Riad: triangolare Stati Uniti, Russia e Ucraina

L’Arabia Saudita torna al centro della diplomazia internazionale. Con un nuovo tentativo di mediazione sulla guerra in Ucraina. Lunedì 24 marzo, Riad ospiterà un round di colloqui sponsorizzato dagli Stati Uniti, nel tentativo di trasformare in realtà una tregua parziale che, finora, è rimasta solo sulla carta. Una speranza fragile, come dimostra l’ennesima notte di bombardamenti: uno sciame di droni ha colpito obiettivi in Russia e Ucraina, con attacchi su larga scala che rendono il cessate il fuoco sempre più un’illusione. Un vero negoziato tra Mosca e Kiev resta ancora lontano, ma gli emissari di Donald Trump proveranno a smuovere le acque incontrando separatamente le delegazioni di Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin. Nel frattempo, il Cremlino non cambia posizione: ribadisce che solo Washington può essere un interlocutore credibile per la pace e accusa l’Europa di alimentare il conflitto con il suo riarmo.

L’idea di un nuovo summit a Riad circolava da giorni, ma ora c’è una data ufficiale. La novità è che russi e ucraini saranno presenti contemporaneamente, seppur con delegazioni tecniche e non con i vertici politici. Mosca sarà rappresentata da Grigory Karasin, presidente della commissione per gli affari internazionali del Senato, e Sergei Beseda, consigliere del capo dei servizi dell’Fsb. Sul tavolo due questioni cruciali. La prima riguarda il cessate il fuoco di 30 giorni limitato alle infrastrutture, frutto degli ultimi contatti telefonici tra Trump, Putin e Zelensky. La seconda è un’ipotesi più ambiziosa: estendere la tregua anche al Mar Nero. Ma gli ostacoli restano enormi. Fino a oggi, la mediazione americana ha prodotto solo accordi verbali, mai seguiti da passi concreti. E la guerra non aspetta: Mosca e Kiev continuano a scambiarsi accuse e attacchi, come dimostra l’ultima ondata di droni. Nella notte, l’Ucraina ha lanciato quello che il governatore della regione di Saratov ha definito “il più massiccio attacco di sempre” contro il territorio russo. Una risposta a un’offensiva altrettanto imponente da parte di Mosca, che ha schierato ben 171 droni in un’unica notte per colpire obiettivi ucraini.

Mentre la diplomazia prova a tenere aperto un varco per la pace, il Cremlino guarda con sospetto alle mosse dell’Unione europea. Il sostegno a Kiev non accenna a diminuire e ora Bruxelles sta lavorando a un nuovo piano di riarmo che ha fatto scattare l’allarme a Mosca. “Ogni giorno sentiamo molti segnali da Bruxelles e dalle capitali, quelli principali ora riguardano i piani per militarizzare lEuropa”, ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, che ha parlato di un’Unione europea sempre più lontana dai tentativi di soluzione diplomatica. “Questi piani sono chiaramente dissonanti con l’umore dei presidenti di Russia e Stati Uniti di cercare modi per avviare un processo di soluzione pacifica”.

A fargli eco ci ha pensato Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, con un avvertimento diretto a Berlino e agli altri Paesi europei: “I più accaniti di Berlino e di altre capitali europee devono sapere che risponderemo con rapidità e fermezza a qualsiasi aspirazione militaristica, per prevenire qualsiasi minaccia alla nostra sicurezza”. Nel mirino del Cremlino c’è soprattutto la Germania, che ha recentemente varato una riforma costituzionale per destinare massicce risorse alla difesa. Una svolta che, per Mosca, conferma il ruolo sempre più attivo di Berlino nel sostegno militare all’Ucraina.

Nonostante le “paure” e gli avvertimenti del Cremlino, l’Europa non rinuncerà a sostenere Kiev, nonostante la contrarietà dell’Ungheria. Viktor Orbán continua a marcare le distanze dal resto dei leader europei, opponendosi agli aiuti militari e ai piani per rafforzare la difesa dell’Ucraina. “L’Ungheria ha una posizione diversa dagli altri 26 per quanto riguarda l’appoggio all’Ucraina per raggiungere la pace, ma dobbiamo rispettare la sua posizione. Allo stesso tempo, non possiamo restare bloccati semplicemente perché l’Ungheria pensa diversamente da noi”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, António Costa, sottolineando che l’Ue andrà avanti senza farsi frenare da Budapest. “Dobbiamo continuare a fare quello che stiamo facendo. Due settimane fa abbiamo approvato una visione molto chiara per quanto riguarda l’Ucraina a 26, oggi abbiamo adottato lo stesso metodo e così faremo per rimanere uniti e rispettando le diverse opinioni degli uni e degli altri”, ha aggiunto Costa.

Un concetto ribadito anche dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha liquidato la questione con una frase chiara: “Siamo in grado di agire in 26 Paesi e questo è ovviamente il caso. Questa capacità di agire è stata dimostrata e abbiamo anche trovato tutti i modi necessari per farlo”.

Aggiornato il 21 marzo 2025 alle ore 14:51