
Che cosa è finora andato di traverso a Vladimir Putin? Un drone (ucraino) di sicuro. Infatti, dando un’occhiata da vicino ai campi di battaglia, dominati da uno strategico warfare tecnologico, si deduce come il fronte in prima linea sia costituito da robot e da Ai (Intelligenza artificiale) avanzata, in guerra tra di loro a chi fa meglio. Le cose, in sintesi, stanno come segue. In questi tre anni, a partire dal febbraio 2022, si è assistito a un silenzioso quanto devastante cambio di paradigma bellico, poiché dalla guerra convenzionale (truppe, tank, artiglieria, missili, guerra di trincea) si è passati a un’altra completamente tecnologica, che allo stato delle cose favorisce la resilienza ucraina, purché l’Europa mantenga i suoi impegni a fornirle assistenza finanziaria per espandere l’industria high-tech di Kiev. Dal 2024 a oggi, i campi di battaglia russo-ucraini sono definibili come una “kill-zone” di 10/15 chilometri di profondità, controllata da droni e robot, per cui i comandi ucraini preferiscono avere diecimila droni al mese, piuttosto che batterie di Himars americani, pur in grado di colpire in profondità in territorio russo. Addirittura, i plotoni che fanno uso di tecnologie avanzate sono in grado, grazie alla presenza di tecnici specializzati, di adattare e trovare soluzioni ad hoc, in funzione degli eventi che coinvolgono il terreno di scontro.
Si noti come solo a Kerson, negli ultimi tempi, i russi hanno attaccato a un ritmo medio di 1700 droni a settimana, operando con un nuovo tipo di velivolo (una specie di aquilone armato di cariche esplosive e appeso a un filo lunghissimo) che utilizza cavi in fibra ottica lunghi decine di chilometri, alloggiati nella parte posteriore del velivolo. Non impiegando segnali radio, questo tipo di droni risulta molto difficile da intercettare e neutralizzare con azioni di disturbo elettronico (jamming). Come contromisura fisica, gli ucraini rispondono a quest’ultima recentissima innovazione dei russi stendendo reti in prossimità del fronte, in modo da catturare i cavi agganciati al drone. Da parte russa, però, lo svantaggio di utilizzare fibre ottiche è un altro: si aumenta il carico inerte, a discapito della quantità di esplosivo, rendendo il drone più lento e, quindi, più facile da colpire e neutralizzare da parte di altri droni killer e della contraerea. Per capire l’effettiva posta in gioco, è sufficiente notare che, soltanto in quest’ultimo anno, la produzione ucraina di droni è passata dal 2,5 a 3 milioni di pezzi. Ad esempio, tra le start-up, la piccola Taf drones di Kiev ha da sola manifatturato nel 2024 ben 400mila velivoli, seguita da una miriade di altre imprese similari.
Più specificamente, dal punto di vista tecnico, vale la pena soffermarsi su alcune, fondamentali caratteristiche della nuova sfida tecnologica russo-ucraina. I droni russi, denominati “Kvn” (tradotto: “Principe vandalo di Novgorod”), sfuggono agli attuali sistemi di guerra elettronica, grazie alla loro particolare tecnologia di comunicazione che utilizza un rocchetto di fibra ottica, arrotolato in un alloggiamento di plastica nel vano inferiore dell’apparecchio. Il cavo ha le seguenti caratteristiche: sostituisce il tradizionale transceiver radio dei droni del tipo Fpv (“first-person view”); non emette segnali radio intercettabili dall’intelligence nemica; rende molto più problematica l’individuazione della posizione del drone e del suo manovratore che, grazie alla fibra ottica, ha accesso a una trasmissione video di alta qualità. Tra gli svantaggi dei Kvn si citano il maggiore dispendio energetico e la necessità di ricorrere a motori più potenti per il trasporto del carico inerte e dell’esplosivo: aspetti questi ultimi che li rendono meno versatili e più costosi da produrre. La loro agibilità e autonomia è pertanto più limitata, rispetto ai tradizionali Fpv, che sono leggeri, veloci e manovrabili. Tuttavia, la grande efficacia degli Kvn è dovuta alla loro capacità di operare congiuntamente con sciami di droni più leggeri, venendo utilizzati in prima battuta sia per distruggere sistemi di warfare elettronico, sia in funzione di ariete per creare varchi nelle difese fortificate nemiche, in modo da permettere agli altri droni leggeri di distruggere gli obiettivi prefissati.
In base alla logica del “tit-for-tat” (ribattere colpo su colpo) gli ucraini hanno immediatamente adattato le proprie strategie di attacco e di difesa aerea, integrando la fibra ottica nei droni Fpv di produzione autoctona, per neutralizzare i sistemi di “Ew” (electronic warfare) russi. Queste nuove tecnologie Kvn cambiano radicalmente gli scenari sul campo di battaglia, in quanto sono in grado di distruggere le difese elettroniche nemiche e di disarticolarne le linee di rifornimento, interferendo in modo devastante con la logistica e le comunicazioni dell’avversario. Il che rende molto problematica l’autonomia operativa per chi si trova sotto l’attacco su ampia scala di droni a fibra ottica, e si vede così pregiudicate in modo molto serio le capacità di movimentazione dei rifornimenti, il dispiegamento delle truppe e il munizionamento. Questo terzo anno di battaglia potrebbe essere, però, quello dell’apparizione di droni terrestri, ovvero dei robot cingolati o gommati, per evacuare feriti e garantire il trasporto di rifornimenti alle truppe impegnate sul fronte.
Ma sono altri ancora gli scenari in cui il moderno warfare si muove a velocità ritenute fino a ieri impensabili: uno di questi fa riferimento ai miliziani Houthi yemeniti, in grado oggi di equipaggiare i loro droni con celle all’idrogeno, che presentano notevoli vantaggi rispetto alle tradizionali batterie al litio. Le novità riguardano il modo di funzionamento delle batterie a idrogeno che, rilasciando vapore acqueo, riscaldano meno i motori e sono più silenziose, garantendo un raggio di azione tre volte superiore a quello medio di 750 chilometri dei droni ordinari. Tutte caratteristiche queste ultime che li rendono meno vulnerabili alle intercettazioni e ai disturbi Ew, considerando che, stando in volo più a lungo e con lo stesso carco dinamico, i droni con celle a idrogeno possono raccogliere una messe di dati maggiore rispetto ai modelli con batterie al litio. Inoltre, a causa della bassa rumorosità e dell’attenuazione delle vibrazioni, sono in grado di sottrarsi con maggiore facilità alle telecamere e agli altri sensori montati sui droni di sorveglianza avversari. Sarebbe interessante, in materia di difesa europea, capire come stiamo combinati noi a fronte di questo warfare da guerre stellari.
Aggiornato il 19 marzo 2025 alle ore 11:07