
L’annuncio di un presidente degli Stati Uniti sullo stato del mercato finanziario può avere un impatto enorme. Quando un presidente in carica, come nel caso recente di Donald Trump, dichiara pubblicamente che “è un buon momento per comprare azioni”, si apre una questione delicata che tocca i limiti tra comunicazione pubblica, influenza economica e potenziale abuso di potere. Un simile annuncio, proveniente dalla massima autorità politica del Paese, è in grado di muovere miliardi di dollari in pochi secondi. Non si tratta di una semplice opinione personale: per i mercati è un segnale forte e inequivocabile. Se a questo si aggiunge il fatto che tale dichiarazione coincide con l’impennata di titoli collegati direttamente al presidente, come quelli della Trump Media & Technology Group, si configura una situazione ambigua che può assumere connotati legali molto seri. Negli Stati Uniti, il presidente gode di una sostanziale immunità rispetto alle norme federali sul conflitto di interessi. Tuttavia, se viene dimostrato che ha tratto vantaggio diretto dalle sue parole, o che ha favorito enti a lui collegati, possono essere ipotizzati reati come insider trading, aggiotaggio, abuso di potere e corruzione.
Un presidente che utilizza la propria autorità per influenzare i mercati, beneficiando sé stesso o i suoi alleati, o comunque investitori interessati a finanziarne l’attività politica, potrebbe essere inoltre accusato di abuso di potere. Si tratterebbe di un utilizzo strumentale del proprio ruolo per ottenere vantaggi personali. Se esistono prove che egli o suoi collaboratori abbiano agito consapevolmente per guadagnare da queste dichiarazioni, si entrerebbe nel campo del reato federale. In casi estremi, ciò potrebbe costituire una base per l’impeachment. Il procedimento di impeachment può essere avviato dalla Camera dei rappresentanti se ritiene che il presidente abbia commesso crimini gravi o atti di tradimento della fiducia pubblica. Anche in assenza di una condanna penale formale, è sufficiente che vi sia una condotta considerata contraria agli interessi del Paese o lesiva delle istituzioni democratiche. In questo caso, se fosse accertato che l’annuncio presidenziale era finalizzato a manipolare il mercato per ottenere guadagni diretti o indiretti, il Congresso potrebbe intraprendere un’inchiesta formale. L’accusa dovrebbe poi essere sottoposta al Senato, che funge da corte, con l’obbligo di una maggioranza dei due terzi per arrivare alla destituzione del presidente. La storia americana conosce casi simili in cui presidenti o alti funzionari sono stati sospettati di influenzare i mercati o favorire interessi propri, come nel caso di George W. Bush con Harken Energy o lo scandalo Teapot Dome. Tuttavia, l’impeachment è un processo politico prima ancora che giuridico, e richiede volontà politica oltre che prove. Il caso Trump è emblematico perché combina un uso altamente visibile della comunicazione presidenziale con effetti immediati sui titoli di una società direttamente collegata a lui, creando un potenziale precedente pericoloso.
In Italia, un comportamento del genere sarebbe molto più facilmente perseguibile. Un presidente del Consiglio che favorisse interessi privati con dichiarazioni pubbliche verrebbe immediatamente esposto al rischio di accuse come interesse privato in atto pubblico o abuso d’ufficio. Il nostro ordinamento pone maggiore enfasi sull’imparzialità e la neutralità delle cariche istituzionali. Una condotta simile verrebbe probabilmente vista come lesiva della Costituzione e passibile di un esame da parte del Parlamento e, nei casi più gravi, della magistratura ordinaria. Sebbene Oltreoceano le cose funzionino in modo diverso, l’episodio recente dimostra comunque quanto sia sottile il confine tra le comunicazioni del presidente e la manipolazione dei mercati e quanto sia urgente, in linea generale, una riflessione sul rapporto tra potere politico e finanza, specialmente quando sono in gioco anche la posizione geopolitica del proprio Paese e quei rapporti internazionali che potrebbero trarre dalle circostanze un vantaggio decisivo per metterne in discussione le sue istituzioni democratiche. Il problema del resto non riguarda solo gli Stati Uniti, ma concerne più in generale il confine tra comunicazione pubblica e influenza indebita sui mercati.
L’episodio di qualche giorno fa evidenzia ancora una volta la necessità di regole più chiare e di meccanismi di controllo per evitare che il potere politico venga usato a fini personali, minando la fiducia nelle istituzioni democratiche, anche considerando che l’impatto di simili dichiarazioni è oggi amplificato da mercati iper-reattivi e dalla diffusione virale delle informazioni, spesso distorte o contraffatte. Questo rende ancora più urgente una riflessione globale su come bilanciare libertà di espressione dei leader e responsabilità verso l’interesse pubblico e prospetta l’esistenza di più solide responsabilità da valutare per chiunque ricopra cariche di Governo.
Aggiornato il 14 aprile 2025 alle ore 12:15