Non sarà «la più grande novità della politica italiana», ma dalla conferenza stampa di Berlusconi e Alfano alcune piccole novità sono uscite.
Non è nuova la predilezione del Pdl per il presidenzialismo - anche se negli ultimi anni sempre più sbiadita insieme alle altre bandiere del '94 - ma per la prima volta c'è un'apertura a quel sistema elettorale che Ds prima e Pd poi hanno sempre ritenuto a loro più congeniale: il doppio turno. Esiste un problema di credibilità di chi avanza le proposte, ed è fuor di dubbio che ai cittadini e agli elettori del Pdl sarebbe interessata di più una "grande novità" di politica economica, magari accompagnata da un esplicito mea culpa per le promesse tradite.
L'annuncio quindi sapeva di minestra riscaldata, e lapsus e imbarazzi non hanno aiutato. Ma ironie e facili battute a parte, il Pdl ha messo sul tavolo il modello francese e lanciato alcuni precisi messaggi ai suoi interlocutori d'area. Come sempre, in questi casi, c'è un solo modo per smascherare il bluff, se si ha il sospetto che di questo si tratti: andare a vedere le carte. Il Pdl viene accusato di voler buttare la palla in tribuna per non fare le riforme istituzionali e per non cambiare il porcellum. Ma a ben vedere lo stesso si potrebbe pensare del Pd se, come sembra, opponesse un rifiuto a prescindere, senza verificare le reali intenzioni della controparte.
Alfano spiega che non si tratta di una proposta vincolante, assicura che il lavoro svolto sulle riforme è al sicuro: il presidenzialismo sarebbe proposto come emendamento al ddl già incardinato. Quindi l'apertura sulla legge elettorale: «Se dovessero accettare questa innovazione dell'architettura istituzionale, noi saremmo assolutamente disponibili a seguirli sulle loro idee per quanto riguarda il sistema elettorale». Ancora più esplicito Quagliariello: quel sistema che per il centrodestra ha sempre rappresentato un «salto nel buio». Dopo la debàcle alle amministrative e con nuove offerte politiche che incombono, il Pdl è nell'angolo, non può permettersi bluff.
Il vero vantaggio nell'aprire al doppio turno non sta nel mandare a monte il tavolo sulle riforme e votare con il porcellum, a questo punto sarebbe un suicidio, ma in ciò che ha spiegato Panebianco nel suo editoriale di ieri: il Pdl (e il suo ceto politico) può sopravvivere solo attraverso una «radicale ristrutturazione» del centrodestra che porti ad un «nuovo assetto organizzativo» e ad una «nuova leadership». E il doppio turno è il sistema più adatto per «obbligare a un profondo rinnovamento», favorendo «nuove aggregazioni e alleanze». D'altra parte, la fretta con la quale Bersani ha liquidato l'offerta è più che sospetta. Tempi e condizioni, infatti, sembrano esserci: «La legislatura sta per finire, il mandato di Napolitano è quasi terminato, un pacchetto di riforme costituzionali è già ben incardinato in Senato».
Che al Pd siano così sicuri della loro vittoria da disdegnare a cuor leggero la legge elettorale che da sempre agognano? O che siano proprio loro quelli a cui non dispiacerebbe che si rivotasse con il porcellum? Fin troppo facile, poi, nascondersi dietro l'alibi di eventuali ricandidature di Berlusconi. Tanto improbabili quanto più dovessero cambiare l'assetto istituzionale del paese e la fisionomia del centrodestra. Ma al di là dell'accoglimento della proposta presidenzialista, l'annuncio ha l'obiettivo di rinserrare i ranghi nel partito e di convincere gli interlocutori interessati ad unire l'area dei cosiddetti "moderati" che il Pdl è disponibile ad un'operazione non di mero maquillage. Di recente il sito di Italia Futura, l'associazione di Montezemolo, ha ospitato interventi di Guzzetta e Sofia Ventura pro presidenzialismo e doppio turno.
E nei giorni scorsi anche da Casini, sfumate alle amministrative le velleità terzopoliste, è giunta una cauta apertura. Berlusconi non esclude lo scioglimento del Pdl a favore di un progetto federativo e Alfano ha parlato di «una grande alleanza degli innovatori, dei liberali, dei riformisti, dei moderati», da costruire sulla base dei contenuti e non delle sigle. Senza voler «tirare per la giacca nessuno», il segretario ha espresso la disponibilità del Pdl «a concorrere a primarie aperte per la leadership e primarie di programma».
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:19