbara Franchini, una coraggiosissima amica (che stimo molto sia come persona sia come imprenditrice che sta lottando con forza per difendere la sua impresa dalla legislazione post terremoto in Emilia), che si aspettava di ritrovare la mia firma tra quelle degli aderenti. Mi dicono tra l’altro che stanno giungendo numerosissime e ne sono contento.
Per molti dei firmatari, soprattutto imprenditori, il paese è ad un bivio: o si cambia o si parte. Sono sicuramente un simpatizzante sia per le idee espresse sia per le persone che le portano avanti.
Provo ad esporre qualche mia perplessità nella speranza che i dubbi vengan prima di tutto capiti (non si vuol distruggere ma costruire) e poi ove possibile fugati.
Il liberale vive di dubbi. Chiedo agli araldi entusiasti di questa nuova avventura (non mi riferisco ovviamente ai firmatari del manifesto, tutte persone per bene) di non mettermi troppa fretta perché quando loro erano comunisti per moda e tornaconto, quando loro si convertivano a Forza Italia perché c’era da guadagnare, io sempre liberale son rimasto, rischiando soprattutto nei primi anni di prenderle da quelli che oggi si fan chiamare Democratici e negli ultimi di esser deriso per aver continuato a difendere la legittimità delle scelte del povero Montanelli. Credo quindi di meritarmi qualche giorno di riflessione. Mi correggo, sono assolutamente certo di meritarmi qualche giorno di riflessione.
I punti son tanto condivisibili dall’esser quasi banali. La cosa un po’ mi spaventa. Lo so, è stato chiarito più volte che è comunque una piattaforma forte e mai realizzata in Italia e che punti e soluzioni verranno declinate nel concreto dopo ampia discussione tra i firmatari. Il rischio di soluzioni così aperte è quello di non scontentare nessuno. Gli entusiasti di oggi comprendono che tagliar la spesa significa licenziare dipendenti pubblici? Che cessione degli immobili di Stato avrà riflessi sui prezzi e non sarà cosa né immediata né facile? I colleghi professionisti sanno che libero mercato vuol dire meno privilegi? Gli imprenditori sanno che libera concorrenza significa ridurre le posizioni monopoliste? Che ridurre burocrazia pubblica significa ridurre burocrazia privata su cui in molti campano? Condivido il programma, ma mi chiedo quanto applaudiranno gli entusiasti di oggi quando si vedranno tagliate le prebende (dirette ed indirette). Meglio esser chiari da subito ed evitare di gonfiare numeri che si riveleranno poco attendibili alla prova del voto.
Ruolo dei due o tre personaggi ombra: Marcegaglia, Montezemolo, Passera. Nessuno dei tre mi entusiasma. Non sono ingenuo, per far nascere un partito ci vogliono soldi ed organizzazione ma preferirei si giocasse a carte scoperte. Non mi è chiaro quale sia il loro ruolo e mi paiono l’un contro l’altro armati.
Nuova Forza Italia o Patto Segni/Alleanza democratica? Molti giornalisti hanno paragonato questa iniziativa alla nascita di una nuova Forza Italia, un nuovo partito liberista, ma oggi sembra più un immenso contenitore di speranze modello Alleanza Democratica (ricordate Segni ed Occhetto sul palco dopo la vittoria del maggioritario sulle note di Adelante di De Gregori?). Un gran movimento, ma poi destra e sinistra del concreto tendono giustamente a divergere su posizioni entrambe legittime ma differenti.
Oggi oscillo tra due diverse interpretazioni, la prima rassicurante, la seconda meno. L’interpretazione positiva vede un’iniziativa nata in gruppi di ispirazione liberale che si apre alla base con i punti del manifesto cosi generici proprio perché dovranno essere discussi e declinati con il supporto di tutti.
Più la base sarà forte più potrà dettare le condizioni ai personaggi ombra e comunque non si svenderà a pure attività di lobby a costo di naufragare eroicamente. Una battaglia la si può anche perdere ma esser orgogliosi per averla combattuta, soprattutto se è una battaglia culturale prima ancora che politica.
Dopo anni di voto polarizzato, il nobile tentativo di aprirsi a persone con esperienze diverse sulla base di un programma comune mi disorienta ma è sostanzialmente un problema mio (ed eventualmente di una parte dell’elettorato) ma resta un tentativo nobile che rischia di crear qualche difficoltà in termini di voti e di organizzazione interna.
Ad essere pessimisti, invece, l’iniziativa corre il rischio di divenire foglia di fico dei tre personaggi ombra che non si decidono ad entrare in campo e non vogliono esporsi. Se la cosa andrà bene, si prenderanno il movimento esercitando un’opzione d’acquisto, e se andrà male non metteranno la faccia.
Le presunte distanze da Confindustria forse altro non sono che le corrispondenze di una lotta interna già iniziata nell’associazione industriali e che si ripropone oggi sotto nuove forme.
Probabilmente basterebbe chiarire qualche punto che nella fretta sarà sfuggito per rassicurare quelli che come me son tentati di dare un contributo per quanto possibile ad una iniziativa che vuole aiutare questo Paese a rialzarsi.
Forse le aspettative erano tali da creare per forza una qualche delusione. Forse on-line si creano rapporti cosi diretti che ci si aspetta quasi un “su misura”. Sicuramente, oggi, al di là dei facili entusiasmi sul pagare meno tasse, non riesco bene a comprendere i confini del progetto. Il che, come ho chiarito sopra, può essere un bene come un male.
Lo snobismo liberale poi fa il resto. È un peccato originale dichiarato in maniera manifesta e di cui spero il lettore vorrà tener conto.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:01